Il funzionamento del Csm

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Il crescente stato di insoddisfazione per le condizioni in cui versa l'amministrazione
della giustizia ha investito anche il Consiglio superiore della magistratura
cui si addebitano (non già, come altre volte nel passato, pretesi
sconfinamenti dal suo ruolo istituzionale ma, all'opposto) lentezze e
inefficienze nello svolgimento dei compiti propri e, in particolare, nello
svolgimento delle funzioni di indirizzo organizzativo e di controllo sulla
correttezza deontologica dei magistrati. Accuse e polemiche sono diventate
particolarmente aspre (con il rischio di riflessi negativi sul piano della
dialettica e dei rapporti tra le istituzioni) in occasione di gravi vicende
prospettanti il coinvolgimento di singoli magistrati in fatti di rilevanza
penale e di alcune scarcerazioni per decorrenza dei termini che, chiamando
in causa le disfunzioni della macchina giudiziaria, hanno suscitato vivo
allarme nell'opinione pubblica.

Sopite, almeno per ora, le polemiche, sembra essere stata accantonata
anche l'esigenza di una riflessione sul funzionamento complessivo e sull'efficacia
dell'azione del Consiglio. Il dibattito su questo tema, avviato nel primo
anno di Consiliatura, è sfociato in alcune modifiche del Regolamento
interno (riduzione dei tempi degli interventi nelle sedute plenarie del
Consiglio, e previsione di un nuovo "ordine speciale - Sezione B")
che - seppure in s positive - hanno prodotto risultati certamente
inferiori alle attese e non sono valse ad incidere in modo sensibile sui
tempi dell'attività consiliare.

Nonostante l'impegno quotidiano di tutti i componenti e di ogni articolazione
consiliare, permangono inadeguatezze del Consiglio nel far fronte ai compiti
di amministrazione della giurisdizione, con il rischio di indebolire la
fiducia dei magistrati nel loro principale punto di riferimento istituzionale
e di restituir fiato a progetti di modifica dell'assetto della magistratura,
che una volontà politica orientata in questa direzione avrebbe
probabilità concrete di attuare semplicemente facendo leva - seppure
in modo strumentale - sulle intollerabili carenze del sistema giudiziario.

Il mancato raggiungimento del "quorum" referendario (anche)
sui quesiti che riguardavano direttamente la magistratura non può
dispensare dal farsi carico della pressante esigenza di un reale recupero
di funzionalità dell'intero sistema giudiziario. Le stesse parole
del Capo dello Stato nella seduta plenaria del 5 aprile 2000 costituiscono
un richiamo alle gravità della situazione, ed impongono di ricordare
che il principio costituzionale della ragionevole durata del processo
vale come sollecitazione rivolta non soltanto al legislatore per quanto
attiene alla sua funzione di adeguamento del quadro normativo, ma anche
all'istituzione giudiziaria parimenti impegnata - per ciò che ad
essa effettivamente compete e per quanto le è concretamente possibile
- nel realizzare una giustizia pi rapida ed efficiente.

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Alle accuse di inefficienza, che spesso nascono dall'imperfetta conoscenza
della realtà, occorrerebbe innanzi tutto dar risposta - evitando
contrapposizioni e toni polemici - con un'opera di informazione pacata,
rigorosa ed obiettiva. Ancora oggi, infatti, malgrado l'ampia possibilità
di accesso consentita dagli strumenti informatici, l'attività del
Consiglio è sconosciuta nelle sue reali dimensioni alla stessa
generalità dei magistrati, e la mancanza o l'incompletezza dell'informazione
finiscono inevitabilmente per alimentare incomprensioni e distanze. Anche
per questo deve essere ripresa con urgenza la pubblicazione nel "notiziario"
- ormai ridotto ad una burocratica elencazione di delibere e di atti già
noti agli uffici giudiziari - dei resoconti sommari relativi alle
pi significative sedute del Plenum, che costituiscono uno dei
principali strumenti di conoscenza sul modo in cui ruolo e funzioni del
Consiglio vengono interpretati dai singoli componenti e dai diversi gruppi
consiliari. Ma insieme potrebbero dimostrarsi assai utili periodiche conferenze
stampa del Consiglio o altre forme di comunicazione idonee ad illustrare
l'attività consiliare, come potrebbe giovare, nell'immediato, la
diffusione di un breve volume in cui raccogliere i principali interventi
attuati nel primo periodo dell'attuale consiliatura, ormai prossima al
giro di boa del primo biennio.

