Trenta anni in MD: le ragioni di una scelta - intervento di Oscar Magi

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Cari amici ed amiche,
sono passati circa trent'anni dal giorno in cui ho messo piede, per la prima volta, in un ufficio giudiziario, il Tribunale di Milano, città in cui avevo scelto allora di vivere.

Trenta anni sono molti e pochi nello stesso tempo : siamo passati dalle fotocopie fatte con la carta copiativa infilata nella macchina da scrivere, non elettrica, alle @mail, e dagli avvisi ai testi ed ai difensori compilati a mano, alla notifica informatica; siamo, tuttavia rimasti ancora molto indietro per quel che concerne la celerità e l'efficienza del processo, sia civile che penale, e per quanto riguarda la reale autonomia dei giudici e la loro concreta possibilità di applicare una giustizia uguale per tutti, direi che siamo andati addirittura indietro (mi riferisco alle accorate e inquietanti considerazioni del nostro segretario uscente in merito ai processi di Milano ed alla ricaduta che gli stessi hanno avuto in termini di considerazione del lavoro dei giudici e della loro efficacia).

Trenta anni fa la mia adesione a MD fu immediata e direi quasi naturale: per un giovane magistrato venuto fuori dagli anni della contestazione e, solo dopo, del terrorismo, non c'era altra scelta che aderire e militare in MD, il solo gruppo di giudici che fosse non corporativo, che indicasse una strada di interpretazione del diritto che non fosse scontata e burocratica, che si permetteva di mettere in discussione i "suprema dicta" della Cassazione, che ascoltava e metteva in comunicazione il mondo esterno (per brutale e difficile che fosse) con le torri dorate del diritto.

Basti pensare a quanto si fece, in quegli anni, in termini di modifica giurisprudenziale,e conseguentemente normativa, delle leggi che regolavano gli infortuni sul lavoro o gli abusi edilizi o la gestione del territorio.

E basti riconsiderare come sia stato difficile e tuttavia necessario coniugare le esigenze di difesa sociale e quelle delle garanzie individuali nei processi per terrorismo.

Non vorrei stare qui a dilungarmi, magari anche con un filo di retorica, sulla bellezza degli anni trascorsi; voglio solo dire che, da questo punto di vista ed in questo senso, io non credo che MD sia cambiata molto o che molto debba cambiare : sono rimaste intatte le esigenze di adeguamento interpretativo delle leggi e dei diritti alle norme costituzionali (che, per fortuna, non sono così significativamente cambiate), sono rimaste uguali le necessità di non rinchiudersi tra le quattro mura corporative delle nostre presunte sicurezze (quanto presunte lo abbiamo misurato nella vicenda relativa alle modifiche stipendiali) ; è rimasta inevasa la domanda di efficienza e di garanzia che ci viene continuamente rivolta dalle persone che magistrati non sono ma che con la giustizia hanno a che fare pressocchè quotidianamente.

Quest'ultimo è un discorso che forse, negli ultimi anni, ha avuto ed ha una importanza crescente : io credo che non sia più possibile rivendicare (come è sacrosanto) una assoluta ed intangibile autonomia ed indipendenza dei giudici se i giudici non se ne dimostrano degni, non soltanto agendo e pensando in modo autonomo ed indipendente, ma fornendo un servizio giustizia veloce ed efficiente, e tanto più veloce ed efficiente quanto più sia rilevante la posta degli interessi in gioco (della serie : è facile essere veloci ed efficienti nelle direttissime nei confronti di imputato detenuto ed arrestato in flagranza, lo è meno nel processo all'amministratore regionale o comunale di turno difeso dal miglior avvocato che c'è sulla piazza, in pendenza di altri diecimila processi analoghi).

Per poter arrivare a questo tipo di giustizia occorre, naturalmente, che le normative processuali e sostanziali (penso soprattutto alle norme sulla prescrizione) lo consentano, e siano quindi modellate in modo tale da escludere falsi garantismi e consentire un rapido accertamento della verità ; occorre inoltre che gli uffici siano organizzati in modo giusto, democratico ed efficiente (perché l'efficienza che non va di pari passo con la democrazia prima o poi diventa dittatura, anche se intelligente) e che quindi siano composti da personale (intendo giudici ed amministrativi) motivato e sufficiente, e, soprattutto, diretti da persone esperte e capaci di coniugare la loro esperienza culturale con la capacità comunicativa ed organizzativa che il loro lavoro impone.

In questo senso la proposta di riforma Mastella va sicuramente nel verso giusto: abrogazione dell'orrenda riforma Castelli, nuova proposta per l'ingresso in magistratura, nuove norme in termini di durata degli incarichi direttivi e semidirettivi, possibilità di controllo sull'operato dei dirigenti.

Spero che, su questo delicatissimo tema, saremo capaci di mantenere la rotta dritta e di saper fornire l'adeguato supporto in termini di proposte a quanto ci viene indicato dal potere politico, sperando altresì che il potere politico non si pieghi alle necessità di compromesso con chi vuole soffiare sul fuoco del qualunquismo, e che sia anche capace di fornire i mezzi adeguati alle nuove necessità operative ed organizzative.

Certo, se anche tutto questo dovesse realizzarsi, è ovvio che, perlomeno a noi di MD, non basterà : una macchina nuova (sempre che sia nuova e non riciclata) deve comunque essere guidata in modo corretto su strade importanti e significative, da conducenti capaci e motivati da qualcosa di diverso che non sia la semplice gestione del potere.

Anche perché ci sarà sempre la necessità di interpretare una norma, di adeguarla alla mutata realtà sociale ed economica o scientifica, di consentire attraverso il lavoro dell'interprete di colmare quello iato tra il " dictum" ed il " factum" che fisiologicamente esiste e sempre esisterà nella realtà applicativa delle norme.

Basti pensare (e qui accenno solo ad un tema enorme che avrà bisogno di un'attenzione dominante negli anni che verranno) allo sterminato campo della bioetica, alle conquiste che la scienza sta facendo e continuerà a fare nei prossimi anni, alle difficoltà, per il diritto (se non attraverso l'intelligente e coraggioso lavoro degli interpreti) di adeguare le proprie espressioni a quanto successo in termini di evoluzione e di domande inevase.

Ho iniziato questo intervento parlando di come fosse "naturale" trenta anni fa per un giovane magistrato iscriversi a MD : dobbiamo coraggiosamente chiederci se ora le cose stanno nello stesso modo e, in caso di risposta negativa, perché non stanno più così.

Non sono così bravo da darmi e da darvi una risposta a questo tipo di domanda: credo che il mondo sia cambiato e che sia anche cambiata la voglia di partecipare a questo mondo con una volontà di liberazione, volontà che caratterizzava l'animus delle persone della mia generazione.

Tuttavia non credo nemmeno, così come suggeriva Giorgio Gaber in una delle sue ultime splendide canzoni, che " La mia generazione ha perso" e che di vincente ci sia solo l'arrivismo, la forza, l'opportunismo.

Io credo che se saremo capaci di mantenere la rotta dritta sui diritti, sull'eguaglianza, sulle garanzie, sull'efficienza e sulla solidarietà e, soprattutto, se riusciremo a far seguire alle idee dei comportamenti realmente virtuosi nella concreta gestione degli uffici, la nostra generazione avrà ancora molte cose da dire ai giovani che ci guardano e che (come diceva Oscar Wilde), ci giudicano e difficilmente ci perdonano (soprattutto non ci perdonano la mancanza di coerenza tra il dire ed il fare).

Un abbraccio.
Oscar Magi

17 07 2007
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