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Sedi disagiate: la mobilità dei magistrati e la funzionalità del servizio

Sedi disagiate:
la mobilità dei magistrati e la funzionalità del servizio giustizia

La vicenda della mobilità dei magistrati assegnati alle sedi disagiate
è emblematica di un certo modo di legiferare in tema di giustizia:
estraneo ed indifferente ad ogni programmazione, lontano dalla
conoscenza delle situazioni reali, privo della doverosa attenzione ai
problemi di un servizio così essenziale per il vivere democratico, e
così in sofferenza da troppo tempo, soprattutto in certe aree del
nostro paese.

Nelle sue scansioni, la storia è nota:
La
legge n.133 del 1998, all'art.5, aveva previsto per i magistrati
assegnati o trasferiti d'ufficio a sedi disagiate, un computo
dell'anzianità di servizio - ai soli fini del primo tramutamento
successivo a quello d'ufficio - in misura doppia per ogni anno di
effettivo servizio successivo al primo biennio; in caso di permanenza
superiore ai cinque anni, veniva introdotta una prelazione assoluta
verso la sede richiesta, da farsi valere nei confronti di tutti gli
altri aspiranti
Sette anni dopo, con un improvvido ed inspiegato
intervento nel corso dei lavori di conversione del decreto legge 30
giugno 2005, n. 115 (peraltro del tutto eccentrico rispetto all'oggetto
di quel testo legislativo), il legislatore è intervenuto sul testo
dell'art. 5, modificandolo nel senso che il beneficio della prelazione
nei trasferimenti, spettante ai magistrati trasferiti in sede
disagiata, non può essere fatto valere nei confronti dei concorrenti
magistrati "nominati uditori giudiziari in data anteriore al 9 maggio
1998": ossia, nei confronti dei magistrati con maggiore anzianità di
servizio, in pratica così riportando il meccanismo dei trasferimenti
dalle sedi disagiate alla normalità del sistema.
A
fronte di una disposizione di tale palese iniquità, che ha vanificato
le attese di quei magistrati già assegnati, al momento dell'entrata in
vigore della legge, nelle sedi disagiate, il Consiglio Superiore ha
adottato la delibera del 29 settembre 2005, con cui, pur a fronte della
lettera della norma, si è tentata una soluzione interpretativa
certamente opinabile, ma ispirata a principi di ragionevolezza e di
uguaglianza, per cui la disposizione sopravvenuta si doveva applicare
solo ai magistrati assegnati alla sede disagiata dopo l'entrata in
vigore della legge stessa.
E' di poche settimane fa la sentenza
del TAR Lazio (Sez. I, n.845/07) che ha smentito tale interpretazione,
facendo discendere dalla portata organizzativa della disposizione
istitutiva del beneficio la sua inidoneità a far sorgere diritti
soggettivi in senso stretto. La formalistica lettura del giudice
amministrativo non ha tenuto conto del fatto che i magistrati delle
sedi disagiate hanno ragionevolmente confidato, al momento della loro
scelta, nella stabilità di una legge che ha ingenerato ben più di
un'aspettativa e su cui si sono determinati progetti di vita
professionale e di sistemazione degli interessi personali e familiari,
poi inopinatamente messi nel nulla.
La III Commissione del CSM ha
deliberato, all'unanimità, di impugnare la pronuncia del TAR Lazio: la
speranza ora è che, confermata dal plenum questa decisione,
il Consiglio di Stato si pronunci rapidamente (quantomeno in sede di
sospensiva), al fine di scongiurare il pericolo che l'incertezza sulle
regole da applicare - conseguente alla diversità di orientamenti del
Consiglio e della giustizia amministrativa - causi ulteriori ritardi
nelle procedure di trasferimento, aggravando così situazioni di già
notevole sofferenza.
Questo è quanto può e deve fare il Consiglio
superiore. Ma, in ogni caso, non è sufficiente. Una seria politica
della mobilità dei magistrati , la tutela delle ragionevoli aspettative
dei colleghi che ebbero a effettuare le loro scelte sulla base della
legge del 1998 e la esigenza di assicurare per il futuro stabilità
nella copertura delle sedi disagiate impongono un intervento
