[Area] 7 minuti e referendum costituzionale

mario ardigo marioardigo a yahoo.com
Gio 1 Dic 2016 19:49:21 CET


 Negli ultimi mesi ho cercato di spiegare i contenuti della revisione costituzionale alle persone della mia cerchia. Questo è stato un lavoro più semplice che spiegare l'ideologia politica che c'è dietro le riforme istituzionali legge elettorale/revisione costituzionale. In parte perché questa ideologia è in genere taciuta, in parte perché il nucleo di governo che ne ha permesso l'attuazione legislativa ne è in gran parte estraneo. In parole più chiare: quell'ideologia nasce nella sinistra cristiano sociale, ma Renzi appartiene ad un altra storia, l'ha adottata opportunisticamente e infatti non ne riesce ad esplicitare i veri contenuti, nonostante la sua intensa attività di propaganda degli ultimi giorni. La sinistra cristiano sociale condivide con quella comunista l'idea che la democrazia vada verso il progresso sociale, nel senso dell'allargamento e attuazione dei diritti sociali di massa, con una stabile egemonia politica di partiti di sinistra: o di un solo partito o di un bipolarismo sinistra/sinistra. Non vede nessuna utilità sociale in un'alternanza politica destra/sinistra, perché la destra, alternandosi alla sinistra, colpirà i diritti sociali istituiti dalla sinistra. E' ciò che, per la prima volta nella storia statunitense, sta affermandosi nell'alternanza Obama/Trump. L'ideologia liberale, risalente ai primordi della democrazia contemporanea, al pensiero politico francese e statunitense del Settecento, vede invece la stabilizzazione dell'ordine democratico in un'alternanza destra/destra, quindi di due forze molto caricate ideologicamente di rispetto della personalità individuale e della proprietà che, facendosi da contrappeso, impediscano la degenerazione dispotica. Quando si prendono come riferimento i sistemi britannico e statunitense è a questo che ci si riferisce. In questi sistemi il presupposto dell'alternanza è che i competitori in grado di vincere siano destra/destra. Il passaggio di consegne tra Obama e Trump risalta perché appare del tipo sinistra/destra, e infatti negli ultimi anni, sotto la presidenza Obama, sono aumentate le correnti socialiste (impersonate nelle ultime presidenziali dal candidato Bernie Sanders). Analogamente sta accadendo nel Regno Unito nell'era Corbyn. Entrambe queste correnti socialiste, in Europa e in America, vengono ritenute inadatte a competere per il governo, non rientrando nello schema liberale destra/destra.Nei sistemi politici statunitensi e britannici le ideologie politiche dei maggiori competitori politici divergono lievemente. Ne è dimostrazione quella del laburista Tony Blair, a cui si ispira il nostro Renzi. Ha fatto eccezione la presidenza Obama, che, con la riforma della previdenza sanitaria pubblica, ha varato norme di tipo socialista.   Gran parte della prima Repubblica è stata caratterizzata dall'egemonia di un partito di centro che "guardava" verso sinistra. Una situazione derivata dalla collocazione dell'Italia in campo Occidentale dopo la Seconda Guerra Mondiale, originata dagli accordi di Yalta, ai quali gli italiani furono estranei. Dal '48 al '94 l'asse politico si è spostato sempre verso sinistra, con rarissime eccezioni. Oggi, ad esempio, il craxismo viene considerato un precursore del berlusconismo, ma negli anni '80 era una forza di sinistra, socialista, che ad un certo punto sostituì la DC nell'egemonia di governo. Dal '48 al '94 l'ideologia politica di fondo che univa forze di governo e forze dell'opposizione comunista (che per alcuni anni non fu più opposizione) fu nel senso di "guardare" verso sinistra. E la "Terza Fase" progettata da Moro negli anni '70 era nel senso di produrre un'alternanza centrosinistra/sinistra, DC/PCI nell'egemonia di governo, con reciproca legittimazione. L'ideologia del compromesso storico di Berlinguer andava invece nel senso del partito unico di sinistra egemone. Dal 1994, invece, si produsse, nel bipolarismo indotto dalla nuova legge elettorale (che in Italia ha forma di legge ordinaria ma natura di legge costituzionale), un'alternanza destra/sinistra. Il sistema di pesi e contrappesi che ciò comportò, in una polemica politica fortissima tra i due maggiori competitori, guastò i progetti di riforma della destra neoreaganiana, ma anche quelli della neo sinistra cristiano sociale /neo-post-comunista. In un'alternanza destra/sinistra ciascuna coalizione sfasciava ciò che l'altra aveva realizzato. Con la riforma elettorale e la revisione costituzionale del 2005 la destra cercò di produrre un sistema ad egemonia permanente di un coalizione di destra. La riforma costituzionale non venne confermata nel referendum del 2006 e il sistema politico, per effetto della nuova legge elettorale, divenne instabile. A partire dalla crisi politica dell'autunno 2011 in ambiente cristiano sociale si cominciò a progettare una riforma con legge elettorale/revisione costituzionale che potesse portare all'egemonia permanente di un partito "maggioritario" di sinistra, vale a dire di un partito che, ottenuta inizialmente una forte maggioranza artificiale in una Camera dei deputati diventata unica competente a votare la fiducia al governo, attraverso un intenso attivismo di governo consolidasse nella nazione