[Area] Circolare sulle Procure?

Andrea Reale andreale a yahoo.com
Sab 7 Ott 2017 10:31:32 CEST


Oggi su  La Stampa si legge un articolo dal contenuto sconfortante.
La gerarchizzazione delle Procure- in atto, seppure in forma larvata, da qualche anno- sta assumendo  connotazioni dalla gravità inaudita, annientando lo status e le prerogative del singolo magistrato inquirente.Il CSM sembra avere totalmente  modificato l’orientamento assunto in delibere precedenti , ove il potere regolamentare  consiliare era volto a garantire e tutelare i singoli magistrati della Procura, e non i loro ‘dirigenti’. E, soprattutto, sembra ignorare  i principi elaborati  in materia dalla Corte di Cassazione,  dalla Corte Costituzionale e dalle Carte internazionali .Ritengo opportuno riportare  gli stralci di una ricerca sull’argomento, che avevo fatto quando ero componente del CDC.      “L’idea di fondo, che ha ricevuto l’autorevole avallo della giurisprudenza, anche costituzionale, è che il pubblico ministero partecipa delle garanzie di status, che la Costituzione riserva ad ogni magistrato e che non possono essere mortificate dalla esasperata accentuazione dei profili gerarchici dell’organizzazione dell’ufficio , secondo una "un’interpretazione costituzionalmente orientata,  che consenta di ridimensionare i poteri del Procuratore che svilivano maggiormente il ruolo del sostituto, salvaguardando principi fondamentali irrinunciabili, richiamati ripetutamente dalla giurisprudenza costituzionale, della Cassazione e dall’azione del CSM” (tratto da una scheda apparsa sul sito di MD).Innanzitutto va riaffermata l’idea “dell’attribuzione in capo al Consiglio di poteri di indirizzo sui progetti organizzativi delle Procure,  allorché siano in gioco - come senz’altro può ritenersi nella specie, con riferimento agli artt. 104, 107 e 112 della Costituzione - “attribuzioni che concorrono ad assicurare il rispetto delle garanzie costituzionali”. La risoluzione si pone, dunque, da un lato, come un secondo momento di riflessione - rispetto alla prima risoluzione del luglio 2007 - dal carattere ugualmente orientativo in punto di organizzazione degli uffici del pubblico ministero; dall’altro, ne costituisce un’integrazione anche quale necessario portato di una lettura complessiva delle nuove norme sul tema in oggetto alla luce dei principi posti a presidio dell’autonomia e dell’indipendenza del singolo magistrato (art. 101 Cost.) e del trasparente e buon funzionamento degli uffici requirenti medesimi (art. 97 Cost.). In tale ottica, il Consiglio superiore della magistratura verifica che il programma organizzativo sia rispondente alle norme dell’ordinamento giudiziario nonché alle indicazioni consiliari relative alla loro applicazione; in caso negativo, formula i suoi rilievi e li trasmette sia al Procuratore, per opportuna  conoscenza anche ai fini dei possibili interventi di sua competenza, sia al Procuratore generale della Corte di cassazione e al Procuratore generale presso la Corte d’appello, cui competono i poteri di vigilanza ex art. 6 del più volte citato D.lgs n. 106 (risoluzione CSM 21.7.2009).Con riferimento all’indipendenza interna di ciascun pubblico ministero,   “soprattutto all’esito delle sostanziali modifiche apportate all’impianto del d.lgs. n. 106/06 ad opera della l. n. 269/06 (in punto di eliminazione delle parole “sotto la propria responsabilità” in relazione all’esercizio dell’azione penale da parte del procuratore della Repubblica, di sostituzione del termine “delega” con quello di “assegnazione” in tema di distribuzione degli affari, di procedimentalizzazione della fattispecie di revoca dell’assegnazione), vanno comunque osservate, nell’esercizio della potestà di direzione e di organizzazione, le basilari regole di funzionamento dell’ufficio, ispirate ai principi di legalità, imparzialità, buon andamento e trasparenza dell’amministrazione. E si aggiunge che, alla luce dei valori costituzionali espressi dagli artt. 101, 102, 105, 107 e 112 Cost., riferibili nel sistema di giustizia penale anche alla figura del magistrato del pubblico ministero, in virtù del “rapporto di compenetrazione organica a fine di giustizia” dell’attività di esercizio dell’azione penale con l’attività decisoria e della soggezione, al pari del giudice, soltanto alla legge (C. cost., n. 96 del 1975 e n. 88 del 1991), va altresì preservata per il singolo sostituto la sfera di autonomia professionale, di dignità e di responsabilità decisionale per le funzioni esercitate in conseguenza dell’assegnazione del procedimento” (Cass. SS. UU. 8388/2009, Novi).Nella sentenza della Corte Costituzionale n. 88 del 1991 si precisa che  “realizzare la legalità nell'eguaglianza non è, però, concretamente possibile se l'organo cui l'azione è demandata dipende da altri poteri: sicché di tali principi è imprescindibile requisito l'indipendenza del pubblico ministero. Questi è infatti, al pari del giudice, soggetto soltanto alla legge (art. 101, secondo comma, Cost.) e si qualifica come "un magistrato appartenente all'ordine giudiziario collocato come tale in posizione di istituzionale indipendenza rispetto ad ogni altro potere", che "non fa valere interessi particolari ma agisce esclusivamente a tutela dell'interesse generale all'osservanza della legge"”.Nel concetto di "giurisdizione" - quale contemplato nell'art. 102- deve intendersi compresa non solo l'attività decisoria, che é peculiare e propria del giudice, ma anche l'attività di esercizio