[Area] R: R: Intervista di Cassese

Perilli Luca luca.perilli a giustizia.it
Mer 1 Nov 2017 08:25:57 CET


Fabio Regolo, nell'indicare le critiche „da cui c'è sempre da imparare“ cita i cenni fatti dal professor. Cassese alla presunta spartizione dei posti nella SSM”.
Il prof. Cassese scrive: „“persino lì ci sono le cordate dei magistrati, le scelte accurate dei docenti "vicini", mentre quella potrebbe diventare la palestra per avviare un dialogo tra interno ed esterno dell'ordine giudiziario““.
Questa accusa è rivolta al comitato direttivo della SSM di cui faccio parte da 21 mesi, ossia l'organismo che sceglie i docenti.
E' difficile replicare ad un'affermazione che non cita non dico la fonte ma nemmeno un esempio o un caso.
Provo dunque a citare io due esempi di corsi recenti, che riguardano proprio i temi citati dal professore Cassese nell'articolo.
Il primo è il corso su „professione magistrato“ tenuto nell'ultima settima di settembre, che trae spunto dalla ricerca realizzata nel 2005 dalla SSM sulla “identità e immagine della magistratura nell’Italia di oggi” e intendeva interrogarsi proprio sulla funzione del magistrato nella società e rispetto alla politica (temi di Cassese). La ricerca è stata condotta da esperti sociologi attraverso interviste e questionari, uno diretto ai magistrati e compilato da 1100 giudici e pubblici ministeri ed un secondo che rappresenta il frutto di interviste ad un campione di 2025 cittadini. Il volume che dà conto dei risultati ed liberamente scaricabile da internet  (https://ojs.francoangeli.it/_omp/index.php/oa/catalog/book/210) suggerisce alcune risposte alle questioni „agitate dal prof. Cassese“. Il programma del corso, scaricabile liberamente (e quindi anche dagli esterni e dal prof. Cassese) dal sito della scuola evidenzia che le „cordate“ non avrebbero funzionato, perchè al corso hanno partecipato solo due magistrati: il Presidente della Corte di cassazione ed il Presidente della ANM. Per il resto la SSM ha cercato il „dialogo con l'esterno dell'ordine giudiziario“, auspicato da Cassese, invitando ricercatori, studiosi, accademici, avvocati. Per inciso il corso ha registrato un altissimo gradimento dei partecipanti.
Secondo esempio. Due settimane fa si è svolto il corso su „Ordinamenti giudiziari comparati“. L'idea del progetto scientifico era, come suggerisce il titolo, quella di riflettere su alcuni temi del nostro ordinamento giudiziario utilizzando la lente della comparazione. Tra i temi affrontati nel corso vi era, ad esempio, il ruolo del pubblico ministero tra autonomia e organizzazione gerarchica, tra obbligatorietà e discrezionalità nell'esercizio dell'azione penale (vedi Cassese). Si è discusso di etica e di valutazione di professionalità, per cercare di comprendere perchè i Paesi meridionali dell'Europa siano così concentrati su una valutazione dell'individuo (vedi l’individualismo di Cassese) quando i Paesi settentrionali si concentrano sulla valutazione del servizio e sull'accountability (il rendere conto) in un dialogo con la società. Anche in questo caso (programma scaricabile da internet), ci siamo rivolti a studiosi di  comparazione  degli ordinamenti giudiziari, a ricercatori che si occupano solo di comparazione di sistemi giudiziari (IRSIG-CNR) e  -confesso- sono stati anche invitati cinque  magistrati: due italiani  che hanno rivestito l'incarico di Presidenti del consiglio consultivo dei giudici europei e dei procuratori europei e tre magistrati di Portogallo, Regno Unito e Francia. Che siano questi ultimi cinque i docenti „vicini“? Ancora per inciso, anche questo corso ha registrato un alto gradimento dei partecipanti.

Perchè insisto sul gradimento? Non per dimostrare a chi legge che la SSM sta facendo bene ma per evidenziare la SSM ha appunto scelto la strada della „accountability“ ossia di dare conto dei risultati, pubblicando le valutazioni dei corsi. Ammetterà chi legge che, in un percorso di trasparenza sulla qualità, sarebbe suicida cooptare i vicini piuttosto che scegliere quelli che, a torto o a ragione, il comitato direttivo ritiene i migliori (e non escludo che queste scelte possano creare disappunto anche nell'Accademia, se è vero che non ho memoria di un accademico che abbia rifiutato una docenza alla SSM).

