Reato di immigrazione clandistina

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Con l'incriminazione della condotta di «ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato», si introduce nel nostro ordinamento un reato inutile ed ingiusto.

Inutile perchè impone la celebrazione di un processo penale per irrogare in caso di condanna una sanzione pecuniaria, in sostituzione della quale il giudice può applicare la sanzione alternativa dell'espulsione, che viene così a sovrapporsi perfettamente alla corrispondente misura amministrativa: sino ad oggi proprio l'espulsione amministrativa ha costituito la reazione dell'ordinamento alla presenza irregolare sul territorio nazionale, ed il suo limite non consiste certo nella possibilità di farvi ricorso, quanto nella difficoltà materiale di darvi esecuzione.

Inutile perchè a seguito dell'esecuzione dell'espulsione, il giudice dovrà comunque pronunciare sentenza di non luogo a procedere: l'incriminazione verrà meno - ed il processo si sarà così rivelato del tutto superfluo - se l'esito sarà quello stesso della procedura amministrativa.

Ingiusto perchè, così come l'aggravante dell'irregolarità introdotta da qualche mese (e già oggetto di eccezioni di illegittimità costituzionale), la previsione di un tale reato si fonda su di una presunzione di pericolosità dello straniero irregolare che è già stata confutata dalla Corte costituzionale, con la sentenza n.22 del 2007 e con quella n.78 del 2007. In queste pronunce la Corte indica che, svincolati da qualsiasi ragionevole valutazione di pericolosità, l'ingresso o la presenza illegale del singolo straniero non rappresentano, di per sé, fatti lesivi di beni che meritano tutela penale, ma sono l'espressione di una condizione individuale, quella di migrante, la cui criminalizzazione risponde alla logica del "diritto penale d'autore", che sanziona gli esseri umani per ciò che sono e per la condizione in cui versano, e non per il danno che recano a beni o persone.

Ingiusto, dunque, perchè - come già l'aggravante - è del tutto contrario al principio di eguaglianza, uno dei cui significati fondanti sta nel divieto di distinguere i trattamenti di legge in base alle qualità ed alle caratteristiche personali degli individui.

 

Torino - Roma, 15.1.2008

La segretaria nazionale

Rita Sanlorenzo

 

16 01 2009
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