[Area] 7 minuti e referendum costituzionale

thorgiov thorgiov a libero.it
Ven 2 Dic 2016 10:47:18 CET


Sicuramente la riforma costituzionale e l'Italicum sono stati pensati 
per favorire una determinata parte politica, e difatti sono state 
approvate entrambe a colpi di maggioranza. Di ciò si sono accorte tutte 
le opposizioni, ivi compresa quella interna al PD . Il popolo italiano è 
un popolo sostanzialmente anarchico, che non ama le egemonie, e sembra 
aver reagito molto male. Ma questo lo si potrà verificare lunedì. E 
Renzi, di fronte alla ostilità crescente, che cosa fa ? Compare in tutti 
i telegiornali e le trasmissioni televisive, in maniera ossessiva, 
ripetendo che questa non è la sua riforma ma riguarda tutti i cittadini, 
nel senso che non è finalizzata a favorire una determinata politica. 
Subito dopo aggiunge che se vincerà il SI lui si farà dare un mandato 
dal Parlamento per porre il veto sul bilancio europeo, per mettere con 
le spalle al muro i Paesi dell'Est Europa che rifiutano di ospitare i 
migranti. Si contraddice da solo, in maniera palese. Ormai è chiaro a 
tutti che il voto riguarda le politiche del Governo Renzi. Ma è stato 
proprio il buon Matteo a voler personalizzare a tutti i costi il 
confronto. Lo ripeto : sta giocando d'azzardo. Il vero rischio è quello 
di una crisi di sistema, come ha giustamente evidenziato ieri sera il 
filosofo Cacciari in una trasmissione televisiva.

FELICE   PIZZI  ( Giudice del contenzioso del Tribunale di Napoli Nord )


Il 01/12/2016 19:49, mario ardigo ha scritto:
>  Negli ultimi mesi ho cercato di spiegare i contenuti della revisione 
> costituzionale alle persone della mia cerchia. Questo è stato un 
> lavoro più semplice che spiegare l'ideologia politica che c'è dietro 
> le riforme istituzionali legge elettorale/revisione costituzionale. In 
> parte perché questa ideologia è in genere taciuta, in parte perché il 
> nucleo di governo che ne ha permesso l'attuazione legislativa ne è in 
> gran parte estraneo. In parole più chiare: quell'ideologia nasce nella 
> sinistra cristiano sociale, ma Renzi appartiene ad un altra storia, 
> l'ha adottata opportunisticamente e infatti non ne riesce ad 
> esplicitare i veri contenuti, nonostante la sua intensa attività di 
> propaganda degli ultimi giorni.
>  La sinistra cristiano sociale condivide con quella comunista l'idea 
> che la democrazia vada verso il progresso sociale, nel senso 
> dell'allargamento e attuazione dei diritti sociali di massa, con una 
> stabile egemonia politica di partiti di sinistra: o di un solo partito 
> o di un bipolarismo sinistra/sinistra. Non vede nessuna utilità 
> sociale in un'alternanza politica destra/sinistra, perché la destra, 
> alternandosi alla sinistra, colpirà i diritti sociali istituiti dalla 
> sinistra. E' ciò che, per la prima volta nella storia statunitense, 
> sta affermandosi nell'alternanza Obama/Trump. L'ideologia liberale, 
> risalente ai primordi della democrazia contemporanea, al pensiero 
> politico francese e statunitense del Settecento, vede invece la 
> stabilizzazione dell'ordine democratico in un'alternanza 
> destra/destra, quindi di due forze molto caricate ideologicamente di 
> rispetto della personalità individuale e della proprietà che, 
> facendosi da contrappeso, impediscano la degenerazione dispotica. 
> Quando si prendono come riferimento i sistemi britannico e 
> statunitense è a questo che ci si riferisce. In questi sistemi il 
> presupposto dell'alternanza è che i competitori in grado di vincere 
> siano destra/destra. Il passaggio di consegne tra Obama e Trump 
> risalta perché appare del tipo sinistra/destra, e infatti negli ultimi 
> anni, sotto la presidenza Obama, sono aumentate le correnti socialiste 
> (impersonate nelle ultime presidenziali dal candidato Bernie Sanders). 
> Analogamente sta accadendo nel Regno Unito nell'era Corbyn. Entrambe 
> queste correnti socialiste, in Europa e in America, vengono ritenute 
> inadatte a competere per il governo, non rientrando nello schema 
> liberale destra/destra.
