Terzo e quarto potere, ovvero giustizia e informazione

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Giustizia e informazione sono oggi al centro di un vasto dibattito nella società italiana, nella politica, nelle istituzioni. Entrambe fanno riferimento a libertà costituzionali insopprimibili ed a diritti primari umani e civili dei cittadini, che sono il fondamento della democrazia italiana. Libertà e diritti oggi a rischio.
Alcuni miei autorevoli colleghi, che stimo, hanno criticato le forme della protesta che l'Associazione Nazionale Magistrati ha indetto sabato scorso presso le Corti di Appello, ed hanno contestato quello che è stato giudicato un eccessivo "protagonismo" di una parte della magistratura. Critiche sono andate anche a quei giornalisti che hanno commentato positivamente la protesta.
Parlo delle critiche oneste, non di quelle generiche, disoneste che vengono rivolte alla magistratura per partito preso, per difendere interessi personali, aziendali o politici. Non mi è mai piaciuto un giornalismo urlato, che criminalizza in modo volgare le opinioni diverse da quelle del proprio editore.
Invece, anche alcuni miei autorevoli e stimati colleghi, legittimamente, si sono sorpresi che la difesa dei diritti e delle libertà possa essere sostenuta con azioni inusuali e determinate. Hanno giudicato controproducenti le azioni dei magistrati.
Non sono d'accordo. Penso, come Voi, che la Costituzione della Repubblica Italiana rappresenti, oggi ancor pi di ieri, il pi forte punto di riferimento per tutti i cittadini. Certo la Giustizia, come recita la Costituzione, va amministrata in nome del popolo e i giudici debbono essere soggetti solo alla legge; ma occorre anche che i rappresentanti del popolo sovrano (il Parlamento e il Governo che esprime) rispettino sempre i principi della Carta Costituzionale.
Sono questi concetti eversivi? Ma il Capo dello Stato non ha spesso ribadito la centralità della Costituzione, sia per quanto riguarda l'autonomia della magistratura sia per quanto riguarda il pluralismo dell'informazione?
E allora perch scandalizza se alcuni giudici partecipano all'inaugurazione dell'anno giudiziario con la Costituzione in mano? Raramente si era vista nel nostro Paese una contestazione così civile e ferma.
Credo che faremmo bene un po' tutti, in Italia, a portare sottobraccio, in tasca, dove volete, la Costituzione. Faremmo bene noi giornalisti a ricordarci che "tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione" (art. 21).
Il pluralismo - lo ha ricordato recentemente Ciampi - deriva da questo precetto costituzionale, così come da esso derivano l'autonomia e l'indipendenza dell'informazione, dei giornalisti. D'altra parte, dalla stessa Costituzione discendono l'autonomia e l'indipendenza della magistratura.
Vedete come coincidono le aspirazioni e le idealità delle nostre categorie, forse non a caso rappresentate da organismi unitari, ancorchè animati da un dibattito fortemente democratico.
Si è arrivati ad invocare sanzioni disciplinari per i magistrati che esprimono opinioni legittime pubblicamente oppure perfino privatamente. Si è arrivati a metterne in discussione la vita privata, gli affetti.
Vedete, nel mondo dell'informazione si è fatto la stessa cosa: si è arrivati a chiedere la cacciata di giornalisti famosi o meno famosi dal servizio pubblico, e questa cacciata la si è ottenuta rapidamente. Si è arrivati ad accostare libere opinioni di giornalisti, ma anche l'azione dei sindacati, le critiche al Governo addirittura al fenomeno terroristico.
Si è arrivati, molto autorevolmente, a sostenere che l'attenzione di giornali e Tv per importanti procedimenti giudiziari ne turberebbe la serenità per la sovraesposizione mediatica dei processi stessi. Tutto ciò mentre si avvicinano le decisioni della Corte di Cassazione sui processi milanesi.