dell'azione penale, che con la prima si coordina in un rapporto di compenetrazione organica a fine di giustizia e che l'art. 112 della Costituzione, appunto, attribuisce al pubblico ministero. Nell'esplicazione di tale potestà d'iniziativa, evidentemente, rientrano tutte le attività di natura istruttoria che il p.m. svolge, perché necessarie alla acquisizione di elementi utili per porsi in grado di esercitare l'azione penale. Tali attività - proprio in quanto costituiscono esercizio di giurisdizione (in senso lato) da parte di un organo che é, comunque, un magistrato - risultano pienamente compatibili con il sistema delineato dalla Costituzione (sentenza n. 96 del 1975).Anche in documenti di natura internazionale si può trarre il corollario dell’indipendenza interna del singolo magistrato del Pubblico Ministero. Cito soltanto  i paragrafi 9 e 10 della raccomandazione del Comitato dei Ministri n. 19 del 2000 e la dichiarazione di Bordeaux del Consiglio Consultivo dei Giudici Europei (CCJE) e del Consiglio Consultivo dei Pubblici Ministeri Europei (CCPE)18.11.2009).Un attento conoscitore della materia, in occasione di un seminario di studio tenutosi a Roma, organizzato dal Consiglio Superiore della Magistratura nel maggio del 2011, ha  ribadito che nel nostro sistema l’indipendenza interna del P.M. è piena, pur con i temperamenti posti dalla legge n. 106 del 2006(l D. L.Vo 20 febbraio 2006 n. 106 (organizzazione dell'ufficio del Pubblico Ministero) coordinato con la legge di modifica 24 ottobre 2006 n. 269 ( Disposizioni in materia di riorganizzazione dell’ufficio del Pubblico Ministero, a norma dell’art. 1, comma 1, lettera D) 9 della legge 25 luglio 2005, n. 150). “L’assegnazione del procedimento al magistrato comporta l’investitura del potere di gestirlo in autonomia; il potere di direttiva non può concernere disposizioni dettagliate implicanti prescrizioni concernenti il singolo procedimento, potendo solo sollecitare il magistrato al rispetto di direttive di ordine generale; la revoca della delega può verificarsi solo per gravi motivi e legittima il magistrato che ne è destinatario a rivolgersi al CSM, che valuta l’accaduto sia ai fini eventualmente disciplinari, che in relazione alla valutazione della professionalitàdei magistrati interessati, senza per questo poter imporre una diversa decisione. La Procura Generale, a sua volta, vigila sul rispetto, da parte della Procura della Repubblica, del principio del giusto processo, a tale scopo potendo acquisire dati ed informazioni presso detto ufficio; è inoltre destinataria ( art. 6 d.lvo 106/2006) di una relazione annuale sull’andamento dell’ufficio; relaziona al Procuratore generale presso la Corte di Cassazione in merito all’andamento degli uffici di procura del proprio distretto. Può altresì avocare procedimenti condotti dalla Procura della Repubblica solo in determinati casi: violazione dei termini massimi delle indagini preliminari; assenza di coordinamento delle indagini con altri uffici di procura, in relazione a procedimenti connessi; rigetto, da parte del giudice per le indagini preliminari, della richiesta di archiviazione. Il regime italiano, grazie all’orientamento interpretativo fornito dalle risoluzioni del CSM sopra citate, espressamente conferisce al Procuratore della Repubblica un potere di organizzazione dell’ufficio da un lato e di coordinamento ed armonizzazione delle prassi, dei criteri interpretativi, dell’orientamento dell’azione penale dall’altro, equilibrato ed in linea con la natura giurisdizionale della funzione del PM ed anche con la unicità delle carriere in magistratura. In sostanza, l’impronta gerarchica che la riforma intendeva originariamente attribuire all’ufficio, in dissonanza rispetto all’esercizio indipendente dell’azione penale, fatto anche di indipendenza interna, è stata “costituzionalizzata” dall’interpretazione opportunamente fornita dal CSM. In particolare, l’interpretazione del potere di direttiva e controllo quale forma di verifica del rispetto, all’interno di ogni indagine, dei criteri generali formulati dal capo dell’ufficio, restringe il potere direttivo nei corretti binari- gli unici compatibili con l’indipendenza della giurisdizione- del controllo, del coordinamento ed armonizzazione dei criteri interpretativi, dell’utilizzo efficiente e proporzionato dei mezzi di prova e delle risorse, dell’omologazione del rispetto dei termini delle indagini e della custodia cautelare. Di contro, il merito dell’azione, che consegue alla valutazione degli esiti investigativi, al di là dell’obbligo di confronto dialettico, compatibile con il carattere diffuso della giurisdizione, quale elemento essenziale della stessa, resta del tutto indipendente, potendo solo gravi anomalie legittimare l’esercizio dei poteri di revoca dell’indagine, e restando la revoca suscettibile di valutazione della professionalità di ambo le parti oltre che eventuale presupposto di azioni disciplinari, ovvero di procedimenti di verifica della compatibilità ambientale o funzionale, le une e gli altri di competenza dell’organo di autogoverno”.  Mi  sembra opportuno ricordare detti  principi in questo momento.Buon weekend a tutti.Andrea Reale  P. S. Se l’ANM avesse una concreta sfera di azione e di autonomia nei confronti del CSM, si tratterebbe certamente di una ennesima  occasione per dimostrarlo, a tutela delle migliaia di sostituti Procuratori della Repubblica iscritti. 

   
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