> Nei sistemi politici statunitensi e britannici le ideologie politiche 
> dei maggiori competitori politici divergono lievemente. Ne è 
> dimostrazione quella del laburista Tony Blair, a cui si ispira il 
> nostro Renzi. Ha fatto eccezione la presidenza Obama, che, con la 
> riforma della previdenza sanitaria pubblica, ha varato norme di tipo 
> socialista.
>   Gran parte della prima Repubblica è stata caratterizzata 
> dall'egemonia di un partito di centro che "guardava" verso sinistra. 
> Una situazione derivata dalla collocazione dell'Italia in campo 
> Occidentale dopo la Seconda Guerra Mondiale, originata dagli accordi 
> di Yalta, ai quali gli italiani furono estranei. Dal '48 al '94 l'asse 
> politico si è spostato sempre verso sinistra, con rarissime eccezioni. 
> Oggi, ad esempio, il craxismo viene considerato un precursore del 
> berlusconismo, ma negli anni '80 era una forza di sinistra, 
> socialista, che ad un certo punto sostituì la DC nell'egemonia di 
> governo. Dal '48 al '94 l'ideologia politica di fondo che univa forze 
> di governo e forze dell'opposizione comunista (che per alcuni anni non 
> fu più opposizione) fu nel senso di "guardare" verso sinistra. E la 
> "Terza Fase" progettata da Moro negli anni '70 era nel senso di 
> produrre un'alternanza centrosinistra/sinistra, DC/PCI nell'egemonia 
> di governo, con reciproca legittimazione. L'ideologia del compromesso 
> storico di Berlinguer andava invece nel senso del partito unico di 
> sinistra egemone.
>  Dal 1994, invece, si produsse, nel bipolarismo indotto dalla nuova 
> legge elettorale (che in Italia ha forma di legge ordinaria ma natura 
> di legge costituzionale), un'alternanza destra/sinistra. Il sistema di 
> pesi e contrappesi che ciò comportò, in una polemica politica 
> fortissima tra i due maggiori competitori, guastò i progetti di 
> riforma della destra neoreaganiana, ma anche quelli della neo sinistra 
> cristiano sociale /neo-post-comunista. In un'alternanza 
> destra/sinistra ciascuna coalizione sfasciava ciò che l'altra aveva 
> realizzato. Con la riforma elettorale e la revisione costituzionale 
> del 2005 la destra cercò di produrre un sistema ad egemonia permanente 
> di un coalizione di destra. La riforma costituzionale non venne 
> confermata nel referendum del 2006 e il sistema politico, per effetto 
> della nuova legge elettorale, divenne instabile. A partire dalla crisi 
> politica dell'autunno 2011 in ambiente cristiano sociale si cominciò a 
> progettare una riforma con legge elettorale/revisione costituzionale 
> che potesse portare all'egemonia permanente di un partito 
> "maggioritario" di sinistra, vale a dire di un partito che, ottenuta 
> inizialmente una forte maggioranza artificiale in una Camera dei 
> deputati diventata unica competente a votare la fiducia al governo, 
> attraverso un intenso attivismo di governo consolidasse nella nazione 
> la propria base politica riducendo a frammenti minoritari la destra 
> intorno. Ciò è all'origine della legge di revisione costituzionale 
> oggetto del prossimo referendum. Questo progetto politico non venne 
> tuttavia esplicitato nei disegni di legge di riforma, né nelle 
> trattative condotte con la destra, ma si ritrova nel pensiero degli 
> ideologi della riforma. La destra cercava di produrre qualcosa di 
> simile nel proprio ambito, una specie di peronismo, e si arrivò agli 
> accordi che, dal 2013 al 2015, sorressero l'iter legislativo della 
> revisione costituzionale. Perché poi la destra si sganciò? 
> Fondamentalmente perché, ad un certo punto, fu chiaro che non sarebbe 
> stata più uno dei competitori nel nuovo sistema, essendo stata 
> surclassata da altra forza politica emergente. Data l'impostazione 
> della riforma, le prime elezioni politiche dopo la revisione 
> costituzionale avrebbero segnato la resa dei conti tra i due maggiori 
> competitori e la fine della loro (precaria) intesa. Poi sarebbe 
> iniziata una lunga fase di egemonia di uno di loro.
