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documento 5 aprile 2007

 

MAGISTRATURA DEMOCRATICA

CATANZARO

 

Catanzaro, 5.4.2007.

Eccolo, dunque, il famoso "verbo" che i rappresentanti di UPC hanno assunto l'improbo onere di diffondere quando hanno dimissionato il presidente Prestinenzi dalla locale giunta dell'ANM.

Abbiamo potuto leggerlo nel verbale di quella giunta di due giorni fa.

Si trattava di istituire ed attivare la SEZIONE INQUISITORIA-DISCIPLINARE DI UNITA' PER LA COSTITUZIONE CATANZARESE. Temporaneamente allocata all'interno dell'istituzione associativa.

Per parte nostra abbiamo esposto in un documento piuttosto lungo le nostre valutazioni in merito alle molte vicende che hanno determinato un allarmante crisi di legittimazione della magistratura calabrese. Abbiamo richiesto al CSM, per il tramite dei nostri rappresentanti, di assumere immediate iniziative volte a fare chiarezza ed a spazzare via tutta la troppa polvere accumulatasi sotto i tappeti dei nostri uffici. Soprattutto lo abbiamo fatto senza confondere la casa di tutti (l'ANM) con la nostra.

Gli indomiti uppìccini, invece, si sono presentati in massa nelle persone di tutti i Massimi Dirigenti (questo dal verbale di giunta non può risultare) alla riunione dell'ANM, probabilmente per controllare che i loro cinque rappresentanti non fossero colti da turbamenti nel momento topico e con un documento già debitamente compilato, da recepire. Ed i recettori hanno fedelmente recepito.

Incidentalmente, non si può non sorridere, noi note toghe rosse, use a violentare le coscienze individuali e ad imporre il verbo dell'ideologia, ma è un sorriso che dura poco.

Documento presentato, documento votato, colpevole individuato.

Dopo un richiamo alquanto pelosetto alla nota ispezione ministeriale -non dovremo essere proprio noi a ricordare ad UPC che la parte più maleodorante di quella ispezione, della quale il giornaletto di Berlusconi ha avuto copia in tempo reale, è quella che recepisce tutte le propalazioni offensive di uno dei suoi rappresentanti in Consiglio Giudiziario, riferite a molti magistrati del distretto e puntualmente riprese da molta stampa ogni volta che si vuol di nuovo riproporre il quadro del "verminaio" catanzarese- si individua un colpevole, il collega De Magistris, la colpa, la violazione del dovere di riservatezza e s intimano le dovute sanzioni ad un nutritissimo elenco di Autorità. Mancano solo la Nato e le Guardie Svizzere.

Dovremmo quasi esser grati ad UPC catanzarese delle proprie periodiche alzate d'ingegno, riescono a regalarci sorrisi anche in frangenti in cui ci sarebbe ben poco da ridere. Tuttavia l'amaro prevale.

Dov'era UPC quando sulla stampa imperversava quel loro rappresentante in Consiglio Giudiziario?

Dove'era -a proposito di violazioni di doveri- quando arrestavano per mafia un semidirettivo di questo distretto?

Dov'era -a proposito di discutibili criteri organizzativi nella Procura di cz- quando il Procuratore sanciva un criterio residuale di assoluta discrezionalità nell'assegnazione dei procedimenti, destinato ad operare su decisione insindacabile propria o dell'aggiunto Murone e l'obbligo di riferire ogni qual volta fosse esercitata l'azione penale per reati dei pubblici ufficiali contro la P.A.?

Davvero crede UPC che sia necessario particolare acume introspettivo per percepire la strumentalità di quel documento? Che non sia ben compreso all'interno come all'esterno della magistratrura?

Evidentemente interessa solo regolare i conti.

Per parte nostra chiediamo rigore a TUTTI e che sia fatta chiarezza e pulizia in TUTTE le direzioni, ma che avvenga al più presto. 

documento 4 giugno 2007

 

MAGISTRATURA DEMOCRATICA

CATANZARO

 

Catanzaro, 4.6.2007.

 

Il disagio che attraversa la magistratura calabrese è un disagio che, in realtà, è condiviso dall'intera comunità regionale, anche se certamente non possiamo illuderci che il punto di vista dei cittadini sulle questioni di giustizia collimi con il nostro. Né, con ogni probabilità, i punti di vista degli uni e degli altri collimeranno con quelli dei politici e della classe dirigente regionale. Un cosa ci pare certa, la magistratura calabrese sta attraversando un momento di delegittimazione che probabilmente non ha mai attraversato prima. Al quale bisogna avere la forza di reagire.

Molto non dipende da noi.

Carenze strutturali, di uomini e mezzi; inadeguatezza della normativa sostanziale e farraginosità di quella processuale; diffusi episodi di malcostume e bassa professionalità fra gli altri "protagonisti" del processo (difensori, personale amministrativo, consulenti), per citare alcuni dei problemi "interni" ai palazzi di giustizia.