la propria base politica riducendo a frammenti minoritari la destra intorno. Ciò è all'origine della legge di revisione costituzionale oggetto del prossimo referendum. Questo progetto politico non venne tuttavia esplicitato nei disegni di legge di riforma, né nelle trattative condotte con la destra, ma si ritrova nel pensiero degli ideologi della riforma. La destra cercava di produrre qualcosa di simile nel proprio ambito, una specie di peronismo, e si arrivò agli accordi che, dal 2013 al 2015, sorressero l'iter legislativo della revisione costituzionale. Perché poi la destra si sganciò? Fondamentalmente perché, ad un certo punto, fu chiaro che non sarebbe stata più uno dei competitori nel nuovo sistema, essendo stata surclassata da altra forza politica emergente. Data l'impostazione della riforma, le prime elezioni politiche dopo la revisione costituzionale avrebbero segnato la resa dei conti tra i due maggiori competitori e la fine della loro (precaria) intesa. Poi sarebbe iniziata una lunga fase di egemonia di uno di loro. Ciò detto, è chiaro che la revisione costituzionale, ideata per funzionare a favore della sinistra (questo è importante capirlo!), può funzionare anche a favore di altri competitori. Essa è stata ingegnosamente costruita in modo da offrire una straordinaria resistenza a future correzioni, in particolare attraverso i poteri del nuovo Senato il quale, poco influente nel campo delle autonomie locali, ha il potere di mettersi irrimediabilmente di traverso sulle revisioni costituzionali. In un sistema politico instabile come quello italiano può creare le premesse per una lunga egemonia di forze di destra, favorite dal trumpismo globale. Ma anche nel campo di sinistra vi sono problemi. Essenzialmente per il carattere cangiante e proteiforme del renzismo, che non fa riferimento né all'ideologia cristiano sociale né a quella comunista. Da ciò deriva che si sta per rafforzare molto la posizione del Governo e del partito di governo senza poter prevedere chiaramente il progetto politico di riforma al quale la loro egemonia servirà. Tutti i maggiori competitori parlano molto di "riforme" (hanno capito infatti che ad esse è finalizzata la prolungata egemonia del Governo/partito che vincerà le elezioni politiche), senza però esplicitarne il contenuto. Ma, a chi obietta loro che la revisione è "di destra", i fautori del SI' al referendum, in gran parte schierati a sinistra, possono legittimamente obiettare che la riforma è in effetti "di sinistra".   Nel decidere se confermare la riforma bisogna tener presenti i rischi politici che presenta. Primo rischio: inaugurare una lunga stagione di governo (senza più alternanza destra/sinistra) del partito di governo opposto al proprio. Secondo rischio: potenziando il governo,in  un quadro senza più alternanza (né destra/sinistra, né sinistra/sinistra) quindi senza più contrappesi, possono  prodursi  una "casta", vale a dire una classe di funzionari politici inamovibili di osservanza governativa, coalizzati in cordate di potere, in "cerchi magici", e, a stretto giro,   degenerazioni in  fenomeni corruttivi, analogamente a ciò che si produsse negli anni '80 in un sistema complessivamente orientato a sinistra. Terzo rischio: il fatto che i governi del nuovo corso, come in fondo sta già avvenendo, siano spinti a consolidare la propria presa politica nella popolazione, in particolare nelle masse dei lavoratori, attraverso progetti sociali e propaganda (peronismo), può deprimere fortemente l'azione di controllo democratico che ci si aspetta, verso il personale di governo, da parte delle strutture del partito di governo. Quest'ultimo, allora, tenderà a trasformarsi da partito "di" governo a partito "del" governo. Tutto ciò aggravato da fatto che agente operativo del governo non sarà più una coalizione, come al tempo dell'alternanza bipolare e secondo il modello del berlusconismo, ma, appunto, un singolo partito. Sarà molto più difficile la vita dei dissenzienti all'interno del partito "del" governo. Nel PD la componente cristiano sociale si è complessivamente adeguata all'indirizzo della segreteria (da ultimo con la dichiarazione di voto di Prodi), essendo ben consapevole dell'origine dell'ideologia della riforma. Per la componente comunista i problemi potrebbero farsi molto più gravi, essendo spinta verso l'esterno in quanto irriducibile (è l'accusa che è stata mossa a Bersani, il suo essere erede della storia del comunismo italiano), a costituire un frammento minoritario che ruota, ininfluente, intorno al partito maggioritario. Nelle altre componenti è ancora più difficile fare previsioni per il loro carattere estremamente instabile, dove non si intravvede un gruppo di comando analogo a quello renziano.  Sui problemi tecnico - giuridici della revisione si è diffuso benissimo e in termini comprensibili a tutti Gustavo Zagrebelsky. Mario Ardigò  - Roma 

    Il Martedì 29 Novembre 2016 20:35, Maria Elena Mastrojanni <mariaelena.mastrojanni a virgilio.it> ha scritto:
 

 È incredibile come l'arte possa evocare associazioni di idee così forti....anche a me, nel guardare il gran bel film di Placido (la cui visione caldamente consiglio), istintivamente mi era venuto di accostare il NO delle operaie della fabbrica al NO del prossimo referendum....M.e.m.
