[Area] dl. 17 febbraio 2017, n. 13 (Disposizioni urgenti per l’accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale, nonché per il contrasto dell’immigrazione illegale)

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Mer 22 Feb 2017 16:17:44 CET


PUBBLICATO DOCUMENTO ASGI-Md sul dl. 17 febbraio 2017 n.13
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ASGI – Magistratura democratica

Decreto legge 17 febbraio 2017, n. 13 (Disposizioni urgenti per 
l’accelerazione dei procedimenti in materia di protezione 
internazionale, nonché per il contrasto dell’immigrazione illegale)

  Con l’emanazione del d.l. 17 febbraio 2017, n. 13 (Disposizioni urgenti 
per l’accelerazione dei procedimenti in materia di protezione 
internazionale, nonché per il contrasto dell’immigrazione illegale), il 
Governo ha scelto di operare mediante lo strumento della legislazione di 
urgenza introducendo modifiche di sistema che presentano profili di 
estrema delicatezza per la salvaguardia di principi costituzionali ed 
internazionali, e che non appaiono idonee a risolvere le attuali 
problematiche del sistema di protezione internazionale italiano.

  Peraltro difetta il necessario presupposto dell’urgenza, trattandosi di 
disposizioni che non sono di immediata applicazione (alcune di esse si 
applicano addirittura trascorsi 180 giorni dall’emanazione del decreto), 
ma che sono finalizzate a ridisegnare completamente la tutela 
giurisdizionale nella materia della protezione internazionale.

  Nel merito le previsioni relative ai procedimenti in materia di 
protezione internazionale appaiono avere l’effetto di allontanare il 
cittadino straniero dal Giudice, limitando le possibilità di 
contraddittorio, anche mediante l’utilizzo della videoregistrazione 
dell'audizione del richiedente asilo, strumento che può essere 
considerato utile alla verifica e all'integrazione istruttoria solo se 
viene garantita la comparizione delle parti e la presenza di un 
mediatore linguistico-culturale.
L’uso della videoregistrazione dell'audizione del richiedente 
potenzialmente sostitutivo dell’audizione dello straniero da parte del 
giudice non è conforme all’obiettivo indicato dalle disposizioni 
previste dal legislatore dell'Unione europea, orientate a rafforzare i 
diritti dei richiedenti protezione internazionale. A tal proposito 
occorre osservare che il diritto dell’Unione valorizza la valutazione 
piena e diretta del giudice ex nunc di tutte le fonti di prova. A tal 
fine appare essenziale l’ascolto diretto e personale del richiedente, 
essendo spesso le dichiarazioni rese dallo stesso gli unici elementi su 
cui si basa la domanda (art. 46 della Direttiva 2013/32/UE)
Lo stesso risultato di obiettiva riduzione delle garanzie processuali 
viene prodotto dall'eliminazione del grado di appello, come denunciato 
dalla stessa Associazione nazionale magistrati - sezione Cassazione che, 
nel proprio comunicato del 14.02.2017, ha evidenziato l'irragionevolezza 
di tale scelta in un ordinamento processuale come il nostro in cui la 
garanzia del doppio grado di merito è prevista anche per controversie 
civili di ben minor valore rispetto all’accertamento se sussista o meno 
in capo allo straniero un fondato rischio di persecuzione o di 
esposizione a torture, trattamenti disumani e degradanti o eventi 
bellici in caso di rientro nel proprio Paese, e l’inevitabile 
trasferimento nel giudizio dinanzi alla Corte di cassazione delle 
criticità e delle disfunzioni che si dichiara di voler eliminare.

  La previsione di sole 14 sezioni specializzate per trattare i 
principali procedimenti aventi come interlocutori le persone straniere 
renderà inoltre più difficoltoso il diritto di difesa della parte, che 
si troverà lontana dal Foro di discussione della propria controversia, 
ostacolando sotto il profilo logistico la concreta possibilità di 
accesso alla giurisdizione.
L'accentramento dei procedimenti in pochi Tribunali rischia di 
accentuare le attuali difficoltà degli Uffici giudiziari coinvolti, che 
vedranno ulteriormente aumentare il carico di lavoro.
In relazione alle novità in tema di prima identificazione e di rimpatrio 
degli stranieri irregolari, si osserva che appare persistere una 
prevalente ottica repressiva del fenomeno, con l’accentuazione degli 
strumenti di rimpatrio forzoso, attraverso alcune modifiche di dettaglio 
della disciplina del rimpatrio (come la previsione del trattenimento 
anche per gli stranieri non espulsi ma respinti, o l’allungamento del 
termine di trattenimento per coloro che hanno già scontato un periodo di 
detenzione in carcere), ma, soprattutto, con la decisione di dare inizio 
all’apertura di numerosi nuovi centri di detenzione amministrativa in 
attesa del rimpatrio (ora chiamati Centri di permanenza per i rimpatri, 
invece che CIE).

