Non è la prima volta che il tema del congresso è rivolto alla organizzazione
del sistema giustizia. Credo che non sarà l'ultima
Se ancora una volta ragioniamo in termini di efficacia del sistema ciò è
imposto dalla grave crisi che vive la giurisdizione nel nostro paese
In alcuni recenti scritti della ANM si è affermato che la giustizia penale
vive una fase di progressiva sterilizzazione.
Questa espressione mi ha molto colpito perché rimanda ad una incapacità del
sistema di produrre effetti (o per meglio dire l'effetto proprio del
processo che è quello cognitivo).
Questa sterilizzazione è il frutto di un lungo percorso segnato da tappe
significative che partono dalle leggi "ad personam", che passano attraverso
la nuova disciplina della prescrizione dei reati per finire in una vera e
propria torsione del processo in chiave di conflittualità verso la
magistratura con l'ampliamento delle ipotesi di ricusazione del magistrato e
di rimessione dei procedimenti che ha prodotto la dilatazione dei tempi di
definizione dei processi che è del tutto incompatibile con una azione
efficace di contrasto alla criminalità cui fa seguito una drastica riduzione
degli spazi di controllo di legalità specie sul potere politico ed
economico.
Le dimensioni di questo fenomeno sono oramai di tale portata da essere
avvertite non solo dagli addetti ai lavori ma da tutti i cittadini.
Persino il legislatore ne ha preso atto. Mi ha infatti, molto colpito, tra
le tante discutibili previsioni contenute nel recente DL in materia di
smaltimento di rifiuti nella regione Campania, l'introduzione di una
competenza collegiale del giudice chiamato a decidere in materia di misure
cautelari cui, potrei dire curiosamene, non si accompagna una competenza
collegiale del giudice chiamato ad emettere la sentenza.
In realtà la scelta del legislatore, finalizzata (come esplicitamente
ammesso nelle dichiarazioni dei vari esponenti del governo che si sono
succedute nella immediatezza della decisione) a creare una "cautela" per
l'azione dei pubblici funzionari impegnati nel difficile compito di
risolvere l'emergenza rifiuti dall'iniziativa del singolo magistrato,
costituisce la spia di un dato oramai acclarato : l'enfatizzazione del
momento cautelare del processo e la marginalizzazione del momento
decisionale che costituisce appunto il postulato della inefficienza del
sistema penale per la sua, oserei direi, consolida incapacità ad offrire
risposte tempestive alle istanza di giustizia dei consociati.
L'attenzione della ANM in questa fase è essenzialmente, e mi sembra di poter
dire anche giustamente, rivolta allo strumento processuale affetto da
ipertrofia di norme che ha reso difficile per il giudice governare il
processo e ha sicuramente determinato incertezze interpretative che
alimentano un circuito vizioso perché in grado di produrre ulteriore
inflazione dei procedimenti risolvendosi, come è del tutto ovvio, in un
aumentato del numero dei ricorsi in cassazione.
In un quadro così comporto sembra quasi che l'unica soluzione alla crisi del
processo e in particolare alla crisi del rito ordinario sia da ricercare in
una incentivazione dei riti alternativi che ha costituito una costante di
questi ultimi anni (si pensi dalla riforma dell'abbreviato, al cd.
Patteggiamento allargato, all'ampliamento delle possibilità di ricorrere al
decreto penale di condanna per finire al nuovo regime del rito immediato e
di quello direttissimo previsto dal disegno di legge in materia di
sicurezza).
Per sgombrare il campo da possibili equivoci ribadisco con forza in questa
sede l'assoluta utilità e funzionalità dei riti alternativi per la
complessiva economia del processo penale ma non posso ignorare che i riti
alternativi presuppongono una compressione delle garanzie processuali, sono
espressione di una torsione del processo verso un sistema inquisitorio ancor
più stringente di quello che ci siamo lasciati alle spalle con il vecchio
codice di rito e, soprattutto che tendono a far prevalere la esigenza
punitiva su quella di accertamento del fatto.
Appare dunque necessario un sano equilibrio tra riti alternativi e rito
ordinario e la misura di questo equilibrio non può certo essere dettata
dall'emergenza, dalla esigenza di reggere l'impatto dell'incredibile aumento
degli affari da trattare che si è riversato sulle scrivanie dei giudici in
questi anni a cui si è accompagnato un progressivo calo delle risorse sia
in termini di mezzi sia in termini di uomini.
In definitiva intervenire in maniera mirata su alcuni istituti processuali
che sono quelli indicati dalla ANM (processo contumaciale, regime delle
notifiche e quello delle nullità) mi sembra non solo opportuno ma
sicuramente la via maestra non solo per velocizzare il processo ma anche per
restituire centralità al dibattimento e dunque in definitiva, per recuperare
quelle forme di garanzia che ad esso si accompagnano spezzando la spirale,
che rischia di avvitarsi su se stessa, di soluzioni di corto respiro per far
fronte ad una situazione che definire emergenziale sembra addirittura
riduttivo.