Ma voglio aggiungere altro, non tanto o non solo per tutelare la reputazione della SSM, che essendo un istituzione molto giovane ha bisogno di rafforzarsi con il sostegno di tutti, ma per difendere la reputazione della magistratura intera. In 18 anni mesi di comitato direttivo non solo non  mi sono mai accorto della „scelta accurata dei magistrati vicini“ ma non ho nemmeno ricevuto una sola telefonata, dico una sola, di candidati alla docenza o ad altri incarichi che la SSM è in condizione di attribuire (e alzi la mano qui ed ora chi conosce una verità diversa). Io appartengo ad un gruppo associato, ad Area, ma nessuno nè della mia associazione nè di altra ha pensato che potessi, quale componente del comitato direttivo SSM, diventare uno strumento del “correntismo” o della costruzione di carriere.

Ed a proposito di carriera, abbiamo molto discusso la scorsa settimana con i MOT europei che si trovavano in scambio internazionale a Scandicci se esista una carriera del magistrato. I nostri giovani colleghi dimostravano piuttosto interesse per l'etica e l'imparzialità: sì l'imparzialità e non l'indipendenza che, per citare Cappelletti, è data ai giudici per garantirne l'imparzialità. Ma abbiamo dovuto parlare anche di indipendenza in questa Europa che cede sui principi fondamentali. I giovani colleghi polacchi ci mostravano le immagini di cartelloni luminosi proiettati dal Governo nelle principali città della Polonia per attaccare in modo subdolo la magistratura, citando con malevolenza pretesi casi di malagiustizia. Ed abbiamo assistito con sgomento alle conseguenze dello sgretolamento dell’ indipendenza magistratura, quando l'ex giudice turco Yavuz Aydin, che oggi, dopo avere affidato la sua famiglia e se stesso ai trafficanti di essere umani,  è un rifugiato politico in Romania con passaporto europeo, ha raccontato, su invito della SSM, a  MOT molto „presenti“  cosa succede quando si rompono gli argini dello stato dei diritto.

Ed allora caro Marco (Imperato) e caro Fabio (Regolo), vi dico va bene, non chiudiamoci di fronte alle critiche ma pretendiamo che queste siano documentate o quantomeno argomentate, altrimenti non sono critiche ma attacchi gratuiti e gli attacchi gratuiti che provengono da voci autorevoli non solo  indeboliscono le istituzioni ma possono trasformarsi in un pretesto di azione per i nemici –e non sono pochi- dell'indipendenza della magistratura.
Cari saluti
Luca Perilli
Comitato Direttivo ​


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Da: Area <area-bounces a areaperta.it> per conto di CENTINI MATTEO <matteo.centini a giustizia.it>
Inviato: martedì 31 ottobre 2017 21:30
A: Imperato Marco
Cc: area a areaperta.it
Oggetto: Re: [Area] R: R: Intervista di Cassese

Detta così caro caro Marco credo che tu abbia condiviso l’intervista di Cassese perché era di Cassese. Altrimenti quelle quattro amenità che dice le leggiamo sulla bocca di politici d giornalisti tutti giorni. Uguali uguali, senza motivazioni nè esemplificazioni. Abbiamo tanti difetti e certamente dobbiamo farci carico del fatto che la gente crede sempre meno in noi, ma questo non è dovuto alle sciocchezze che scrive il professore. Ben altri sono i motivi.

Inviato da iPhone

Il giorno 31 ott 2017, alle ore 20:08, Imperato Marco <marco.imperato a giustizia.it<mailto:marco.imperato a giustizia.it>> ha scritto:

Ringrazio Fabio per le sue parole.

Io credo che sia un importante (per quanto a volte fastidioso) esercizio ascoltare le critiche e le opinioni diverse, soprattutto se significative (non uso nemmeno il termine autorevoli, perché non è solo quello il punto)

Non sono un collega esperto, caro Fabio… cerco solo di ascoltare quello che avviene al di fuori e di farmi carico anche di punti di vista lontani dai miei perché ritengo che l’autoreferenzialità resti uno dei nostri rischi più grandi e proprio Area è il gruppo che più di tutti può provare a mantenere il dialogo verso l’esterno anche con spirito di costruttiva autocritica.

Condividere un contenuto vuol dire semplicemente voler far conoscere un contenuto che si ritiene comunque rilevante… e non necessariamente condividerne il contenuto.

