[Area] astensione avvocati

Rosario Lupo rosario.lupo a giustizia.it
Ven 12 Maggio 2017 19:03:39 CEST


 

Mi chiedo a proposito dell’ennesima astensione degli avvocati penalisti se
non si possa configurare l’abuso del diritto.

 

 

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 24653 del 3 dicembre 2015, ha
dichiarato l’illegittimità dello sciopero le cui modalità di esecuzione
erano state rimesse totalmente ai singoli lavoratori interessati, senza una
loro predeterminazione e coordinamento, atteso che lo stesso aveva
danneggiato potenzialmente la società datrice di lavoro, posta
nell’impossibilità di prevenire i rischi sulla produttività aziendale con
riferimento ai singoli reparti ove di volta in volta era stata attuata,
anche all’improvviso, l’astensione dei lavoratori, con l’inevitabile
insorgere di pericoli di vario genere.

I Giudici di legittimità hanno altresì precisato, ribadendo il proprio
consolidato orientamento, che “anche le forme di interruzione o sospensione
del lavoro parziali o temporanee (cosiddetti scioperi a scacchiera o a
singhiozzo) possono rivelarsi illegittime allorquando importino pericoli o
danni o alterazioni all’integrità e funzionalità degli impianti ovvero
quando pregiudichino la produttività stessa dell’azienda, compromettendo,
cioè, la stessa organizzazione istituzionale e di funzionalità produttiva
dell’impresa”.

 

Mi chiedo se non vi sia analogicamente un danno all’integrità e funzionalità
dell’attività giudiziaria sottesa a interessi di carattere pubblico
fondamentali.

 

E ancora la Cassazione, proprio con riferimento al diritto di astensione, in
una sentenza (la n. 20574/2008 - Abuso del diritto di sciopero) ha affermato
che 

 

l'astensione collettiva degli avvocati dalle udienze è stata regolata
dall'ordinamento con la legge 11 aprile 2000, n. 83, che ha integrato la
disciplina dello sciopero nei servizi essenziali, dettata dalla legge 12
giugno 1990, n. 146. Tale innovazione era stata sollecitata dalla Corte
costituzionale, prima con un monito (sentenza, 31 marzo 1994, n. 114), poi
con una dichiarazione d'incostituzionalità parziale (sentenza, 27 maggio
1996, n. 171). 

La Corte spiegò che la legge sullo sciopero nei servizi essenziali, volta a
contemperare l'esercizio del diritto di sciopero con altri diritti di rango
costituzionale e a proteggere dall'«abuso del diritto di sciopero», non
apprestava "una razionale e coerente disciplina che includa tutte le altre
manifestazioni collettive capaci di comprimere valori primari" e che tale
estensione non poteva essere operata con una interpretazione estensiva o
analogica della normativa, ma richiedeva l'intervento del legislatore. In
particolare, con riferimento alle astensioni nel settore forense, la Corte
affermò che non rientrano nel diritto di sciopero, inscindibilmente connesso
al lavoro subordinato, ma costituiscono anch'esse esercizio di "libertà
sindacale" e godono della salvaguardia degli spazi di libertà riservati ai
singoli e ai gruppi, che ispira la prima parte della Carta costituzionale. 

Al pari dello sciopero, anche questa espressione di libertà sindacale deve
contemperarsi con gli altri valori costituzionali: con i "diritti
fondamentali di azione e di difesa" e con "il buon andamento
dell'amministrazione della giustizia" (oggi, si deve aggiungere il principio
della "ragionevole durata del processo"). 

Per tali motivi la Corte dichiarò l'incostituzionalità del testo originario
della legge 146 del 1990 "nella parte in cui non prevedeva, nel caso di
astensione collettiva dall'attività giudiziaria degli avvocati, l'obbligo di
un congruo preavviso e di un ragionevole limite temporale dell'astensione e
non prevedeva altresì strumenti idonei ad individuare e assicurare le
prestazioni essenziali, nonché le procedure e le misure consequenziali
nell'ipotesi di inosservanza". 

L'omissione legislativa venne colmata con la legge n. 83 del 2000, che
integrò la disciplina del 1990, regolando le "astensioni collettive dalle
prestazioni, a fini di protesta o di rivendicazione di categoria, da parte
di lavoratori autonomi, professionisti o piccoli imprenditori", che incidano
sulla funzionalità dei servizi pubblici di cui all'art. 1 (fra i quali vi è
l'amministrazione della giustizia). Da quel momento l'astensione degli
avvocati dalle udienze, esercizio - come aveva spiegato la Corte
costituzionale - del diritto di libertà sindacale, acquisì piena
legittimazione nell'ordinamento giuridico, ma al tempo stesso trovò regole e
limiti, fissati direttamente dal legislatore o dalle fonti ed istituzioni
alle quali la legge rinvia (codici di autoregolamentazione valutati conformi
alla legge, provvedimenti della Commissione di garanzia). 

"Se", nel caso concreto, queste regole e questi limiti risulteranno
rispettati, il giudice accoglierà la richiesta di differimento dell'udienza
formulata dal difensore che dichiari di aderire alla astensione collettiva,
proclamata a norma di legge. 

 

Si tratta di pillole che ho appiccicato al termine diuna giornata lavorativa
ma che potrebbero essere uno spunto di riflessione al fine di valutare se
effettivamente non ci troviamo di fronte a una ipotesi di abuso del diritto
e trovare quindi risposte efficaci a una prassi che sta veramente diventando
poco sostenibile 

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