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Il giorno 29 nov 2016, alle ore 19:35, Pasquale Profiti <pasquale.profiti a gmail.com> ha scritto:


Incollo il testo di un articolo pubblicato su due quotidiani locali del Trentino Alto Adige. Il tono è evocativo e il contenuto poco tecnico. In più è lungo, quindi il tasto CANC ​è una condivisibile opzione. Cordiali saluti a tutte/i
7minuti. E’ il titolo del recente film di Michele Placido e di uno spettacoloteatrale; ma non solo. E’ la storia di diritti che sono trattati come privilegie di privilegi che diventano diritti. E’ una storia di abitudine a dire sempreSI al più forte perché, si pensa, dopo le cose cambieranno. E’ una storia dipaure, la paura a dire NO alla limitazione dei propri diritti ed al privilegioaltrui, per il timore di perdere ancora di più. E’ una storia di illusioni:l’illusione che se oggi diciamo SI, chi sa, un domani non ce ne chiederanno altri. Ungruppo di operaie ed impiegate, giovani e meno giovani, madri e figlie,straniere ed italiane devono accettare una proposta della nuova proprietà dellaloro fabbrica. Perdere 7 minuti dei 15 che sono rimasti loro di pausa pranzo.In cambio? il mantenimento del posto di lavoro. Le donne temevano di esserebuttate su una strada, la chiusura della fabbrica e, con essa, il passaggioalla povertà. Quel lavoro è tutto, per loro, quel lavoro è sentito come unprivilegio. Che cosa possono essere 7 minuti a fronte del lavoro, quel lavoroche tante hanno già perso? A proporre la perdita di 7 minuti è una donna, lanuova proprietaria. Ha fretta ed è infastidita. Perché mai quelle operaie siprendono tutto quel tempo per accettare la sua proposta? Non conosce nulladella vita di quelle donne, non sa chi sono e come vivono e non le interessapiù di tanto. Trenta anni fa la pausa pranzo era di 45 minuti. Tanti SI sonostati già detti prima, in nome del cambiamento, del nuovo che bisogna provare,per non perdere ulteriormente, sperando che fosse l’ultimo. L’operaiapiù anziana li conosce tutti quei SI dati in precedenza e conosce quanto hannopesato sulla sua pelle. Conosce anche la speranza, vana, che quelli datifossero gli ultimi SI. E questa volta propone un NO alle sue sorprese colleghe.Quell’ennesimoSI, richiesto alle lavoratrici del film, somiglia molto al SI che vieneproposto dai revisori della Costituzione per il referendum del 4 dicembre.E’ unSI, si dice, per cambiare, per essere più velocemente governati da chi prendein mano il paese per 5 anni, decide per noi e poi si sottopone al nostro nuovogiudizio.Non ècosì e non sarà così. Quel SI che ci viene richiesto è un SI a governi che,come in passato, rappresenteranno una minoranza del paese; è un SI per farcicontinuare a passare sopra le nostre teste decisioni rapide di cui non capiremonulla fin quando sarà troppo tardi; è un SI per toglierci possibilità di votareper eleggere organi che decideranno molto del nostro futuro; è un SI a qualcosadi cui nessuno sa dirci come sarà; è un SI che ci viene richiesto come unascommessa, perché, si dice, bisogna vedere come funzionerà.NO,questa volta sappiamo già come funzionerà: esattamente come ha funzionato negliultimi 25 anni, con leggi che tutelano pochi a scapito dei molti, che rubano ilfuturo alle nuove generazioni, senza stanare le sacche di paratissimo. Il NO dirà molto. E’ un NO a chi in futurogovernerà tentando di preservare gli interessi dei pochi che lo sostengono; èun NO ai governi che monopolizzano l’attività del Parlamento e fanno passare solole regole che servono a consolidare ed incrementare il potere di chi già lo ha;è un NO all’abuso dei decreti legge, delle leggi delega, delle procedured’urgenza e della fiducia, per tornare alla Costituzione, che voleva che leleggi fossero discusse e chiarite in