1. E' con una certa emozione che sono qui in questa sala dei congressi, perch proprio qui il 25 marzo del 1995 (la sala era stata appena inaugurata) è nata Libera”, associazione che oggi vede 1054 realtà piccole e grandi impegnate in Italia come società civile organizzata, come cittadini organizzati, come associazioni per la legalità contro la corruzione, le mafie, con l’impegno non solo di denuncia, ma soprattutto di proposta, di progetto. E Magistratura democratica fin dall’inizio ha fatto parte di questa scelta e di questo percorso.
Chi avrebbe detto che sette, quasi otto, anni dopo con l’impegno di tutti (ricordate quel milione di firme in favore della legge per confiscare i beni mafiosi e per l’utilizzo sociale di questi beni) dei prodotti come la pasta biologica e l’olio di Libera” sarebbero stati nei supermercati? (e – inutile dirlo – l’importante non sono i prodotti, ma la dignità, il diritto del lavoro su quelle terre confiscate ai mafiosi). Il potere dei segni contro i segni del potere non è una cosa di poco conto, ed è estremamente importante che la confisca si possa affermare fino in fondo. Negli ultimi tempi (voi ne siete testimoni) da pi parti e a pi riprese c’è stato l’assalto per modificare quella legge. Si tratta di tentativi (sempre bloccati o bloccati all’ultimo momento), non casuali e finalizzati a fare cassa”, di andare in una direzione che snatura il senso di quella legge, perch riproporre la vendita di beni confiscati vuol dire restituirli ai mafiosi. Il primo diritto a vivere, alla dignità, alla voglia del futuro - e quelle prime cooperative che sono nate in terreni confiscati che oggi sono fonti di dignità e di lavoro che permettono a molti giovani tra mille problemi, contrasti e minacce di avere quella dignità - mi sembra il primo grande diritto di un paese che, se vuole fare le cose, ci riesce.
2. Nel vostro libretto I volti della giustizia”, che anche noi abbiamo contribuito a diffondere, c’è un passaggio sacrosanto che avete inserito e che mi sembra l’anima di questa nostra riflessione. Avete scritto, tra l’altro, che la libertà di tutti si gioca sul terreno dei diritti e della giustizia. E' questo il punto: la forza dei diritti.
La prima considerazione, che mi permetto di fare, è che il senso di giustizia delle persone costituisce la forza di un diritto, soprattutto laddove come nel campo di molte questioni sociali i diritti sono deboli e opachi e non sempre esigibili di per s. La sensibilità all’ingiustizia è anche un fatto culturale ed un fatto educativo. Per ottenere giustizia bisogna conoscere e sapere e non si costruisce giustizia senza conoscenza e ricerca della verità. La povertà non è un fatto naturale o una condizione biologica, ma è spesso condizione di ingiustizia: si è resi poveri, si è privati. Non si costruisce giustizia senza conoscenza, anche di verità scomode; bisogna conoscere e far conoscere le ingiustizie. Quindi la prima considerazione per i diritti è il collegamento tra il senso di ingiustizia ed il ruolo dell’informazione. La forza del diritto è oggi ancor pi di fondamentale importanza: il diritto di essere informati e di informare in modo serio, attento, pulito, libero. I primi diritti da tutelare, senza i quali l’ingiustizia non diventa conosciuta, sono quelli dell’informazione, del suo accesso, della sua correttezza e dello spazio.
Questa è la prima considerazione, ma non dimentichiamo i percorsi educativi. Noi siamo testimoni, attraverso i percorsi educativi, realizzati da Libera in migliaia di scuole italiane del disorientamento dei nostri ragazzi tra quei percorsi educativi (l’educazione alla legalità, che vuol dire educazione alla responsabilità e ad essere cittadini veri e attivi) e i cattivi esempi che li circondano. Non è un dato di poco conto se c’è questa ambiguità di messaggi: se da una parte si mettono i paletti, si chiede il rispetto delle regole e si propone di cominciare a vivere la legalità dalle azioni minori, e, dall’altra parte, vincono sempre i furbi. I ragazzi percepiscono tutto questo, ci pongono domande, c’è un’inquietudine. Non ci possono essere leggi a raffica (è il segnale che giunge anche dai nostri ragazzi), emanate con una velocità impressionante, forti con i deboli e deboli con i forti, che hanno attraversato questi ultimi tempi.