  Da anni risulta chiaro come un sistema efficiente di rimpatri non possa 
basarsi solo sull’esecuzione coattiva degli stessi, ma debba, in primo 
luogo, riformare le norme in materia di ingresso e soggiorno, aprendo 
canali di ingresso regolare diversi da quello, ora quasi unico, della 
protezione internazionale, così dando maggiore stabilità ai soggiorni, 
oggi resi precari da disposizioni eccessivamente rigide, riducendo così 
il ricorso all'allontanamento per ipotesi limitate e comunque 
incentivando i rimpatri volontari,con strumenti normativi e finanziari 
specifici).

  Appare quindi necessaria una più ampia e organica revisione delle 
strategie di governo dei flussi migratori, con la rivisitazione delle 
norme del TU immigrazione che impediscono un ordinato programma di 
regolarizzazione ed inserimento controllato dei migranti, prendendo atto 
del fallimento, sotto il profilo dell’effettività e della sostenibilità 
economica, di un approccio esclusivamente orientato all’allontanamento 
forzoso di soggetti le cui precarie condizioni sociali e civili 
interpellano peraltro il tema della garanzia dei diritti fondamentali.
In tal senso insoddisfacente è la scelta di non fornire alcuna 
disciplina dei centri definiti “punti di crisi” (gli hotspot della 
terminologia europea), per il cui funzionamento si rinvia a testi 
normativi (la cd. legge Puglia del 1995) che non contengono alcuna 
precisazione circa la natura di questi luoghi e le funzioni che vi si 
svolgono.

  Si deve rammentare la recente decisione della Grande Camera della Corte 
EDU (sentenza Khlaifia del 15 dicembre 2016), che  ha condannato 
l’Italia proprio in relazione al più noto di questi centri (quello di 
Lampedusa), ritenendoli luoghi chiusi, in cui lo straniero viene privato 
della libertà senza alcuna base legale e senza alcun controllo 
dell’autorità giudiziaria, in violazione di due tra le norme più 
importanti della Costituzione e della CEDU, le norme sulla libertà 
personale (art. 13 Cost. 5 CEDU).

  In moltissime occasioni, poi, le istituzioni europee e il Consiglio 
d’Europa hanno invitato l’Italia a disciplinare per legge le fasi di 
prima accoglienza e di identificazione dei migranti, come avviene in 
pressoché tutti i Paese europei.

  La normativa di nuova introduzione non appare coerente con tali 
sollecitazioni, muovendosi piuttosto nel senso della ulteriore 
destrutturazione della disciplina legale dei fenomeni, affidando al 
potere amministrativo di polizia la gestione di centri che sono a tutti 
gli effetti, e per periodi di tempo spesso significativi, dei luoghi di 
privazione di libertà.

  In conclusione, il complessivo contenuto del decreto legge, nel 
limitare oggettivamente l’accesso alla giurisdizione dei migranti, e 
rafforzare il ruolo della gestione amministrativa delle procedure in cui 
si evidenziano delicatissimi profili di tutela delle libertà 
individuali, ripropone forme di diritto speciale per gli stranieri, in 
materie che riguardano i principi fondamentali di pari dignità e di 
uguaglianza di tutte le persone.

  Le gravi criticità menzionate pongono in ombra ulteriori aspetti, anche 
positivi, contenuti nel decreto legge.

  Per tali ragioni si auspica che in sede parlamentare si tenga conto 
delle gravi criticità evidenziate per pervenire ad una riforma 
complessiva della protezione internazionale e del testo unico 
sull’Immigrazione che ne elimini gli aspetti di maggiore iniquità e di 
inefficacia.

22 febbraio 2017						ASGI – Magistratura democratica


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