Due decisioni destinate a scatenare polemiche, rese pubbliche a distanze di poche ore. Il caso, o forse il destino, accomuna vicende distantissime, rispetto alle quali le aspettative dell'opinione pubblica inevitabilmente divisa restano frustrate, oppure trovano soddisfazione. I toni della polemica si alzano, sino ad arrivare all'intimidazione: parlare di "pena di morte" e di "eutanasia sancita per diritto", da parte di esponenti governativi e dell'istituzione vaticana, dà la misura della portata della battaglia che si è compiuta intorno alla sofferenza di due genitori, e della ragione per la quale hanno sopportato questi anni infiniti, quella di dare soddisfazione alla volontà della loro creatura, ormai persa. Merito ai giudici, infine a quelli della Cassazione, che a queste intimidazioni hanno saputo resistere, ed affermare la loro indipendenza, facendo giungere fino in fondo un cammino tutto irto di difficoltà, non solo interne al processo. Che poi sia il "dovere minimo" dell'ordine giudiziario, quello di affermare le libertà dei cittadini in base ai principi dela Costituzione, a noi può anche sembrare scontato, ma scontato non è, vista la potenza di fuoco che è stata messa in atto contro un iter processuale che si è snodato in modo trasparente in tutte le sue fasi, in cui i giudici hanno mostrato tra l'altro una grande sapienza tecnica ed una profonda partecipazione umana anche alla vicenda che erano chiamati a risolvere.
Diverso - ma non tanto - il discorso sulla sentenza di Genova. Altri hanno espresso su questa lista la loro preoccupazione per una soluzione "minimalista" data ad una vicenda nerissima per la storia della nostra repubblica. Addirittura leggo un comunicato dei Giuristi democratici in cui si denuncia "un'inquietante riduzione dell'indipendenza reale dell'Autorità Giudiziaria"; ancora più forti le prese di posizione di esponenti della sinistra ormai extraparlamentare. Certo è che le dichiarazioni del questore Canterini rilasciate oggi ai giornali, sia per i toni, sia per il non detto, fanno capire quale tipo di protervia e di pretesa di impunità si annidi nelle menti di alcuni "servitori delo Stato", che non solo non avvertono nessuna esigenza che si accerti la verità, e si cerchino i colpevoli della mattanza, dopo quanto è successo, ma anzi rivendicano orgogliosamente il proprio operato (in pratica dice: c'eravamo noi ma c'erano tanti altri), ed anzi confidano apertamente in una impunità finale. Anche in questo caso, arrivare ad una sentenza, per quanto insoddisfacente, o perfino pessima, come afferma qualcuno, non è stata impresa facile, e nemmeno ovvia, vista anche la resistenza, la reticenza, gli inquinamenti veri e propri posti in essere da parte di imputati e testimoni.
Io concordo praticamente su tutto quanto ha scritto Armando Spataro. In più aggiungo che le dichiarazioni del presidente del collegio giudicante lasciano immaginare che non si sia "smontato un teorema", ma si sia fatta una applicazione - criticabile fin che si vuole, e comunque verificabile attraverso la lettura delle motivazioni, ed ancora sempre rovesciabile nei successivi gradi di giudizio - delle regole che sovrintendono alla valutazione della prova. Credo che la sentenza dovrà resistere ad un vaglio particolarmente importante: occorrerà verificare se le soglie garantiste che sono state applicate nei confronti dei vertici della polizia sono quelle applicate nei confronti di tutti gli altri imputati, cittadini o stranieri, in tutte le aule giudiziarie d'Italia. Questo mi sembra il punto.
Credo anche io che ci sia critica e critica, e non tanto per i toni e per le espressioni che vengono utilizzate, quanto per la fonte da cui queste provengono. Non credo che la delegittimazione della magistratura possa discendere veramente da dissensi dell'opinione pubblica, o anche della stampa, che avversano l'esito di un processo mettendo in dubbio la professionalità, o addirittura l'indipendenza dei magistrati (salvo ovviamente gli estremi diffamatori). Anzi, considerate che nel caso del processo genovese, è stata proprio la stampa a restare dalla parte della ricerca della verità, cercando di ricostruire, per quanto possibile, i tanti lati oscuri della vicenda.
Che l'associazione dei genitori cattolici (non so nemmeno se esista, ma ci siamo capiti) strepiti a gran voce contro la decisione dei giudici milanesi e della cassazione dicendo che "sono contro la vita" o altre assurdità, è qualcosa che dobbiamo accettare, anzi affrontando a viso aperto il confronto sull'esercizio della giurisdizione nel caso specifico - senza escludere a priori, per dogma, che possano essere stati proprio i giudici, ed i pm, ad aver sbagliato.
Altro e diverso discorso quando certe accuse arrivano dal Vaticano, o addirittura da esponenti governativi: perchè quelle sì sono concrete minacce all'indipendenza dei magistrati, quelle sì stringono il cerchio intorno al loro agire, mandano messaggi chiari non solo all'opinione pubblica, che finisce per esserne frastornata se non decisamente condizionata in senso negativo, ma soprattutto a quelli di noi - mica così rari - che a questi segnali pensano di dover prestare sempre molta attenzione. Per questo non credo tanto a tutele indifferenziate, ma ad interventi anche da parte dell'autogoverno che però sappiano cogliere la differenza. Sennò siamo alla difesa della corporazione e basta.
Un'ultima cosa. Io non capisco tanto gli interventi che lamentano in questi casi un'assenza della politica, e quindi la necessità della magistratura di farsi supplente. Che cosa vuol dire? ma in materie così sensibili e delicate, che poi riguardano la tutela dei diritti e delle libertà fondamentali, voi - come cittadini - vi sentireste più garantiti dall'intervento regolatore della contingente maggioranza politica? oppure dall'esercizio, per quanto difettoso, discutibile, manchevole, di una giurisdizione indipendente ed autonoma, che appunto solo del rispetto dei valori costituzionali si debba preoccupare? Ma non vedete come anche un tema che mette paura come quello della fine della vita viene trattato a colpi di sciabolate ideologiche, o forse meglio di teoremi interessati, e che della sofferenza degli umani (oltre che dei convincimenti della scienza) che ci stanno dietro non si ha il minimo riguardo? e che anche a proposito del rispetto della legalità da parte delle forze dell'ordine (penso a quello che ha scritto ieri D'Avanzo) si affermano nei fatti, tendenze pericolosissime, e sovversive dello stato di diritto, che nella politica non trovano alcun contrasto, semmai il contrario. Sappiamo tutti - è già stato dichiarato - che sui fatti di Genova non ci sarà alcuna commissione parlamentare d'inchiesta: l'unica verità sarà quella dei processi. L'unica luce.
Non è per timore delle critiche che la giurisdizione deve ritirarsi e deflettere dal proprio ruolo. Deve ovviamente riflettere, ed in fretta, su quanto succede negli assetti istituzionali di questo paese, e compiere delle scelte. Ma non certo chiamarsi fuori.
Rita