>  Ciò detto, è chiaro che la revisione costituzionale, ideata per 
> funzionare a favore della sinistra (questo è importante capirlo!), può 
> funzionare anche a favore di altri competitori. Essa è stata 
> ingegnosamente costruita in modo da offrire una straordinaria 
> resistenza a future correzioni, in particolare attraverso i poteri del 
> nuovo Senato il quale, poco influente nel campo delle autonomie 
> locali, ha il potere di mettersi irrimediabilmente di traverso sulle 
> revisioni costituzionali. In un sistema politico instabile come quello 
> italiano può creare le premesse per una lunga egemonia di forze di 
> destra, favorite dal trumpismo globale. Ma anche nel campo di sinistra 
> vi sono problemi. Essenzialmente per il carattere cangiante e 
> proteiforme del renzismo, che non fa riferimento né all'ideologia 
> cristiano sociale né a quella comunista. Da ciò deriva che si sta per 
> rafforzare molto la posizione del Governo e del partito di governo 
> senza poter prevedere chiaramente il progetto politico di riforma al 
> quale la loro egemonia servirà. Tutti i maggiori competitori parlano 
> molto di "riforme" (hanno capito infatti che ad esse è finalizzata la 
> prolungata egemonia del Governo/partito che vincerà le elezioni 
> politiche), senza però esplicitarne il contenuto. Ma, a chi obietta 
> loro che la revisione è "di destra", i fautori del SI' al referendum, 
> in gran parte schierati a sinistra, possono legittimamente obiettare 
> che la riforma è in effetti "di sinistra".
>   Nel decidere se confermare la riforma bisogna tener presenti i 
> rischi politici che presenta.
>  Primo rischio: inaugurare una lunga stagione di governo (senza più 
> alternanza destra/sinistra) del partito di governo opposto al proprio.
>  Secondo rischio: potenziando il governo,in  un quadro senza più 
> alternanza (né destra/sinistra, né sinistra/sinistra) quindi senza più 
> contrappesi, possono  prodursi  una "casta", vale a dire una classe di 
> funzionari politici inamovibili di osservanza governativa, coalizzati 
> in cordate di potere, in "cerchi magici", e, a stretto giro,   
> degenerazioni in  fenomeni corruttivi, analogamente a ciò che si 
> produsse negli anni '80 in un sistema complessivamente orientato a 
> sinistra.
>  Terzo rischio: il fatto che i governi del nuovo corso, come in fondo 
> sta già avvenendo, siano spinti a consolidare la propria presa 
> politica nella popolazione, in particolare nelle masse dei lavoratori, 
> attraverso progetti sociali e propaganda (peronismo), può deprimere 
> fortemente l'azione di controllo democratico che ci si aspetta, verso 
> il personale di governo, da parte delle strutture del partito di 
> governo. Quest'ultimo, allora, tenderà a trasformarsi da partito "di" 
> governo a partito "del" governo. Tutto ciò aggravato da fatto che 
> agente operativo del governo non sarà più una coalizione, come al 
> tempo dell'alternanza bipolare e secondo il modello del berlusconismo, 
> ma, appunto, un singolo partito. Sarà molto più difficile la vita dei 
> dissenzienti all'interno del partito "del" governo. Nel PD la 
> componente cristiano sociale si è complessivamente adeguata 
> all'indirizzo della segreteria (da ultimo con la dichiarazione di voto 
> di Prodi), essendo ben consapevole dell'origine dell'ideologia della 
> riforma. Per la componente comunista i problemi potrebbero farsi molto 
> più gravi, essendo spinta verso l'esterno in quanto irriducibile (è 
> l'accusa che è stata mossa a Bersani, il suo essere erede della storia 
> del comunismo italiano), a costituire un frammento minoritario che 
> ruota, ininfluente, intorno al partito maggioritario. Nelle altre 
> componenti è ancora più difficile fare previsioni per il loro 
> carattere estremamente instabile, dove non si intravvede un gruppo di 
> comando analogo a quello renziano.
>  Sui problemi tecnico - giuridici della revisione si è diffuso 
> benissimo e in termini comprensibili a tutti Gustavo Zagrebelsky.
>  Mario Ardigò  - Roma
>
>
> Il Martedì 29 Novembre 2016 20:35, Maria Elena Mastrojanni 
> <mariaelena.mastrojanni a virgilio.it> ha scritto:
>
>
> È incredibile come l'arte possa evocare associazioni di idee così 
> forti....anche a me, nel guardare il gran bel film di Placido (la cui 
> visione caldamente consiglio), istintivamente mi era venuto di 
> accostare il NO delle operaie della fabbrica al NO del prossimo 
> referendum....
> M.e.m.
