Ddl sulla competitività tra amnistie mascherate e processo civile stravolto

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In sede di esame per la conversione del decreto legge sulla "competitività" è stato presentato, davanti alla Commissione Bilancio del Senato, un maxi - emendamento contenente la delega al Governo sia per la riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali, sia per estendere a tutte le controversie civili il nuovo rito societario ed i principi contenuti - con riferimento al giudizio di cassazione ed all'arbitrato - nel disegno di legge delega per la riforma del c.p.c. approvato dal Consiglio dei Ministri il 24 ottobre 2003 e ad oggi, per quanto risulta, non ancora assegnato all'esame delle Commissioni Giustizia del Parlamento.

In particolare viene ridotta la pena massima per alcune fattispecie di bancarotta fraudolenta da 10 a 4 anni di reclusione con la conseguenza che il termine massimo di prescrizione scenderebbe da 22 anni e mezzo e 7 anni e mezzo. Un vero e proprio colpo di spugna che travolge larga parte dei processi penali per bancarotta fraudolenta. Ed un segno emblematico del rapporto esistente per molti tra "competitività" e bancarotta.

Le scelte operate non sono condivisibili in alcun modo nè sul piano del metodo, nè su quello del merito.

Il presente intervento legislativo supera e butta nel cestino, ignorando elaborazioni e discussioni, disegni di legge precedenti a volte già ampiamente discussi dentro e fuori dal Parlamento. Viene posto nel nulla il testo sulla riforma urgente del processo civile presentato il 21 dicembre 2001 al Consiglio dei Ministri e, dopo l'unificazione con altre proposte, approvato all'unanimità dalla Commissione Giustizia della Camera il 16 luglio 2003. Viene depotenziato in punti significativi il testo della "miniriforma" rielaborato dalla Commissione Giustizia del Senato. Viene attuata - con una singolare scelta del rito rimessa alle parti, e con gravi effetti sul piano organizzato - l'estensione ad ogni controversia civile del nuovo processo societario. Il Governo viene delegato ad introdurre rilevanti ed inaccettabili modifiche sul giudizio di cassazione e sull'arbitrato, mentre l'esame del disegno di legge delega per la riforma del c.p.c. approvato dal Consiglio dei Ministri il 24 ottobre 2003 e da cui quelle modifiche sono tratte, non risulta neppure iniziato dalle componenti commissioni parlamentari.

Siamo ai colpi di mano e al caos normativo che espropriano il parlamento di una reale discussione e ignorano e rendono inutile il contributo già pi volte fornito dalla dottrina, dall'avvocatura, dall'università e dalla magistratura.

Con un decreto legge convertito si pretende di modificare radicalmente il processo civile, estendendo un modello come quello del diritto societario, non solo ancora poco sperimentato, ma che rischia di reintrodurre il processo scritto di vecchia memoria, fondato sullo scambio di memorie, che rischia di inaridire la dialettica tra giudice e parti e di allungare ulteriormente i tempi del processo.

A fronte dell'incertezza e dell'instabilità data dal sovrapporsi di interventi normativi attuati o semplicemente annunciati, continua a mancare ogni intervento diretto ad incidere su quelle carenze strutturali e materiali che la magistratura tutta e non da sola, continua inutilmente a denunciare.

Non possiamo quindi che esprimere la nostra più ampia preoccupazione e la nostra pi radicale opposizione al metodo seguito e al merito dei provvedimenti proposti.

01 05 2005
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