L'appuntamento congressuale è sempre il momento buono per fare il "punto nave" e ridefinire il piano di navigazione.
A ciascuno di noi spetta di suggerire la rotta e di segnalare gli scogli e tutti insieme dobbiamo contribuire a individuare i punti di rilevamento giusti secondo il nostro punto di osservazione.
Il mio punto di osservazione è la corte di cassazione, per molti versi un osservatorio privilegiato per la visione d'insieme, anche se sconta la mancanza del contatto diretto con le realtà territoriali e sente non poco il peso del divario generazionale.
Se mi venisse chiesto quali sono in questo momento le questioni essenziali con le quali dobbiamo fare i conti per definire la nostra strategia, individuerei piani d'orizzonte successivi, tra loro interagenti.
Sulla prima linea d'orizzonte vedo la fine, pi meno vicina e pi o meno felice (temo molto i colpi di coda) della lunghissima battaglia contro la contro-riforma dell'ordinamento giudiziario.
Non dobbiamo assolutamente mollare proprio ora e può darsi che proprio la stretta finale ci chiami al massimo dello sforzo, ma in qualunque modo vadano le cose, sia che il progetto si areni, sia che si debba affrontare la guerra di posizione dei decreti delegati, nell'arco del prossimo anno la situazione è destinata a decantare.
E' stata una vicenda che ha assorbito quasi tutte le nostre energie, ma non accetterei rimproveri di autoreferenzialità: è vero che i guasti della riforma istituzionale sono ancora pi ampi, ma appartengono allo stesso genere, allo stesso disegno, e la riforma dell'ordinamento era il rompighiaccio di quella istituzionale, era nostro dovere specifico intanto cercare di fermare la forza di sfondamento e abbiamo dovuto necessariamente fare i conti con la limitatezza delle risorse.
Si poteva fare forse di pi, ma credo che abbiamo fatto il massimo.
La nuova situazione ci restituisce energie e risorse disponibili, ma vorrà anche dire, sul piano associativo, un recupero delle differenze e questo non è per definizione un male, può diventarlo solo se si trasforma nello accaparramento strumentale di aree di consenso e nella radicalizzazione sterile delle proprie specificità.
Occorre continuare a tendere ad una posizione unitaria ma non sarà sempre necessario pagare i prezzi che questo ci è costato a volte negli ultimi tre anni
Sulla seconda linea d'orizzonte vedo l'opportunità di una nuova progettualità se il mutamento degli equilibri politici dovesse porci a confronto con interlocutori pi attenti ai temi che pi ci stanno a cuore. Sia ben chiaro che deve essere una progettualità senza illusioni e senza fraintendimenti perch la magistratura, e magistratura democratica in particolare non ha ne' partititi ne' padrini politici di riferimento e soprattutto non è depositaria della ragione nella scelta ne' delle priorità ne' dei contenuti delle soluzioni politiche anche in tema di giustizia.
Quello in cui possiamo sperare è in una maggiore comunanza di linguaggio, in una maggiore comprensione della grammatica e della sintassi che per noi è fondamentalmente quella della costituzione.
Credo di potermi illudere che non ci sarà da prendere posizione sulla abnormità in se' disegni di delega che trasformano il processo inseriti con maxi emendamenti in fase di conversione di decreti legge, sottratti alla discussione in commissione e ad ogni valutazione nella sede propria parlamentare per essere blindati dalla mozione di fiducia, prima ancora che sulla enormità del contenuto delle previsioni in essi contenute, ma l'esperienza passata, e non parlo solo della bicamerale, ci ha insegnato che non esistono strade spianate ed in discesa e che il partito dei giudici, sia nel senso del partito formato dai giudici che si muovono come una testuggine sul terreno politico, sia nel senso del partito favorevole ai giudici è, tutto sommato per fortuna, una mera invenzione.