>
> Inviato da iPhone
>
> Il giorno 29 nov 2016, alle ore 19:35, Pasquale Profiti 
> <pasquale.profiti a gmail.com <mailto:pasquale.profiti a gmail.com>> ha 
> scritto:
>
>> Incollo il testo di un articolo pubblicato su due quotidiani locali 
>> del Trentino Alto Adige. Il tono è evocativo e il contenuto poco 
>> tecnico. In più è lungo, quindi il tasto CANC ​è una condivisibile 
>> opzione. Cordiali saluti a tutte/i
>>
>> 7 minuti. E’ il titolo del recente film di Michele Placido e di uno 
>> spettacolo teatrale; ma non solo. E’ la storia di diritti che sono 
>> trattati come privilegi e di privilegi che diventano diritti. E’ una 
>> storia di abitudine a dire sempre SI al più forte perché, si pensa, 
>> dopo le cose cambieranno. E’ una storia di paure, la paura a dire NO 
>> alla limitazione dei propri diritti ed al privilegio altrui, per il 
>> timore di perdere ancora di più. E’ una storia di illusioni: 
>> l’illusione che se oggi diciamo SI, chi sa, un domani non ce ne 
>> chiederanno altri.
>> Un gruppo di operaie ed impiegate, giovani e meno giovani, madri e 
>> figlie, straniere ed italiane devono accettare una proposta della 
>> nuova proprietà della loro fabbrica. Perdere 7 minuti dei 15 che sono 
>> rimasti loro di pausa pranzo. In cambio? il mantenimento del posto di 
>> lavoro. Le donne temevano di essere buttate su una strada, la 
>> chiusura della fabbrica e, con essa, il passaggio alla povertà. Quel 
>> lavoro è tutto, per loro, quel lavoro è sentito come un privilegio. 
>> Che cosa possono essere 7 minuti a fronte del lavoro, quel lavoro che 
>> tante hanno già perso? A proporre la perdita di 7 minuti è una donna, 
>> la nuova proprietaria. Ha fretta ed è infastidita. Perché mai quelle 
>> operaie si prendono tutto quel tempo per accettare la sua proposta? 
>> Non conosce nulla della vita di quelle donne, non sa chi sono e come 
>> vivono e non le interessa più di tanto. Trenta anni fa la pausa 
>> pranzo era di 45 minuti. Tanti SI sono stati già detti prima, in nome 
>> del cambiamento, del nuovo che bisogna provare, per non perdere 
>> ulteriormente, sperando che fosse l’ultimo.
>> L’operaia più anziana li conosce tutti quei SI dati in precedenza e 
>> conosce quanto hanno pesato sulla sua pelle. Conosce anche la 
>> speranza, vana, che quelli dati fossero gli ultimi SI. E questa volta 
>> propone un NO alle sue sorprese colleghe.
>> Quell’ennesimo SI, richiesto alle lavoratrici del film, somiglia 
>> molto al SI che viene proposto dai revisori della Costituzione per il 
>> referendum del 4 dicembre.
>> E’ un SI, si dice, per cambiare, per essere più velocemente governati 
>> da chi prende in mano il paese per 5 anni, decide per noi e poi si 
>> sottopone al nostro nuovo giudizio.
>> Non è così e non sarà così. Quel SI che ci viene richiesto è un SI a 
>> governi che, come in passato, rappresenteranno una minoranza del 
>> paese; è un SI per farci continuare a passare sopra le nostre teste 
>> decisioni rapide di cui non capiremo nulla fin quando sarà troppo 
>> tardi; è un SI per toglierci possibilità di votare per eleggere 
>> organi che decideranno molto del nostro futuro; è un SI a qualcosa di 
>> cui nessuno sa dirci come sarà; è un SI che ci viene richiesto come 
>> una scommessa, perché, si dice, bisogna vedere come funzionerà.
>> NO, questa volta sappiamo già come funzionerà: esattamente come ha 
>> funzionato negli ultimi 25 anni, con leggi che tutelano pochi a 
>> scapito dei molti, che rubano il futuro alle nuove generazioni, senza 
>> stanare le sacche di paratissimo.