Un simile bilancio servirebbe innanzi tutto a rendere palese la complessità
dei compiti affidati al sistema di autogoverno, ed il modo in cui il Consiglio
ha cercato di favorire - in situazioni tanto pi difficili quanto
pi mutevole ed incerto è stato il quadro normativo di riferimento
- il processo di rinnovamento culturale ed il recupero di efficienza di
tutti gli uffici giudiziari. Si potrebbero ad esempio ricordare, senza
enfasi ingiustificate, le modifiche delle circolari relative al conferimento
di incarichi direttivi ed alle valutazione della professionalità;
il controllo attento e rigoroso esercitato in tema di conferimento di
incarichi extragiudiziari e di incompatibilità dei magistrati;
gli interventi realizzati per razionalizzare e moralizzare le prassi con
riguardo all'assegnazione delle sedi agli uditori giudiziari ed ai trasferimenti
dei magistrati; il grande impegno e la forte attenzione dedicati ai problemi
della magistratura onoraria, strumento essenziale nel quadro delle funzioni
giurisdizionali dello Stato; lo sforzo costante nel campo della formazione
e dell'aggiornamento professionale dei magistrati; le iniziative che hanno
preceduto e seguito il varo della circolare sulla formazione delle tabelle
degli uffici per il biennio 2000/2001, al fine di sostenere il processo
riformatore, di far sì che lo stato del servizio nei diversi uffici
giudiziari diventi un'entità conoscibile in ogni momento attraverso
dati concreti, oggettivi e completi, e di far crescere nella vita quotidiana
la concezione dell'autogoverno come funzione diffusa. E si potrebbe ricordare
che il Consiglio si è sforzato anche di promuovere l'innovazione,
come dimostrano le risoluzioni sulla formazione decentrata dei magistrati
e quella su "decentramento e consigli giudiziari".

Il bilancio delle cose fatte gioverebbe, in secondo luogo, ad individuare
con maggior precisione le linee di intervento e gli obiettivi del prossimo
futuro; e costituirebbe, insieme, la realizzazione di un grande valore
democratico, poich al compito assegnatogli dalla Costituzione
di rendersi garante dell'autonomia e dell'indipendenza della magistratura
non può non corrispondere, da parte del Consiglio, la doverosità
di un rendiconto circa il modo in cui a tale compito esso ha concretamente
corrisposto.

Nell'assolvimento delle proprie funzioni, e nella prospettiva di un dialogo
costruttivo tra le istituzioni, il Consiglio non ha fatto mancare il proprio
contributo di idee in occasione dei diversi pareri richiesti dal Ministro
della giustizia. Ma consideriamo una perdita che l'iniziativa rivolta
a deliberare una risoluzione del Consiglio sul tema delle misure necessarie
per restituire funzionalità al sistema giudiziario (un'iniziativa
che ha richiesto grande dispendio di energie ai componenti del "gruppo
di lavoro", ed alla quale anche noi abbiamo fornito, al pari di altri
consiglieri, un convinto contributo di idee e di proposte) sia sfociata
in un risultato pari al nulla di fatto. Un esito ancor pi sconfortante
perch, mentre dagli uffici giudiziari continuano a levarsi grida
di dolore sulle carenze di uomini e mezzi, resta tuttora avvolta nel pi
fitto silenzio anche la Relazione al Parlamento sullo stato della giustizia,
l'ultima delle quali risale ormai al lontano 15 luglio 1996.

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Se una corretta informazione costituisce condizione basilare per l'ordinato
svolgimento delle vita istituzionale e nei rapporti con i cittadini, riteniamo
non meno urgente ed essenziale riportare al centro della riflessione il
problema della funzionalità del Consiglio. Le cose fatte non possono
far dimenticare i molti problemi irrisolti, le gravi disfunzioni che caratterizzano
la gran parte degli uffici giudiziari mettendo quotidianamente a repentaglio
l'esercizio della giurisdizione, la perdita di effettività dei
diritti anche nei settori pi delicati della vita economica e sociale.
La stessa indipendenza dell'ordine giudiziario non potrà essere
durevolmente difesa senza un reale rinnovamento della giustizia; ed episodi
recenti stanno del resto a dimostrare che è tuttora aperta, anche
all'interno della magistratura, una "questione morale" e che
l'indipendenza deve essere resa ogni giorno pi forte anche per
il tramite di un'opera incessante di controllo, capace di prevenire, prima
ancora che sanzionare, disimpegni, inettitudini ed abusi.