Io svolgo il mio ruolo di guida di un sindacato unico e unitario al quale sono iscritti giornalisti di ogni tendenza. Ma ritengo di poter dire che una Italia in cui accadono fatti del genere non mi piace. Dobbiamo tutti respingere un tentativo di normalizzare il Paese con iniziative ed atti legislativi che sono figli dei conflitti di interesse del Capo del Governo, monopolista televisivo, e della sua maggioranza.
Ormai siamo abituati ad attacchi concentrici alle autonomie delle nostre rispettive categorie. Ma cosa accade, perch magistrati e giornalisti sostengano spesso tesi analoghe, talvolta con le stesse parole? Forse perch difendono poteri e diritti corporativi? No, la verità è che magistrati e giornalisti vogliono le riforme civili ma sono preoccupati che possibili cambiamenti della Costituzione, uno stravolgimento della legislazione possano portare ad una svolta non democratica dove il potere esecutivo avrebbe il controllo diretto o indiretto della giustizia e dell'informazione.
E non può non essere richiamata la responsabilità dell'intero arco delle forze politiche, dalla maggioranza all'opposizione. Ed i ritardi e le incertezze di chi ha governato nel recente passato, i ritardi di ieri e le incertezze di oggi, rendono la situazione obiettivamente molto pi difficile.
Faccio solo due esempi delle difficoltà che viviamo di questi tempi nell'informazione, perch dei temi che pi direttamente riguardano la giustizia e la magistratura (dalla revisione delle norme sui processi a quelle sulla separazione delle carriere, alla marginalizzazione della giurisdizione) avete già detto cose che condivido. E non può non condividerle chiunque ricorda sempre con riconoscenza le grandi inchieste sulle degenerazioni della politica e del sistema produttivo degli ultimi anni in Italia.
Il tentativo di scardinare la giurisdizione sul lavoro e delle previdenze attraverso riforme sedicenti liberali, ma tendenti soprattutto a ridimensionare il ruolo del giudice come garante del rispetto delle regole che tutelano i lavoratori dipendenti ed anche gli autonomi. Non parlo delle necessarie riforme e delle flessibilità contrattate, ma di una totale liberalizzazione del mercato del lavoro, fuori da ogni controllo sindacale o da interventi della magistratura, che vedrebbe cancellati diritti storici mentre si colpirebbe l'autonomia di quelle categorie, come i giornalisti, specie freelance, che sono facilmente ricattabili dalle aziende. La legislazione sul lavoro vigente consente a tanti lavoratori, a tanti miei colleghi, di difendere la dignità ed il posto di lavoro, ma migliaia sono coloro che fanno informazione senza tutele, senza una formazione adeguata e per pochi soldi.
Il secondo esempio, fortemente collegato al conflitto di interessi mediatico, è il progetto di riforma del sistema della comunicazione che il Governo ha presentato in Parlamento e che, se approvato nel testo elaborato dal Ministro Gasparri, avrebbe conseguenze negative. Innanzitutto renderebbe del tutto innocua la sentenza della Corte Costituzionale che ha cancellato la proroga all'obbligo a Mediaset di ridurre a due le reti terrestri e che dovrebbe trovare applicazione tra poche settimane. Poi, abbatterebbe clamorosamente ogni limite antitrust di settore realizzando un unico gigantesco limite per tutti i settori della comunicazione, cosa che consentirebbe ad un unico soggetto di avere il controllo di fette decisive di televisioni e giornali insidiandone l'autonomia. Terzo, impedirebbe una sperimentazione ed uno sviluppo rapido e pluralista dell'emittenza attraverso il sistema digitale. Quarto, porterebbe il servizio pubblico radiotelevisivo sotto il controllo diretto dell'Esecutivo, anche formalmente.