E' indispensabile a maggior ragione attrezzarsi e essere in grado di formulare proposte e di interloquire con quelle altrui sulla base di una elaborazione non improvvisata. In questo senso il lavoro che stato fatto e si sta facendo sulla giustizia civile, ma anche i tentativi, pi faticosi, fatti per il penale, devono essere valorizzati e rilanciati, ma vanno nella giusta direzione.
E' possibile vedere però anche una terza linea d'orizzonte, pi ampia ed anche di pi lungo periodo, che riguarda il ruolo della giurisdizione nella complessità della società attuale.
E da questo punto di vista voglio segnalare solo un aspetto, mentre tanti altri ce ne sarebbero, e che è quello della modificazione che sta subendo il principio di uguaglianza. In un intervento nel corso di un seminario di studi organizzato dagli studiosi del processo penale e dalla associazione dei costituzionalisti, Glauco Giostra, prendendo in esame la gamma delle possibili soluzioni processuali per regolare le situazioni di conflitto tra le esigenze della giustizia e quelle politico istituzionali, affrontate così goffamente dal cd "lodo Schifani" da essere immediatamente travolte dalla corte costituzionale, notava come la incapacità del potere politico di assicurare un ordinamento in cui la legge fosse effettivamente uguale per tutti, ma anche la mancanza della forza di sostenere la necessità della disuguaglianza in alcuni casi, giustificando tale disuguaglianza, tendeva ad "attestarsi su un obiettivo del tipo "la legge è simile per tutti"", che dovrebbe essere scritta nelle nostre aule di giustizia a posto della ridondante citazione costituzionale.
Abbiamo così l'uguaglianza ed una caricatura dell'uguaglianza (faceva esempi divertenti nel regime delle intercettazione per i parlamentari ) che è il suo adattamento alle esigenze di particolari categorie.
Ma mi sembra che ci sia qualcosa di pi. Mi sembra che il principio di uguaglianza, quella davanti alla legge in particolare, ma non solo, di vada disegnando, come per le autovetture, per segmenti di mercato, per cui tutte le macchine di una certa categoria (city car, piccola cilindrata, berline di lusso ) hanno pi o meno gli stessi standard e gli stessi prezzi, fatte salvo ogni tanto le promozioni e le offerte speciali.
Mi sembra allo stesso modo che sia dal punto di vista sostanziale che processuale la garanzia dell'uguaglianza vada per fasce ed all'interno della stessa fascia si raggiunga un livello di eguaglianza relativa, il che vuol dire che mediamente i pi marginali vengono trattati peggio senza fare tra loro troppe discriminazioni, mentre i pi privilegiati (che per il penale sono gli imputati di riguardo, vuoi per ragioni di tipo soggettivo, vuoi per la tipologia di reato di cui rispondono ) è riservato un processo pi attento nella raccolta e nella valutazione della prova, l'art. 192 ha le barre rinforzate, il 274 è fornito di doppio e triplo airbag, il reinserimento sociale ha il comando di apertura a distanza.
Ma non ridurrei la questione al vecchio schema del riflesso del mercato, mi sembra che ci sia qualche cosa di pi e che viene da molto pi lontano, e cioè una feudalizzazione della società, una segmentazione sia orizzontale che verticale ed addirittura spaziale: orizzontale nel senso che si ricostruiscono le categorie dei servi, dei possidenti e dei mercanti secondo criteri di aggregazione per corporazioni e in senso verticale, per cui la gente si aggrega sotto le insegne di un capo, sia esso un capitano di ventura, un leader pi o meno carismatico o un grande padre spirituale, come è stato con il papa.
Non credo che sia questa l'uguaglianza che, in costituzione, sta alla base della dignità della persona e della legittimazione della rappresentanza politica e che a quella della costituzione dobbiamo cercare di tornare.
Si pone a questo punto il problema del come. Anche qui mi sembra possibile fare solo cenni e tra i molti aspetti sottolinearne solo uno.