Ribadire i limiti delle competenze del Consiglio è una premessa
fondamentale per evitare la contestazione di responsabilità che
non possono essergli attribuite. Occorrerebbe ricordare, ad esempio, che
il metro di valutazione della Sezione disciplinare del Consiglio non può
essere costituito dalla quantità di condanne, ma - come per ogni
organo di garanzia - dalla capacità di applicare imparzialmente
le regole nei confronti di tutti senza distinzione, come occorrerebbe
ricordare che anche attraverso il corretto esercizio delle funzioni disciplinari
il Consiglio ha saputo riaffermare i valori della legalità non
soltanto sanzionando comportamenti incompatibili con la deontologia dei
magistrati, ma anche respingendo indebite interferenze nel libero esercizio
delle funzioni giurisdizionali.

Ma il ruolo di vertice nel sistema di governo autonomo della magistratura
implica anche il dovere di svolgere sino in fondo le funzioni di indirizzo
organizzativo e di controllo, tanto pi preziose nei momenti di
passaggio e di trasformazione come quelli legati alla riforma del giudice
unico di primo grado. Ed anche per il Consiglio - in conformità
ai principi costituzionali di buona amministrazione - si pone l'esigenza
di un uso razionale e non dispersivo delle risorse, la necessità
di ripensare l'organizzazione interna del proprio lavoro, quella di coordinare
in modo pi efficace le attività delle singole Commissioni
e di concentrare l'impegno dove pi forte è l'urgenza di
interventi chiarificatori per garantire l'integrità della giurisdizione
e l'efficienza del servizio.

Singole vicende che, a torto o a ragione, mettono talora in dubbio l'imparzialità
della giurisdizione e la fedeltà del giudice solo alla legge (a
discapito della grande maggioranza dei magistrati seriamente impegnati
nello svolgimento quotidiano del proprio lavoro), ma anche disfunzioni
e lentezze che vengono riscontrate nella resa del servizio debbono costituire
ogni volta un campanello d'allarme cui il Consiglio ha il dovere di dare
immediata risposta intervenendo - nei limiti delle proprie competenze
e delle concrete possibilità operative - anche sulle cause che
hanno concorso a determinarle. E l'intreccio che nell'esperienza concreta
si manifesta in modo sempre pi evidente tra specifiche situazioni
di sospetta compatibilità ambientale (o di possibile rilevanza
disciplinare) e le carenze o i veri e propri vuoti di direzione organizzativa
nella gestione degli uffici giudiziari sollecitano non soltanto lo sforzo
straordinario della Prima Commissione, ma l'impegno congiunto di altre
articolazioni consiliari e dell'intero Consiglio in modo da individuare
un quadro coerente ed organico di rimedi, di iniziative e di proposte.
Ogni ritardo del Consiglio nell'adempimento delle proprie funzioni può
avere effetti deleteri per la cultura ed il costume dell'organizzazione,
con il rischio di un'obiettiva perdita di legittimazione dell'intero sistema
di autogoverno. N sembra inutile ricordare che senza un efficace
ed attento sistema di verifiche periodiche della professionalità
è pi facile il rischio che eventuali carenze professionali
possano debordare in pi gravi abusi o deviazioni.

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Su questi temi chiediamo che sia aperto al pi presto un dibattito
all'interno del Consiglio, un dibattito che non può essere affidato
a voci e proposte isolate, ma richiede il responsabile confronto di tutti
i componenti.

Quanto pi i problemi di funzionamento della giustizia diventano
urgenti e complessi, tanto pi ci sembra necessario individuare
con chiarezza gli obiettivi concretamente realizzabili in direzione della
massima trasparenza e della maggiore efficienza del servizio. Il Consiglio,
del resto, nel chiedere agli altri il massimo impegno, potrà farlo
con maggiore credibilità ed autorevolezza se riuscirà esso
per primo a organizzarsi meglio al proprio interno; e la stessa formazione
del calendario dei prossimi mesi dovrà costituire un'occasione
per orientare pi decisamente l'azione consiliare in direzione
dell'interesse generale del servizio, evitando dispersioni, accavallamenti
e sovrapposizioni di attività ed impegnando, se necessario, le
Commissioni in un numero di settimane "bianche" anche maggiore
che nel passato. Il sacrificio in tal modo richiesto sarà compensato
(almeno si spera) dal superamento della situazione d'affanno in cui si
è costretti attualmente ad operare, e dal recupero di condizioni
capaci di produrre decisioni pi rapide ed efficaci.

Chiediamo, inoltre, che siano ripristinate le pubblicazioni sul "Notiziario"
dei resoconti delle sedute plenarie e ripresa con urgenza la pratica relativa
alla Relazione al Parlamento sullo stato della giustizia.

24 03 2003
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