>> Il NO dirà molto. E’ un NO a chi in futuro governerà tentando di 
>> preservare gli interessi dei pochi che lo sostengono; è un NO ai 
>> governi che monopolizzano l’attività del Parlamento e fanno passare 
>> solo le regole che servono a consolidare ed incrementare il potere di 
>> chi già lo ha; è un NO all’abuso dei decreti legge, delle leggi 
>> delega, delle procedure d’urgenza e della fiducia, per tornare alla 
>> Costituzione, che voleva che le leggi fossero discusse e chiarite in 
>> parlamento, non in stanze oscure dentro le quali non si sa chi vi 
>> partecipa. E’ un NO al tentativo di dare ai governi che verranno 
>> ulteriori strumenti per controllare il Parlamento, come se non ne 
>> avessero già abbastanza: il voto a data certa, previsto dal nuovo 
>> art. 70, consentirà ancor di più di oggi di eliminare qualsiasi 
>> spazio di dialogo e spiegazione ai cittadini, imponendo la forza dei 
>> numeri parlamentari al bene del paese.
>> E’ un NO all’idea che il governo centrale sia meglio della 
>> responsabilizzazione delle autonomie locali, con il riaccentramento 
>> di importante competenze allo Stato voluto dalla riforma; è un NO 
>> all’imposizione dall’alto delle decisioni sulla pelle dei territori 
>> senza che nemmeno si possa discutere; è un NO al conflitto sociale 
>> che si genererà imponendo dall’alto, alle comunità locali, scelte 
>> accettabili solo dal punto di vista di chi non deve sopportarne le 
>> conseguenze, come avverrà con la clausola di supremazia statale 
>> prevista dalla riforma all’art. 117 co. 4 e che, pur riguardando le 
>> autonomie locali, il riformatore si è ben guardato dall’inserire tra 
>> le materie che rimarranno a competenza bicamerale paritaria, 
>> lasciandola invece tra quella a prevalenza della camera dei deputati.
>> E’ un NO all’ulteriore aumento delle distanze tra cittadini ed 
>> istituzioni pubbliche e della conseguente disaffezione alla 
>> partecipazione, con l’eliminazione dell’elezione diretta del Senato, 
>> delle aree metropolitane, degli enti a dimensione intermedia tra 
>> comuni e regioni, affidate a meccanismi elettorali indiretti del 
>> tutto incerti, mentre quelli già previsti dalla riforma per il Senato 
>> appaiono solo una vera e propria cooptazione partitica, che nulla 
>> lascia alle preferenze dei cittadini.
>> E’ un NO che vorrà dire basta alle mistificazioni propagandistiche, 
>> perché non è la Costituzione che vuole i vitalizi e gli stipendi a 
>> due cifre, néprevede apparati burocratici superflui: quelli li hanno 
>> voluto altri.
>> E’ un NO che vuole affermare chiaro e forte che se qualcosa non è 
>> andato nel nostro Paese, ciò è accaduto non per la Costituzione, ma 
>> nonostante la Costituzione, che ci ha spesso preservato da un declino 
>> economico e culturale che per colpa di altri è stato avviato: la 
>> Costituzione ha consentito di eliminare le leggi ad personam, 
>> provvedimenti iniqui in materia di pensione e blocco degli stipendi, 
>> le ataviche culture discriminatorie di genere. E’ la Costituzione che 
>> ci ha portato da paese agricolo ed analfabeta, con scarsa propensione 
>> alla democrazia, ad un paese che ha saputo combattere autoritarismi e 
>> terrorismo, mafia e corruzione, grazie allo spirito che ha animato la 
>> sua approvazione e che ci ha fatto crescere nonostante i nostri gravi 
>> problemi.
>> E’ un NO che vuole affermare con nitidezza che le regole non devono 
>> essere veloci, ma chiare e supportate da una spiegata e meditata 
>> visione politica, perché solo così saranno intese come regole 
>> rispettabili e per questo rispettate. Quel rispetto che la 
>> Costituzione si è guadagnata sul campo, per ciò che ci ha dato. Di 
>> più non poteva fare, perché lei ci ha dato una rotta, che ci ha 
>> impedito di schiantarci contro gli scogli, ma nulla può se i capitani 
>> della nave hanno deciso da molti anni di non seguirla, quella rotta, 
>> nella disaffezione o disattenzione di noi cittadini passeggeri della 
>> nave.
>> Con il NO, forse, abbiamo ancora una speranza di riprenderla in mano 
>> quella rotta della nostra Costituzione: la rotta dell’equità sociale 
>> e delle pari opportunità, contro la direzione voluta dai governi 
>> delle minoranze nel paese che presidiano gli interessi di pochi. La 
>> stessa scelta delle donne lavoratrici sui loro sette minuti: 
>> sottomettersi ancora una volta al ricatto di chi continua a togliere 
>> diritti o cominciare a dire, finalmente, NO, per tentare di 
>> riconquistarli.
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