Se mi domando che cosa ha fatto da sempre la straordinarietà di magistratura democratica e mi impongo di individuare una sola caratteristica io direi che è nel modo in cui i magistrati di md fanno bene il loro lavoro.
Cioè non solo lo fanno bene, ma hanno avuto costantemente una "consapevolezza complessiva" di tutti i significati che esso implica cioè una coscienza dei valori politici, sociali, storici in gioco unita alla conoscenza tecnica degli strumenti di esercizio della giurisdizione.
E' n questa "consapevolezza complessiva", questa capacità di contestualizzare il dato giuridico cogliendone il valore politico senza perderne la valenza tecnica, che sta il senso alto e prezioso della politicizzazione di Md perch esso trae dalla costituzione e dalla storia che ad essa ha portato i valori politici sociali e storici di riferimento ed è perciò in massimo grado realizzazione del principio di soggezione del magistrato soltanto alla legge. Siamo stati grandi ogni volta che abbiamo mantenuto questo equilibrio, abbiamo fatto qualche passo falso quando abbiamo esasperato o il solo dato tecnico o il solo dato politico o forzato il primo a servizio del secondo.
Se devo indicare ambiti nei quali questa "consapevolezza complessiva" non riuscita a spostare l'ago della bilancia della giurisdizione negli ultimi anni mi viene in mente da una parte il diritto diseguale per gli stranieri e dall'altra la risalente difficoltà a dare una risposta adeguata in materia di tutela del territorio e dell'ambiente. Avendo sentito gli interventi qui al congresso dell'avv. Smuraglia e del prof. Rodotà non posso poi non far riferimento al nostro obbligo di raccogliere da una parte il ragionato rimprovero sulla inadeguata risposta ai problemi della giustizia del lavoro venuto dal primo e dall'altra la straordinaria sfida della costruzione di una nuova dimensione europea dei diritti costituzionali fondamentali lanciata dal secondo.
Le ragioni della insufficienza del nostro intervento in alcuni settori sono complesse e, specie per quanto riguarda il primo dei due temi indicati (il diritto diseguale degli stranieri) i primi a dover fare una analisi attenta ed anche autocritica delle cause siamo proprio noi magistrati di cassazione (basta pensare quante sollecitazioni sono arrivate dal merito alla corte costituzionale e quante risposte deludenti abbia invece dato la corte di legittimità ),ma qui posso qui limitare solo ad indicare a titolo di esempio i filoni perch voglio tornare sulle ragioni della nostra forza in quella "consapevolezza complessiva" che ci ha reso riconoscibili e ci ha dato prestigio all'interno della magistratura.
Questa è la nostra forza proprio perch è il modo per far scattare il meccanismo di riconoscimento, su un piano di autorevolezza, da parte di tutta la magistratura.
Ma la chiave del "reciproco riconoscimento", cioè del meccanismo per il quale per ciascuno di noi non è difficile formulare un giudizio, in termini di valore e stimabilità professionale, per ciascuno dei colleghi con i quali veniamo quotidianamente in contatto, porta dritto al tema dell'autogoverno, anzi di quel particolare aspetto dell''autogoverno che consiste nella determinazione delle "carriere" che la mala-vicenda dell'ordinamento giudiziario ha sottoposto ad una così evidente forzatura e enfatizzazione.
Abbiamo giustamente difeso a spada tratta l'autogoverno, che non è solo ma anche, gestione delle carriere, contro la signoria del ministro e del potere politico e sappiamo che l'autogoverno è la nostra nobile condanna, ma non possiamo dire che sotto questo aspetto l'autogoverno abbia dato buona prova di se'.
Non voglio e sarebbe profondamente ingiusto criticare l'attuale rappresentanza consiliare, pongo un problema che va molto pi indietro nel tempo e si proietta molto pi avanti.