Potrei farne molti altri di esempi, potrei citare la ridicola e paradossale situazione della Rai: ieri un comunicato: il Consiglio di Amministrazione ha "ascoltato" la relazione del Presidente. Uno ha ascoltato l'altro, sono in due. Potrei parlare della qualità di certa informazione Rai o della programmazione delle televisioni, giustamente stigmatizzata dai media internazionali. Potrei parlare del "disagio" che provo ad apprendere le preoccupazioni di prestigiosi leader del centro sinistra per gli ombelichi delle veline televisive mentre il contratto di servizio Rai istituisce una commissione per la qualità guidata dal Ministero dell'on. Gasparri per verificare i programmi del servizio pubblico; in realtà un organismo di chiaro stampo censorio Mi fermo qua.
Credo che la posta in gioco sia chiara a tutti, anche se la battaglia per le libertà ed i diritti appare assumere aspetti talvolta contraddittori e confusi.
Certo, sarebbe ora di mettere insieme esperienze ed energie, piattaforme e azioni. Sarebbe ora di dialogare di pi tra noi, tra organizzazioni rappresentative della magistratura e del giornalismo. Parlare delle riforme possibili di questi tempi, a cominciare da quella della legge che ha istituito il nostro Ordine professionale.
Sarebbe ora di discutere tra noi del segreto investigativo e della privacy per garantire il diritto all'informazione dei cittadini, il diritto di cronaca, e quello contestuale alla dignità della persona, talvolta violata dai media. Un ripensamento della materia è necessario ed urgente, visto anche le querele miliardarie in sede civile e l'obbligo per i magistrati di svolgere l'azione penale nelle forme previste dalla legge.
Ma talvolta alcuni magistrati, certo non generalizzo, si muovono nei confronti dei giornalisti in maniera pretestuosa e strumentale, con iniziative (denunce, perquisizioni, sequestri, intercettazioni, ecc) che in alcuni casi, anche nei giorni scorsi, ci sono apparsi come pressioni inquietanti e pericolose per la libertà di informazione. In talune realtà è difficile fare il cronista, specie nelle aule giudiziarie.
Voi stessi proponete riforme possibili della giustizia, nell'attuale difficile congiuntura politica e parlamentare. E' possibile parlare pacatamente tra noi, evitando toni conflittuali, dell'abolizione o della depenalizzazione del segreto, di una revisione dell'articolo 200 del codice di procedura penale? E' possibile enfatizzare il diritto di replica o di rettifica per evitare di essere perseguiti per diffamazione o calunnia? E' possibile prevedere un Giurì dell'informazione, presieduto da un magistrato, con la presenza di giornalisti che intervenga immediatamente a tutela del cittadino offeso? Nell'assordante silenzio del Ministro Castelli e del Governo, il Parlamento si appresta a discutere testi unificati sulla materia che appaiono contraddittori e pericolosi.
Ho buttato gi rapidamente alcune idee che fanno parte dell'elaborazione dell'Ordine dei Giornalisti e della Federazione Nazionale della Stampa. La mia opinione è che giornalisti e magistrati debbano parlarsi di pi: tra noi c'è una contiguità professionale nella quale ciascun soggetto ha il dovere di rispettare l'altro, e naturalmente di rispettare le leggi. E noi giornalisti dobbiamo rispettare le leggi.
Ma è possibile trovare, nelle riforme delle leggi e nel rispetto dei ruoli, il punto di equilibrio di una informazione che deve restare libera e che non può danneggiare i cittadini, specie i pi deboli, come i minori, oppure coloro che non hanno i mezzi per difendersi adeguatamente.
Vi annuncio che proporrò alle organizzazioni unitarie dei giornalisti e, naturalmente, all'Associazione Nazionale Magistrati di aprire un tavolo su queste questioni; un tavolo che non sarebbe facile, ma che potrebbe e dovrebbe aiutare le due categorie a capirsi maggiormente.
Mi sono permesso anche qualche spunto critico nella consapevolezza che ciascuno di noi può commettere errori, ma l'ho fatto con profondo rispetto per il ruolo che la magistratura svolge e che per noi giornalisti, e per tutti i cittadini, è di garanzia assoluta. La Vostra battaglia per la difesa di questo ruolo, per una giustizia giusta ed efficiente, è la nostra battaglia. Buon lavoro.

24 01 2003
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