parlamento, non in stanze oscure dentro lequali non si sa chi vi partecipa. E’ un NO al tentativo di dare ai governi che verrannoulteriori strumenti per controllare il Parlamento, come se non ne avessero giàabbastanza: il voto a data certa, previsto dal nuovo art. 70, consentirà ancordi più di oggi di eliminare qualsiasi spazio di dialogo e spiegazione aicittadini, imponendo la forza dei numeri parlamentari al bene del paese. E’ un NOall’idea che il governo centrale sia meglio della responsabilizzazione delleautonomie locali, con il riaccentramento di importante competenze allo Statovoluto dalla riforma; è un NO all’imposizione dall’alto delle decisioni sullapelle dei territori senza che nemmeno si possa discutere; è un NO al conflittosociale che si genererà imponendo dall’alto, alle comunità locali, scelteaccettabili solo dal punto di vista di chi non deve sopportarne le conseguenze,come avverrà con la clausola di supremazia statale prevista dalla riformaall’art. 117 co. 4 e che, pur riguardando le autonomie locali, il riformatoresi è ben guardato dall’inserire tra le materie che rimarranno a competenzabicamerale paritaria, lasciandola invece tra quella a prevalenza della cameradei deputati. E’ un NOall’ulteriore aumento delle distanze tra cittadini ed istituzioni pubbliche edella conseguente disaffezione alla partecipazione, con l’eliminazionedell’elezione diretta del Senato, delle aree metropolitane, degli enti adimensione intermedia tra comuni e regioni, affidate a meccanismi elettorali indirettidel tutto incerti, mentre quelli già previsti dalla riforma per il Senatoappaiono solo una vera e propria cooptazione partitica, che nulla lascia allepreferenze dei cittadini.E’ un NO che vorrà dire basta alle mistificazionipropagandistiche, perché non è la Costituzione che vuole i vitalizi e glistipendi a due cifre, né  prevedeapparati burocratici superflui: quelli li hanno voluto altri.E’ un NOche vuole affermare chiaro e forte che se qualcosa non è andato nel nostroPaese, ciò è accaduto non per la Costituzione, ma nonostante la Costituzione,che ci ha spesso preservato da un declino economico e culturale che per colpadi altri è stato avviato: la Costituzione ha consentito di eliminare le leggiad personam, provvedimenti iniqui in materia di pensione e blocco deglistipendi, le ataviche culture discriminatorie di genere. E’ la Costituzione checi ha portato da paese agricolo ed analfabeta, con scarsa propensione allademocrazia, ad un paese che ha saputo combattere autoritarismi e terrorismo,mafia e corruzione, grazie allo spirito che ha animato la sua approvazione eche ci ha fatto crescere nonostante i nostri gravi problemi.E’ un NOche vuole affermare con nitidezza che le regole non devono essere veloci, machiare e supportate da una spiegata e meditata visione politica, perché solocosì saranno intese come regole rispettabili e per questo rispettate. Quelrispetto che la Costituzione si è guadagnata sul campo, per ciò che ci ha dato.Di più non poteva fare, perché lei ci ha dato una rotta, che ci ha impedito dischiantarci contro gli scogli, ma nulla può se i capitani della nave hanno decisoda molti anni di non seguirla, quella rotta, nella disaffezione o disattenzionedi noi cittadini passeggeri della nave.Con ilNO, forse, abbiamo ancora una speranza di riprenderla in mano quella rottadella nostra Costituzione: la rotta dell’equità sociale e delle pariopportunità, contro la direzione voluta dai governi delle minoranze nel paeseche presidiano gli interessi di pochi. La stessa scelta delle donne lavoratricisui loro sette minuti: sottomettersi ancora una volta al ricatto di chicontinua a togliere diritti o cominciare a dire, finalmente, NO, per tentare diriconquistarli.

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