Si tratta però per la politica di fare scelte coraggiose perché alcune di
queste modifiche, e non quelle più marginali, incideranno sugli interessi di
alcune categorie e saranno dunque osteggiate con forza come è emerso credo
con assoluta evidenza anche nell'intervento del presidente della Union
camere Penali ieri.
Ma sullo sfondo di un processo penale appesantito ed inidoneo ad assicurare
quella funzione di cognizione che costituisce la sua ragione di essere si
agitano anche altre questioni che rimandano ad una crisi complessiva del
sistema penale che, proprio per le sue dimensioni, non è possibile
ricondurre solo allo strumento processuale.
A questo proposito non è più possibile tacere sulla condizione davvero
deteriore che si è determinata nel settore del personale amministrativo con
riguardo, da un lato al calo del numero degli amministrativi dall'altro alla
mancata qualificazione degli stessi alla assenza di incentivi e di stimoli
che costringe il giudice a misurarsi con un personale sicuramente demotivato
e dunque meno efficiente e bisogna denunciare con forza quel singolare
paradosso costituito dalla distonia tra legislatore della economia e
legislatore del penale.
Il primo continua ad erodere le risorse da destinare alla giustizia il
secondo continua ad immaginare interventi normativi che aggravano i costi
del processo e del sistema nel suo complesso come dimostrato dal
provvedimento in materia di indulto sganciato da una amnistia.
Bisogna volgere lo sguardo anche ai profili di carattere sostanziale primo
tra tutti quello della prescrizione.
Non può esistere dubbio alcuno sul fatto che l'attuale regime prescrizionale
dei reati funge da moltiplicare dei tempi di definizione dei procedimenti
perché incide, in maniera fin troppo evidente, sulle strategie processuali
seguite dagli imputati che sono tutte orientate a guadagnare tempo per
giungere al traguardo costituito dalla sentenza di estinzione del reato.
Anche su questo versante l'elaborazione della ANM, che affonda le sue radici
nel tempo, ha indicato proposte ragionevoli e condivisibili.
Altro punto di notevole impatto deflativo è quello della introduzione della
c.d. irrilevanza penale del fatto che peraltro va nella direzione di un
recupero del principio di offensività del reato senza incidere su quello
della obbligatorietà dell'azione penale.
A questo punto si impone però un salto di qualità che ci conduca ad
immaginare un approccio più generale al problema della efficienza volgendo
lo sguardo a quell'intervento dello Stato che potremmo definire di politica
criminale che è ben più ampio dell'intervento penale perchè riguarda quel
complesso di iniziative in sede legislativa ed amministrativa, di competenza
sia parlamentare che governativa, che si occupa della prevenzione del
crimine.
Questo obiettivo, assolutamente primario anche per restituire efficienza al
sistema, non può che essere utilmente raggiunto utilizzando strumenti
strutturali, economici, amministrativi e culturali oltre che giuridici
sebbene in settori diversi da quello penale.
In definitiva dobbiamo ricordare che la stigmatizzazione di fenomeni
ricorrendo alla repressione, non può essere l'obiettivo primario della
politica criminale e ciò, al di là della valenza etica delle scelte e dei
principi che sono in gioco che sono in gioco (che come cittadini, uomini e
custodi dei valori costituzionali devono comunque occupare la riflessione
della ANM), ma anche per il semplice ma prepotente motivo che una politica
tutta concentrata sul momento repressivo dei fenomeni criminali non è in
grado (e in futuro sarà ancora di meno in grado) di reggere all'impatto
dell'enorme mole di condotte illecite che si pretende di perseguire.
Immaginiamo davvero che un fenomeno di portata planetaria quale quello della
migrazione che nell'arco dei prossimi venti anni, per le mutazioni delle
condizioni climatiche e per le conseguenti crisi economiche, riguarderà
oltre 250 milioni di persone (secondo gli studi più accreditati) possa
essere affrontato con il reato di ingresso abusivo nel territorio dello
Stato
Mi sembra dunque che, anche senza coltivare eccessive illusioni, la
magistratura debba affrontare le ragioni della attuale crisi della giustizia
penale con un impegno orientato a ragionare in termini meno asfittici di
quelli che, in qualche misura, ci sono imposti da una politica da troppo
tempo concentrata ad affrontare le continue emergenze, cercando di ragionare
e di immaginare riforme organiche e di ampio respiro.
Questo convinzione si accompagna alla consapevolezza che è in gioco da un
lato la legittimazione della giurisdizione stessa e dall'altro la capacità
di dare concretezza ai diritti che la costituzione assegna ad ogni singolo
individuo.