Livelli di illegalità diffusa nella gestione della cosa pubblica da guinnes dei primati; una classe politica per la quale una sentenza di condanna passata in giudicato, anche per gravi reati, è oramai quasi un riconoscimento al valore; giornalisti che, nell'assicurare copertura mediatica e tutela alla cordata politica di riferimento, non perdono occasione per dispensare descrizioni fasulle e raggelanti di una magistratura calabrese dolosamente dedita, in maniera organizzata, alla persecuzione dei nemici politici ed alla "selezione" della classe dirigente gradita e via enumerando. Per citare i problemi "esterni" ai Tribunali.

Non potremo, però, mai risollevarci da questa situazione di generalizzato discredito se non avremo la forza di denunciare e combattere quel che invece da noi dipende.

Non avranno mai alcuna autorevolezza le nostre denunce contro le aggressioni esterne o i nostri attestati di solidarietà a questo o quel collega se non sapremo, allo stesso modo e con lo stesso vigore, denunciare disfunzioni, inadeguatezze, omissioni, inadempienze, violazioni di disposizioni organizzative, deontologiche o, addirittura penali che dovessimo riscontrare all'interno dei nostri uffici.

Viviamo e lavoriamo in un distretto in cui un presidente di sezione è stato di recente tratto in arresto per mafia, a Vibo; negli anni passati un giudice è stato condannato per gravi reati e destituito dalla magistratura, a Rossano; nella locale Procura distrettuale (organismo di punta nel contrasto alla criminalità organizzata), negli ultimi dieci anni ben tre sostituti sono stati raggiunti da sanzioni disciplinari, uno dei quali anche da condanna penale. Ancora, colleghi diffamano altri colleghi in audizioni ad ispettori ministeriali talmente anomale da concludersi, nel contempo, senza la formulazione di alcun rilievo, ma con la pronuncia di un inappellabile giudizio contro gli uffici di Catanzaro, gratificati dell'appellativo di "verminaio"; giudici ritengono di esporre le ragioni di propri provvedimenti, relativi a processi penali ancora in corso, con interventi a mezzo stampa e via enumerando.

La sezione di MD ci Catanzaro sta cercando da anni, con fatica ed in perfetta solitudine, di contrastare, sia all'esterno che all'interno, quest'alluvionale degrado.   

Riteniamo, però, che reagire sia compito di tutti i colleghi che fanno con abnegazione, passione e competenza questo difficile mestiere in una terra di frontiera e che si sia credibili, quando si critica l'operato del CSM, solo se si da dimostrazione di praticare dal basso l'autogoverno, reagendo ad ogni evento o ad ogni prassi che meriti reazione.

Per questo riteniamo che sia giunto il momento di essere noi per primi a segnalare i casi più eclatanti di pessimo funzionamento della macchina giudiziaria, affinché sia assicurata la trasparenza che è dovuta a tutti i cittadini e chi di competenza sia messo in condizioni di non poter più dire "non sapevo".

 

Abbruzzese Francesco nato a Cosenza l'8/6/1970 alias Dentuzzo è stato condannato dalla Corte di Assise di Cosenza, nel luglio del 2005, all'ergastolo, omicidio e per violazione della legge armi. Il processo di primo grado è durato circa tredici mesi.

Subito dopo la sentenza di cui sopra, l'Abbruzzese è stato tradotto  presso la Casa Circondariale di Novara in regime di 41 bis O.P. 

Il processo in Corte di Assise d'Appello è iniziato  nel giugno del 2006 ed è attualmente ancora in corso di trattazione.

Francesco Abruzzese è stato scarcerato con ordinanza della Corte di Assise d'Appello di Catanzaro del 4 maggio del 2007, che ha dichiarato l'inefficacia dell'ordinanza custodiale emessa nei suoi confronti per scadenza dei termini di durata massima c.d. di fase.

 

A prescindere da qualsiasi valutazione sul merito del procedimento, non si può non segnalare, come episodio estremamente grave, l'intervenuta scarcerazione, per decorrenza dei termini massimi di custodia cautelare di fase, di una persona condannata all'ergastolo per omicidio e ben nota alle forze dell'ordine -addirittura assoggettata al regime carcerario del 41 bis a testimonianza della sua pericolosità- a cagione del protrarsi del giudizio d'appello per oltre un anno (ed a quasi due anni dalla sentenza di primo grado), giudizio d'appello che, per definizione, non prevede la ripetizione delle attività istruttorie, se non in casi eccezionali ed entro rigorosi limiti.

Non sappiamo se ciò sia dovuto a gravi ed imprevisti ostacoli procedurali ovvero a gravissime carenze organiche o ad onerosissimi carichi di lavoro, però riteniamo che una vicenda del genere, in terra di ‘ndrangheta, non possa passare inosservata e sotto silenzio.

 

Il segretario

Emilio Sirianni.

 

 

 

 

documento 2 dicembre 2005 su "cultura tabellare"

 

MAGISTRATURA DEMOCRATICA

CATANZARO

 

La diffusione della cultura tabellare, l'affermazione del principio costituzionale di buon andamento ed imparzialità degli uffici e la tutela del principio di legalità è patrimonio comune che richiede il contributo incisivo di tutti i magistrati.