3. Sono molti oggi i diritti deboli nel mondo. Tra i pi fragili c’è il diritto alla pace, che tutti conosciamo, e, con esso, i diritti universali. Quei trenta articoli scritti 54 anni fa non possono essere diritti di carta. C’è da chiedersi: sono solo sulla carta o veramente vengono tradotti fino in fondo nella nostra realtà? E ancora: quei diritti universali indivisibili - diritto della persona, diritto di tutti ad essere e avere cittadinanza, i diritti civili e politici, i diritti economici e sociali - nel nostro paese, nei fatti, vengono tradotti fino in fondo? A me sembra che per alcuni diritti questo non avvenga.
Porto un esempio. Genova, 15 marzo dell’anno scorso. Nel campo nomadi, c’era un bambino di 15 anni che frequentava, con passione e intelligenza anche se in ritardo, la scuola media del quartiere del campo nomadi. Faceva freddo. I genitori si erano allontanati e nella baracca di legno e cartoni dove vivevano, lui si era messo a studiare in quella serata fredda e aveva acceso la stufa. La baracca ha preso fuoco e lui è morto carbonizzato. Il giorno del suo funerale a Genova, è arrivata la sua professoressa di lettere, con il tema che il ragazzo, B. S., quella mattina aveva scritto a scuola. La professoressa aveva chiesto ai ragazzi della terza media i loro sogni, i loro desideri, le loro prospettive per il futuro. B. S. nel tema aveva scritto che il suo sogno era diventare cittadino italiano. Diteglielo - diciamolo insieme - a quanti fanno le leggi a tavolino senza avere mai incontrato nella profondità la storia delle persone, generalizzando sempre in base ai numeri e dimenticando che dietro quei numeri ci sono dei volti, delle storie e delle fatiche. I diritti universali indivisibili non valgono solo per qualcuno, e valgono anche dentro i contesti del nostro paese.
Potrei continuare parlando dei centri di permanenza temporanea, ma ne parleranno altri.
4. I dati ufficiali sulle povertà e sul crescere delle povertà economiche nel nostro paese ci impongono una riflessione. Come ci impongono una riflessione quei 38 milioni di persone che, ci dice la FAO, rischiano di morire quest’anno in Africa di fame e di sete per la siccità. Dobbiamo uscire dai nostri recinti per guardarci attorno. Provo sofferenza a documentare il dato ufficiale che ci è stato dato l’altro giorno, che in ogni minuto in questi giorni (in ogni minuto che passa) vengono spesi due milioni di dollari per gli armamenti e per le spese militari per sostenere i vari conflitti e le guerre preventive nel mondo. E intanto, dopo la storia della mucca pazza, ogni vacca in Europa percepisce, come contributo, due euro al giorno.
C’è, rispetto a questa situazione, il dovere di leggere i diritti in casa nostra ma anche nella mondialità. Il problema dei diritti umani è di preservare la dignità delle persone affinch la loro integrità fisica e psichica non sia messa a repentaglio da discriminazioni razziali di genere, di credo religioso e di pensiero. Questo oggi non avviene del tutto e alcuni segnali sono inquietanti, non possono essere visti solo in modo generico o isolato. Anche nel nostro paese la riflessione in questo senso deve essere fatta, non si può dare per scontata. Molti non hanno ancora acquisito un diritto di cittadinanza: penso alle diversità sessuali e ai tanti rifugiati politici, a intere minoranze anche religiose e a molte donne. Abbiamo il dovere di vigilare, di esserci, perch alcuni segnali, alcune vicende non si debbano ripetere e creare inquietudini nel nostro paese.