Non credo che sia un problema di numero di consiglieri ne' solo un problema di riflesso del sistema maggioritario, certo questo ha il suo peso e non riesco a immaginare cosa sarebbe o cosa sarà quando l'idea sottesa all'ultima riforma del sistema elettorale dovesse prendere piede, con candidature individuali, personalizzazioni esasperate, gestione in proprio di "pacchetti" di consensi.
E' facile diffondere malumore contro le correnti e un certo neo-qualunquismo dimentica il valore essenziale del pluralismo associativo, questo non vuol dire che vi siano delle distorsioni nei meccanismi di collegamento tra le correnti e il funzionamento del consiglio alle quali dobbiamo reagire fortissimamente evitando ingiustificate ricadute anche su di noi.
Credo che ci si debba porre il problema di come rendere "conoscibile" e percepibile dal consiglio questo meccanismo di "riconoscimento reciproco del valore professionale" che ciascuno di noi sperimenta quotidianamente.
Non credo che la soluzione sia quella di imbrigliare la discrezionalità fino al centesimo di punto. Do' atto a Giuliana di una scrupolosa e onestissima resa di ragione dei criteri di valutazione, ma in presenza di parametri multipli e variabili non è attraverso l'irrigidimento delle somme che si ottiene un risultato certo. Jorge Luis Borges, dovendo guadagnare per vivere, pensò (e ambiva) di diventare direttore della biblioteca National di Buenos Aires e, bandito il concorso che indicava gli adempimenti necessari, mandò, quale unico atto, un telegramma con il quale diceva "credo di essermi qualificato per questo posto in tutto il corso della mia vita" . Naturalmente non divenne ( lo divenne solo pi tardi, alla caduta di Peron ed ebbe, come lui stesso dice, al tempo stesso "i libri e la notte" perch la nomina coincise con la cecità ) direttore della biblioteca e sicuramente non lo divenne in parte a ragione, perch sbagliò la domanda, perch presuntuosamente non documentò i propri meriti, perch il suo fascicolo personale non conteneva elementi idonei, ma anche perch, paradossalmente, l'enormità del suo valore era ben conosciuto a chi lo doveva nominare e il meccanismo di riconoscimento funzionò al contrario, perch vi era ostilità culturale nei suoi confronti: il riconoscimento funzionò come strumento di esclusione.
Quello che deve essere chiaro è che non si tratta di scegliere Borges, ma molto pi semplicemente di scegliere persone adeguate per funzioni non trascendentali, che ciascuno di noi deve avere la coscienza e l'umiltà di mettere il consiglio in condizioni di valutare con il massimo di oggettività possibile la storia professionale di ognuno, e d'altra parte deve essere chiaro che il punto di partenza è quello dell'esclusione di posizioni preconcette da parte del consiglio, ma nondimeno occorre trovare la strada perch quello che è chiaro all'interno degli uffici, dove magistrati, avvocati e personale ausiliario hanno la quotidiana esperienza del valore di ciascuno, diventi percepibile per il consiglio, perch la valutazione complessiva non sia la somma di frazioni di punto, ma una sintesi ragionata e realistica.
Perch anche così ed ora ad una sintesi di deve arrivare e alla fine anche la pi rigida delle griglie può essere forzata in un senso o nell'altro: pensavo che "prensile" fosse l'attributo caratteristico del pollice opposto dei primati, ho invece appreso che è una particolare attitudine dell'intelligenza di un collega che, secondo il relatore proponente in commissione, gli dovrebbe consentire, di sopravanzare altri colleghi la cui maggiore idoneità è riconosciuta da tutti senza esitazione alcuna.
Anche in questo campo vale l'osservazione banale che facevo prima per individuare il connotato distintivo di Md e cioè la capacità di fare scelte consapevoli della complessità dei valori in gioco in cui l'ineccepibilità tecnica è una componente essenziale, ma non esclusiva e nelle quali i valori di riferimento sono lineari ed evidenti.