MD che, da tempo ha profuso un costante, silenzioso e generalizzato impegno, sia a livello centrale sia in sede decentrata, per l'attuazione di tali principi e per la tutela dei predetti valori, nell'interesse di tutti i magistrati, accoglie, pertanto, con estremo favore il recente intervento di Unicost a presidio dei valori di legalità.

Si tratta, tuttavia, di tematiche già affrontate dal CSM nel corso degli ultimi anni ed è per questo che una certa enfasi che ha accompagnato la non approvazione delle tabelle del Tribunale Catanzaro e dei criteri organizzativi della Procura di Catanzaro non appare proporzionata alla portata degli eventi.

Già in passato e più volte, infatti, il CSM ha avuto modo di pronunciarsi, sotto distinti aspetti, in ordine ai criteri organizzativi dei predetti uffici indicando le rettifiche ritenute necessarie.

Nel caso più recente, per quanto riguarda il Tribunale di Catanzaro, il Presidente della Corte d'Appello, recependo il parere  espresso dal Consiglio giudiziario, all'unanimità e con il contributo determinante di tutti componenti, aveva formulato la proposta tabellare modificando radicalmente  l'originaria segnalazione del Presidente del Tribunale di Catanzaro. Il CSM, all'unanimità, non ha bocciato le tabelle, come da taluno si è affermato, ma, aderendo al parere espresso dal Consiglio Giudiziario, ha indicato le ulteriori integrazioni da apportare alla proposta, in linea, quindi, con l'impostazione sostenuta, all'unanimità, dal Consiglio Giudiziario che non aveva condiviso la segnalazione del Presidente del Tribunale.

In ordine alla Procura della Repubblica di Catanzaro,  il Consiglio Giudiziario aveva, all'unanimità, ritenuto non conforme a circolare alcuni criteri di organizzazione e di distribuzione degli affari e, a maggioranza, aveva, altresì, ritenuto di esprimere parere negativo sulla designazione del dott. Spagnuolo alla DDA.

Il dott. Spagnuolo, procuratore aggiunto, era stato designato a seguito  dell''anomalo protrarsi, per  ben due anni e mezzo,  della procedura di nomina del secondo procuratore aggiunto, e, quindi, della persistente scopertura  del delicato incarico di coordinatore dda, assegnato, provvisoriamente, ad un sostituto della DDA.

Il CSM ha ritenuto, a maggioranza, di censurare integralmente il progetto organizzativo dell''ufficio di Procura facendo derivare, dalle carenze riscontrate in merito ai criteri di assegnazione ed alla procedura di designazione di alcuni sostituti,  la non approvazione della designazione del dott. Spagnuolo alla Dda, avente, in realtà autonomi presupposti e specifica procedura.

Si tratta di decisione che merita il massimo rispetto ma che risulta opinabile avendo introdotto un canone ermeneutico non convincente. (seguendo il principio enunciato,ad esempio, nel caso di assegnazione di presidente di sezione ad una sezione civile in relazione alla quale sono previsti criteri di organizzazione ed assegnazione di magistrati viziati da illegittimità, si dovrebbe ritenere viziata, altresì, la designazione del presidente di sezione che è  autonoma per presupposti e procedura).

   Ben altri nel passato, anche recente, sono stati gli interventi  del CSM che non hanno avuto, però, il medesimo clamore sugli organi di stampa e tra i magistrati e che avrebbero meritato lo stesso risalto sotto il profilo della rilevanza del rispetto dei criteri tabellari e dell''affermazione dei principi di legalità.

Si pensi,ad esempio, alla censura dei criteri di autoassegnazione del Procuratore della Repubblica di Cosenza e di altri uffici del distretto, alla non approvazione di provvedimenti di supplenza interni incidenti sullo status del magistrato, all'annosa vicenda delle tabelle del  Tribunale di Rossano non approvate per ben due bienni.

In tale ultimo caso, di estrema rilevanza per la  riscontrata violazione dei criteri di organizzazione tabellare dell''intero ufficio, stranamente alcuna eco si è registrata a seguito delle decisioni assunte dal Consiglio giudiziario e dal CSM.

Eppure, anche in questo caso, il Presidente della Corte d'Appello, aveva, sulla base del parere espresso all'unanimità da parte del Consiglio giudiziario, modificato l'originaria segnalazione del Presidente del Tribunale, avendo riscontrato eclatanti illegittimità in tema di costituzione delle sezioni, di  previsione di collegi straordinari rimessi alla discrezionalità del Presidente e di criteri di organizzazione dell'' ufficio, ed il CSM, all'unanimità, aveva aderito all'impostazione del Consiglio Giudiziario fatta propria dal Presidente della Corte.

Il vero impegno per l'osservanza dei criteri tabellari e del principio di legalità prescinde dagli episodi e dalle persone, è condotto senza clamori e retorica  nella consapevolezza di rendere in tal modo un servizio a tutti i magistrati.

A tale impegno MD intende rimanere fedele.

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