5. Un altro diritto negato, in molti contesti, è il diritto alla salute. Penso all’aids. Oggi, anche nel nostro paese, al di là di alcune considerazioni, le cure per l’aids, non risolutive ma abbastanza efficaci, ci sono ma non per tutti. Il gioco dei profitti delle case farmaceutiche e quelli degli interessi del commercio internazionale, portano a questo dato: in occidente e nei nostri paesi una cura di un anno costa novemilacinquecento euro (diciannovemilioni di lire). L’India - che ha sfidato i poteri farmaceutici internazionali producendo i farmaci da s e viene per questo penalizzata e richiamata dalla corti internazionali - ha un costo annuo per malato di trecentottanta euro (settecentocinquantamilalire), dimostrando che è possibile avere gli stessi farmaci a condizioni diverse. Un prezzo ancora elevato per l’Africa - l’anno scorso dei tre milioni di morti per aids, l’80% in Africa – dove di fatto si muore prima per il mercato che per la malattia. Il diritto alle cure per tutti vale nel nostro paese, vale per le realtà del carcere, del popolo della strada, ma vale anche in una dimensione mondiale.
Un altro passaggio riguarda la prostituzione e la tratta delle persone. Oggi le donne che si prostituiscono hanno il diritto di non essere schedate, di vedere riconosciuto il diritto alla tutela della loro sfera personale, affettiva e sessuale. Ma se andranno avanti alcune proposte di legge, tra cui un progetto governativo, le donne che si prostituiscono diventeranno di nuovo, come cinquanta anni fa, cittadine di serie B, da schedare, da nascondere e da controllare perch, nel nome del diritto alla sicurezza, si preferiscono (su questo problema come su altri problemi) scorciatoie e, soprattutto, prevale la voglia di non vedere. L’articolo 18 del testo unico sull’immigrazione riconosce il diritto al permesso di soggiorno (che permette visibilità e possibilità di percorsi di legalità) alle donne immigrate che denunciano gli sfruttatori o che sono disponibili a entrare in percorsi sociali per uscire dalla condizione di sommerse e diventare cittadine. Il primo diritto per tutti è quello di essere visibili, soggetti di doveri e di diritti. Quelle donne se aiutate, se rese cittadine contribuiscono a sgominare i trafficanti di persone, ma proprio a queste donne alcuni diritti vengono negati: il ricongiungimento familiare, in psarticolare, viene sempre penalizzato, con tutte le ricadute e le conseguenze che ben conoscete.
La droga. A parte i cambiamenti le trasformazioni e una lettura pi ampia che dovrebbe essere fatta, per anni abbiamo lottato insieme per una politica di quattro pilastri in cui mezzo mondo e l’Europa si sta sempre pi avviando. Il nostro governo ha fatto un passo indietro e parla della politica di tre pilastri. Mi sono permesso di dire che le case con tre pilastri non stanno in piedi. Non basta la lotta al traffico, la risposta al crimine, non bastano gli interventi per le persone in difficoltà e non bastano i percorsi educativi e la prevenzione, ma è necessaria (anche) l’attenzione delle persone, alla bassa soglia, a quei percorsi di riduzione del danno, non intesi come cronicizzare”, ma come strumento di cura e di aggancio di dignità per le persone. Purtroppo, oltre ai tagli finanziari che stanno facendo pagare tutto questo, c’è una concezione culturale che non aiuta.
Come non aiuta l’approccio ai ragazzi con problemi la definizione «non sono pi i ragazzi della via Paal» a cui seguono proposte di modifica della giustizia minorile, con passi indietro e criminalizzazione, ancora, delle fasce pi deboli.
Infine ci sono le vittime dei reati a volte non riconosciute o non risarcite a sufficienza dalla giustizia. L’attenzione alle vittime dei reati è stata una questione posta da molte associazioni, perch abbiamo constatato la disperazione di molta gente, persone lasciate a loro stesse con danni materiali fisici e psichici.
6. Chiudo con un ricordo di Tonino Caponnetto. Quando non ha potuto venire due anni fa al giubileo degli oppressi a Verona, mandò questo messaggio che credo rappresenti la forza dei diritti. Poche parole e scarne, ma un pugno nello stomaco come lui era capace di vivere e di testimoniare:
«E' arrivato il momento di dire a voce alta basta a chiunque opprime l’uomo ed ogni altro essere del Creatore. Basta che la parte ricca del mondo per mangiare affami la povera. Basta con le multinazionali che violano le pi elementari regole del diritto. Basta con una guerra all’anno. Basta con i campi di concentramento. Basta con le bidonville. Basta con le dittature. Basta con la mafia. Riscopriamo i valori fondanti dell’uomo».