[Area] R: Che vi ho fatto?

carlocitt a alice.it carlocitt a alice.it
Mer 20 Set 2017 18:07:29 CEST


Giudici ragazzini ... 

probabilmente da questa locuzione prende forza l'intervento del legislatore
della riforma del primo decennio del 2000, che scientemente allontana
l'ingresso in Magistratura dalla conclusione del percorso universitario. Non
si volevano magistrati troppo giovani, troppo liberi, troppo dediti al
lavoro per mancanza di carichi impegni e aspettative familiari, e quindi ci
si è inventato il passaggio del corso di studi da 4 a 5 anni (serve?), ma
soprattutto un periodo di stallo post universitario (a carico della famiglie
che possono permetterselo o del faidate precario) di almeno due anni (se
tutto va benissimo) prima di accedere al concorso: un periodo del tutto
inutile, che serve solo a far ‘stagionare’ i candidati senza alcun'efficace
formazione ulteriore, con il bel - e voluto - risultato, di far entrare in
Magistratura i nuovi ad un'età media che neppure permette di raggiungere i
quarant'anni di servizio (comunque il minimo pensionabile, senza riscatti e
altro) prima della cessazione per inderogabili limiti di età (ora i 70;
problema che prima o poi esploderà). 

Esempio preclaro di un legislatore privo di ogni prospettiva di costruire
sensatamente, ma ricco di confusioni rancorose e approssimate. 

E di una Magistratura nella sua maggioranza silente perché troppo
affascinata da irreali aspettative stipendiali per il ‘doppio concorso’.

 

carlo citterio

 

Da: Area [mailto:area-bounces a areaperta.it] Per conto di Giordano Bruno
Inviato: mercoledì 20 settembre 2017 17:30
A: movgiust a yahoogroups.com; mailinglist-anm a associazionemagistrati.com;
nuovarea a nuovarea.it; area a areaperta.it;
areadistrettomilano a googlegroups.com
Oggetto: [Area] Che vi ho fatto?

 

 

"Che vi ho fatto ?"

 

Queste le ultime parole pronunciate da Rosario Livatino il 21 settembre 1990
sulla strada da Canicattì ad Agrigento, guardando in faccia quattro giovani
armati dalla Stidda per eliminare un giudice che faceva semplicemente il suo
dovere, senza protagonismo alcuno. Del delitto fu casualmente testimone
oculare Pietro Nava, un commerciante del nord Italia le cui dichiarazioni
furono fondamentali per individuare gli assassini.

Rosario Livatino si era occupato della Tangentopoli siciliana e aveva emesso
numerosi provvedimenti per la confisca dei beni. Alla Procura di Agrigento
aveva condotto le indagini sugli interessi economici della mafia, sulla
guerra di mafia a Palma di Montechiaro, sull'intreccio tra mafia e affari,
delineando il "sistema della corruzione", che con la mafia condivide
arroganza e vessazione.

Otto mesi dopo il
<https://it.wikipedia.org/wiki/Presidente_della_Repubblica_Italiana>
Presidente  <https://it.wikipedia.org/wiki/Francesco_Cossiga> Francesco
Cossiga definì «giudici ragazzini» una serie di magistrati di prima nomina
impegnati nella lotta alla mafia:


« Possiamo continuare con questo tabù, che poi significa che ogni ragazzino
che ha vinto il concorso ritiene di dover esercitare l'azione penale a
diritto e a rovescio, come gli pare e gli piace, senza rispondere a
nessuno...? Non è possibile che si creda che un ragazzino, solo perché ha
fatto il concorso di diritto romano, sia in grado di condurre indagini
complesse contro la mafia e il traffico di droga. Questa è un'autentica
sciocchezza! A questo ragazzino io non gli affiderei nemmeno
l'amministrazione di una casa terrena, come si dice in Sardegna, una casa a
un piano con una sola finestra, che è anche la porta. »

Nacque così la definizione di giudici ragazzini.

Una parte dello Stato che doveva essere solidale con i magistrati
indipendenti e coraggiosi come Livatino invece denigrava, umiliava,
mortificava.

Ecco allora un passo di un discorso pronunciato da Rosario Livatino il 7
aprile 1984: "La magistratura, per restare ancora fedele al dovere
costituzionale di fedeltà alla legge, altro non cerca, anche per evitare
ondeggiamenti, incertezze ed ulteriori ingiusti rimproveri, che di poter
disporre di dettati normativi coerenti, chiari, sicuramente intelligibili,
nonché di testi negoziali nei quali la posizione di diritto e di obbligo
delle parti non sia offuscata da una trama tormentata di sottili e
complicate espressioni verbali, che nascondono premesse politiche tutt'altro
che chiare anziché una precisa volontà che sostenga il precetto. Fin quando
tutto questo non sarà assicurato dal nostro legislatore e dalle parti
sociali in sede di contrattazione, sarà ineliminabile che il giudice di
Pordenone ed il giudice di Ragusa, con gli abissi di cultura e dei substrati
territoriali, sociali ed economici nei quali si trovano ad operare, cerchino
di districarsi nella perigliosa giungla di queste regolamentazioni
adoperando dei machete interpretativi tra loro dissimili o addirittura
contraddittori."

Forse qualcuno ha dimenticato troppo presto queste parole.

 

Bruno Giordano

 

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