legislativo tempestivo e chiarificatore. Magistratura Democratica è ben
consapevole della difficoltà di contemperare su un tema così complesso
interessi diversificati, ma non sfugge alla responsabilità di indicare
scelte e soluzioni che possano raccordare le differenti esigenze,
nell'obbiettivo primario di dare il via ad un serio confronto e ad
un'iniziativa capace di porre a breve rimedio alla situazione in atto.
Il recente disegno di legge del Ministro della Giustizia per la riforma
dell'ordinamento giudiziario, - all'art. 6, comma 29 - stabilisce che
il beneficio della prelazione continua a essere riconosciuto in favore
"dei magistrati assegnati a sedi disagiate prima dell'entrata in vigore
della presente legge"*.
é peraltro necessario che questa
disposizione, di opportuna tutela delle situazioni pregresse, sia
stralciata dal disegno di legge per essere affidata a un percorso
parlamentare di approvazione più rapido, che solo lo strumento del
decreto legge può assicurare. Non mancano, del resto, i presupposti
della straordinaria necessità e urgenza, sol che si consideri la
ricaduta in termini di complessiva inefficienza che l'attuale
situazione di incertezza determina. **
Il disegno di legge,
inoltre, abroga la disposizione sul beneficio della prelazione nei
trasferimenti, e pertanto limita gli incentivi non economici, per i
magistrati da assegnare in sede disagiata, al raddoppio del punteggio
di anzianità per il primo trasferimento successivo alla destinazione
d'ufficio, per ogni anno di effettivo servizio in sede disagiata dopo
il primo biennio di permanenza. Il riconoscimento della prelazione in
effetti può determinare una eccessiva rigidità per l'azione del
Consiglio superiore nella gestione dei bisogni complessivi della
mobilità, che mutano sensibilmente nel corso degli anni, a seconda
dell'andamento delle scoperture di organico; non va dimenticato,
inoltre, che lo stesso elenco delle sedi effettivamente disagiate
richiede aggiustamenti. Ma l'obbiettivo essenziale da perseguire rimane
quello di assicurare una maggiore stabilità nella copertura delle sedi
disagiate, evitando gli effetti negativi di un continuo turn over. A
tal fine si deve attuare un meccanismo di adeguati incentivi attraverso
punteggi aggiuntivi. Il raddoppio dei punteggi di anzianità
consentirebbe ad esempio agli uditori che siano rimasti per otto anni
in una sede disagiata di fruire di 13 o 14 punti (e si intende, solo
per il parametro dell'anzianità) ai fini del primo trasferimento
successivo. Si potrebbe eventualmente studiare, per il caso di
permanenza oltre un certo numero significativo di anni, un aumento di
punteggio direttamente proporzionale al progredire della durata della
permanenza.
La proposta deve invece essere ulteriormente
approfondita per la parte in cui, negando il beneficio della prelazione
anche ai magistrati con una certa anzianità di servizio eventualmente
disponibili al trasferimento d'ufficio nelle sedi disagiate, continuerà
a far gravare soprattutto sugli uditori giudiziari, assegnati
d'ufficio, il maggior carico di sacrifici. Una buona amministrazione
della giustizia nelle sedi disagiate del Sud ha bisogno anche
dell'apporto di professionalità già formate, non continuando a fare
esclusivo affidamento sulla massiccia utilizzazione dei magistrati più
giovani. Per questo va riconsiderata la possibilità del mantenimento
della prelazione assoluta in favore di quei magistrati che, con cinque
o più anni di effettivo esercizio delle funzioni giudiziarie,
accetteranno di prestare servizio per almeno un quinquennio nelle sedi
disagiate secondo la previsione della legge n. 133 del 1998.
Queste sono le richieste che è doveroso rivolgere sin da subito al
nostro legislatore, perchè sani, almeno in parte, la difficile
situazione venutasi a creare non soltanto in relazione alle sedi
individuate come disagiate, ma più in generale, nell'ambito delicato e
nodale della gestione della mobilità dei magistrati.

Torino, 29.3.2007

Il Segretario generale
Rita Sanlorenzo


Indirizzo:
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