Dobbiamo partire da una premessa: il discorso sull'organizzazione dei tribunali deve realisticamente confrontarsi con l'effettivo assetto territoriale, in cui oltre il 60% dei tribunali non è articolato in sezioni "effettive": ne consegue che tutto il discorso di ZAN e LICCARDO, che presuppone un'adeguata articolazione dell'ufficio, si può sviluppare solo nei tribunali medio grandi.
Una seconda osservazione di ordine generale: il PCT può produrre fra gli altri risultati anche quello, culturalmente decisivo, costituito dalla possibilità per gli attori processuali (dal giudice agli avvocati ai cancellieri) di "riappropriarsi" del processo come qualcosa di finalmente controllabile e gestibile. Nonostante gli sforzi fatti da molti, ancora oggi il processo civile si inserisce in un meccanismo che nessuno riesce effettivamente a controllare e che si sviluppa nei fatti secondo logiche di estraneità rispetto a quegli stessi attori. Tali logiche possono finalmente essere superate.
A questo proposito, credo di dover riconoscere che negli ultimi tempi si è assistito ad un ribaltamento del mondo professionale dei magistrati: a differenza di quanto avveniva 20, ma anche solo 10 anni fa, oggi sono i giudici addetti al settore civile che sviluppano le riflessioni di punta sul modello organizzativo. Il vecchio giudice istruttore civile si considerava ed era semplicemente il gestore di un conflitto altrui, cosa che lo rendeva quasi del tutto indifferente rispetto ai tempi ed agli esiti organizzativi del proprio lavoro complessivo; al contrario, l'idea di un "ufficio per il processo" si collega ad un modello di giudice che opera "dentro" il meccanismo produttivo: al pari e sullo stesso piano del cancelliere e dell'avvocato, il nuovo giudice civile è corresponsabile di un risultato avendo accettato di esserlo. La sensazione che provo negli ultimi mesi, a fronte di un'accelerazione delle riflessioni sui temi organizzativi, è che "ci siamo", si può davvero fare qualcosa di utile per mettere in piedi un processo civile "che funziona".
Tuttavia, resta ancora molto da fare sul piano del governo effettivo del processo. Molto si è fatto sul piano dell'elaborazione teorica e della creazione di alcune prassi positive, che ci consentono di essere fiduciosi ora che si vanno estendo e coinvolgono la classe forense, ma resta ancora insoluto il problema di chi e come possa "governare" l'intero sistema, Dobbiamo ammettere che il presidente di sezione, e in parte il presidente del tribunale non hanno un controllo funzionale sul personale (spettando al Ministero la definizione degli organici, della mobilità, del part-time...), così come va detto che i magistrati hanno tradito la riforma del Giudice Unico nel suo nodo organizzativo centrale, quello dei presidenti di sezione: l'80'% dei presidenti di sezione non svolge di fatto i compiti previsti dall'art.47 quater dell'ordinamento. Il modello organizzativo introdotto dalla riforma del 1998, basato su un corretto rapporto fra figure di coordinamento e strutture organizzative intermedie, non è stato compreso e apprezzato, come dimostra una recente interrogazione parlamentare che, certamente sensibile a istanze dell'ufficio giudiziario interessato, lamenta una insufficiente flessibilità delle sezioni giudicanti e ritiene che la previsione di 4 giudici sia eccessivamente rigida; se questa impostazione risultasse vincente avremmo un ritorno alla vecchia struttura della sezione che coincide con un collegio allargato, che svilisce il ruolo del presidente di sezione e comporta una frammentazione eccessiva dell'organizzazione interna del tribunale.
Ma vi è un altro aspetto che merita attenzione: non esiste una collegialità per quanto riguarda l'organizzazione del tribunale, e questo scatena la guerra tra poveri per la divisione delle risorse. Oggi qui parliamo di trasformazione del modello tabellare da semplice realizzazione del principio del giudice naturale a progetto organizzativo del tribunale, ma in realtà nessuno controlla questa trasformazione ed il CSM non riesce ad assicurare questo governo.
Il CSM ha fatto una scelta, l'unica praticabile, quella di introdurre con le sue circolari delle regole funzionali più rigide, per esempio sull''impiego dei GOT, responsabilizzando i dirigenti: deve invece fare un passo indietro? Le regole funzionali potrebbero forse essere più elastiche - purchè si garantisca il rispetto della legge e dei principi costituzionali - ma questo richiederebbe la capacità di un monitoraggio continuo su quello che succede effettivamente dentro gli uffici: ma il ministero ha bloccato il progetto comune sugli indicatori di efficienza, che si era sviluppato attraverso il contributo di analisi della commissione mista con il CSM, e non ha dato corso ad un sistema bilanciato di controllo di gestione. Senza il controllo di gestione, salta la catena che va dal progetto organizzativo al governo effettivo della trasformazione, dalla verifica dei risultati alla responsabilità dei protagonisti.
"Controllo di gestione" significa verifica della qualità del lavoro, per cui ad ogni biennio i magistrati, gli avvocati e il personale amministrativo dovrebbero, ciascuno secondo le proprie competenze, elaborare un programma di lavoro che sarà verificato in corso d'opera.
Il CSM è in difficoltà a sviluppare una funzione di governo dell'indirizzo amministrativo perché è fondamentalmente concepito per essere un organo di garanzia; così stando le cose dobbiamo capire come possa darsi una struttura adeguata per divenire il motore ed il controllore dei programmi di lavoro predisposti negli uffici.
Tra le esigenze immediate su cu il Consiglio dovrebbe impegnarsi, richiamo : il monitoraggio sui punti di novità delle tabelle (in primis: l'impiego effettivo dei magistrati onorari); il monitoraggio sui presidenti di sezione; l'investimento sulla formazione alla gestione delle tecnologie e l'analisi delle ricadute organizzative di queste ultime (a tale proposito, anticipo che si terrà in autunno un complesso corso di formazione e aggiornamento diretto ai referenti distrettuali per l'informatica). Insomma, è necessario un forte investimento per promuovere la diffusione della cultura dell' impiego razionale delle tecnologie e certamente si deve meglio qualificare la formazione dei dirigenti partendo dai presidenti di sezione, cercando di individuare nella relativa selezione i parametri concreti che possono dare l'effettiva misura delle capacità organizzative, magari guardando, ad esempio, al contributo dato dai candidati ai problemi organizzativi come referenti informatici o referenti per la formazione.
In chiusura vorrei aggiungere un breve cenno alla magistratura onoraria; il CSM con le recenti circolari ha evitato il persistere delle designazioni fiduciarie per Got, Vpo e esperti, introducendo forme di selezione più trasparenti; inoltre la previsione per Got e Vpo di un reclutamento concorsuale per titoli seguito dal tirocinio appare in grado di far crescere la qualità dei neo-magistrati. Restano ancora due nodi della selezione particolarmente rilevanti: come favorire l'indipendenza e la correttezza dei futuri magistrati onorari. L'avvocatura è giustamente preoccupata di tali aspetti e soprattutto per i giudici di pace pone spesso il problema delle commistioni con l'attività professionale, senza però essere in grado di proporre soluzioni praticabili. Si tratta di un problema reale che il Consiglio ha iniziato ad affrontare (si veda la verifica compiuta presso i giudici di pace del circondario di Santa Maria Capua Vetere), ma che non può essere risolto solo in sede disciplinare, dato che coinvolge alla radice il ruolo e le caratteristiche (sempre più legate alla tecnica, e quindi al mondo dell'avvocatura) che si sono volute attribuire alla magistratura onoraria nel nostro paese.
Seminario di Bologna "Ufficio per il processo" - giugno 2004