XIV. Diritto alla privacy e notiziario del consiglio

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  1. I verbali delle sedute consiliari non sono ormai da tempo oggetto di pubblicazione sul Notiziario del Csm, a causa di una decisione del Comitato di presidenza, datata 8 aprile 1999, con cui si è invitato L'Ufficio studi e documentazione a soprassedere alla pubblicazione dei verbali dell'Assemblea plenaria in relazione ai quali possono porsi questioni di tutela della riservatezza dei
    soggetti, i cui dati personali sono menzionati nei predetti verbali.
    La grave decisione del Comitato di Presidenza trova fondamento nella preoccupazione di conciliare il regime di pubblicità degli atti del Csm con la recente normativa sulla privacy: in questo tentativo di per s condivisibile il Comitato è approdato ad una soluzione che, anche per la stabilizzazione nel tempo, appare ormai fortemente lesiva del principio della trasparenza delle attività consiliari. La decisione è inoltre in contrasto con le previsioni del regolamento interno del Csm, il cui art. 20 prevede tra l'altro che "su richiesta di almeno tre componenti, si procede alla pubblicazione dei verbali delle sedute consiliari, salvo che si tratti di sedute segrete.
    La richiesta deve essere formulata entro 30 giorni dalla seduta cui si riferisce". Le preoccupazioni dettate da una possibile violazione della normativa sulla privacy, che in un primo momento potevano anche essere giustificate, hanno perso consistenza all'esito della riflessione che al tema il Csm, anche con le sue articolazioni interne, ha dedicato.
    Si tenga presente che sulla possibile violazione della legge n. 675/1996, con pubblicazione dei verbali consiliari sul Notiziario, sia l'Autorità del Garante per la protezione dei dati personali che la apposita Commissione consiliare hanno già espresso il parere che il Regolamento del Consiglio, il quale trova fondamento nell'art. 20 n. 7 legge n. 195/1958, è fonte dell'ordinamento generale in quanto previsto da norme di rango legislativo, dal che discende che esso è certamente da annoverarsi tra quelle fonti di diritto, che la "legge sulla privacy" prevede possano introdurre eccezioni nell'espletamento di alcuni degli incombenti procedurali prescritti.
    Si consideri poi che, con deliberazione del 25 febbraio 1998, il Consiglio ha approvato la modifica dell'art. 16 del Regolamento, nel senso di includere tra i casi in cui le sedute del Consiglio non sono pubbliche anche l'ipotesi del trattamento dei dati sensibili ai sensi dell'art. 22 legge n. 675/1996 (dati personali idonei a rivelare l'origine razziale ed etnica, le condizioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l'adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonch i dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale). Ancora, con deliberazione del 21 gennaio 1998, il Consiglio ha ritenuto all'unanimità che i "trattamenti" effettuati dal Consiglio superiore nei riguardi dei magistrati rientrino tra quelli compiuti "per ragioni di giustizia" indicati nell'art. 4 legge n. 675/1996, per i quali è prevista una normativa pi attenuata rispetto a quella ordinaria. In particolare, al trattamento di dati personali compiuto "per ragioni di giustizia" non si applicano le seguenti disposizioni:

    • quelle relative al responsabile del trattamento (art. 8);
    • le norme relative alla previa informazione all'interessato o alle
      persone presso la quale i dati sono raccolti (art. 10);
    • le disposizioni concernenti i diritti dell'interessato di accedere
      a notizie relative ai dati trattati, ottenere integrazioni, correzioni,
      cancellazioni di dati, opporsi al trattamento (art. 13);
    • le disposizioni relative alla notificazione al Garante della destinazione
      dei dati di cui cessi il trattamento (art. 16);
    • le disposizioni relative ai limiti della comunicazione e diffusione
      dei dati personali (le quali sono violate se effettuate per finalità diverse da quelle indicate nella notificazione di cui all'art. 7 (art. 21);
    • i limiti ed i divieti di trattamento dei dati sensibili (art. 22), dei
      dati del casellario giudiziario (art. 26);
    • le norme applicabili ai soggetti pubblici relative alla comunicazione
      e diffusione dei dati personali trattati (art. 27).

    Invece, sono parimenti applicabili ai trattamenti "per motivi di giustizia" le disposizioni ex art. 7 (notificazione del trattamento al Garante), 9 (modalità di raccolta e requisiti dei dati personali),
    15 (sicurezza dei dati), 17 (limiti alla utilizzabilità dei dati
    personali), 18 (danni cagionati per effetto del trattamento di dati
    personali) 31 (compiti del Garante), 32, commi 6 e 7 (accertamenti
    e controlli), 34 (sanzioni per omessa o infedele notificazione),
    e 36 (sanzioni per omessa adozione di misure necessarie alla
    sicurezza dei dati).

  2. Il quadro normativo così delineato consente di affermare che, allo stato, la richiesta di pubblicazione dei verbali consiliari trova una esaustiva risposta nella normativa (legge, regolamento, delibere consiliari) primaria e secondaria di settore vigente e nelle risposte fornite dal Garante per la tutela dei dati personali.
    La conclusione, a cui perviene il lungo iter di esame dei rapporti tra il regime di pubblicità - pubblicazione degli atti consiliari e la tutela dei diritto alla riservatezza, è che il principio di pubblicità degli atti e dei verbali consiliari ha la prevalenza sull'interesse alla riservatezza dei magistrati ed eventualmente di terzi, interessi questi già valutati dal Csm come non idonei a determinare la segretezza dell'adunanza ai sensi dell'art. 16 del regolamento.
    Le leggi nn. 675676/1996 e successivi decreti legislativi non hanno dunque inciso sostanzialmente sul principio anzidetto, fatto proprio dall'attuale Regolamento interno, che costituisce il punto di arrivo di una evoluzione ispirata al principio della trasparenza, con progressiva erosione del carattere di piena riservatezza, dal quale era invece era originariamente improntato l'atto organizzativo. Numerosi verbali, di cui gli esponenti consiliari del gruppo di Magistratura democratica hanno chiesto la pubblicazione, giacciono in attesa che si risolva una incresciosa questione; col paravento di esigenze di approfondimento interpretativo di norme legislative, l'anomalo provvedimento del Comitato di Presidenza ha rivelato, nel tempo abbondantemente ormai trascorso, il sapore di una restaurazione in senso corporativo, in piena sintonia con gli umori della maggioranza consiliare, che adesso non ha inteso ribellarsi.
06 03 2003
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