Buona sera a tutti
Marco Imperato


Da: REGOLO FABIO
Inviato: martedì 31 ottobre 2017 19:16
A: CENTINI MATTEO <matteo.centini a giustizia.it<mailto:matteo.centini a giustizia.it>>; Imperato Marco <marco.imperato a giustizia.it<mailto:marco.imperato a giustizia.it>>; area a areaperta.it<mailto:area a areaperta.it>
Oggetto: R: [Area] R: Intervista di Cassese

Capisco l’amarezza di Matteo, perché quando non si lavora per “farsi vedere”, né si agisce “come giustizieri”, né, soprattutto, si ha voglia di “correre verso la politica”, ma si vuole fare solo il proprio dovere, essere descritti in questo modo (vogliamo dire un po’ semplicistico?) da proprio fastidio.

Nel suo condividere l’intervista, ritenendola meritevole della nostra attenzione, immagino che Marco da esperto collega avrà percepito qualche spunto di riflessione. Io nel mio piccolo, volendo carpire spunti, perché in fondo dalle critiche anche quelle più aspre e anche quelle meno fondate c’è sempre da imparare, vedo i cenni fatti dal prof. Cassese alla presunta spartizione dei posti nella SSM o al fatto che nei sondaggi sembra che la gente abbia sempre meno fiducia in noi (questo sì un punto che davvero mi ferisce).
Aldilà di questo ci vedo però solo un dito puntato da chi ritiene, a quanto pare, che sia colpa delle Procure se la gente viene assolta dopo decenni, se qualcuno si azzarda a dire che la mafia non ha limiti geografici predefiniti o se si prova persino a dire che i fenomeni corruttivi sono una zavorra sulla crescita del nostro Paese. Io non lo so se la nostra è una Nazione corrotta o meno, non faccio il sociologo, né il criminologo, ma l’operatore di diritto. In tale veste dico che nei fascicoli se ne vedono di tutti i colori. Magari si posse fare un discorso di “expertise” e di rispetto della discrezionalità amministrativa! A me pare di vedere troppo spesso clamorosi abusi e grossolani falsi ripagati da ogni tipo di utilità.
Ritengo utile ricordare che siamo in un contesto in cui tutti gli indicatori internazionali (vedi da ultimo rilevazioni “Eurobarometer”) dicono che l’Italia si colloca al 72° posto su 174 Paesi valutati in termini di radicamento della corruzione ed il conto che paghiamo alla criminalità economica sembra attestarsi sui 120 miliardi di euro all’anno e quello della corruzione sui 60 miliardi di euro. Non se basta questo per dire che di mitologico c’è ben poco, però credo sia sufficiente almeno per dare l’idea della diffusività dei fenomeni corruttivi.

Partendo dal presupposto che ognuno, viva Dio, può pensare ciò che vuole, magari ritenendo anche di avere sempre la verità in tasca, va detto però che quando si sta negli Uffici di primo grado così lontani dai salotti ovattati di certe Amministrazioni, Uffici dove si affoga tra le carte, dove si assiste ogni giorno a tagli di risorse e personale nel mentre aumentano le incombenze alle quali dover fare fronte e con sempre meno tempo concesso dal codice di rito, dove si deve correre per stare dietro a tutto cercando di dare quante più possibili risposte dignitose a chi ha bisogno di noi, perché il peso della giustizia lo si sente forte, sullo stomaco ogni santo giorno, dove si lavora cercando in tutti i modi di garantire tanta quantità (perché noi non essendo accademici eruditi dobbiamo rendere un servizio) senza sacrificare la qualità, magari sacrificando gli affetti o le vite personali perché si crede in quello che si fa e ci si illude di servire a qualcosa, vedersi liquidati in questo modo, non penso possa essere visto come uno stimolo di riflessione, ma solo un ulteriore fonte di amarezza della quale francamente non c’era davvero bisogno.
Nonostante ciò vorrei però rassicurare i nostri osservatori esterni sul fatto che nonostante le amarezze,  tra tante prime donne o individualisti esasperati, innamorati dello loro tesi o carrieristi - giocatori di scacchi interessati solo a crearsi carriere accelerate, anche stasera, ci saranno tanti “semplici” servitori dello Stato che chiuderanno l’ufficio a tarda sera e lo riapriranno all’alba, magari svegliandosi la notte pensando di non essere stati in grado di fare tutto quello che dovevano o che avrebbero voluto.  Persino orgogliosi di farlo.
Ecco, a me stanno a cuore solo questi, altro che j’accuse o non j’accuse.
Saluti

Fabio Regolo - Procura Catania.


Da: Area [mailto:area-bounces a areaperta.it] Per conto di MATTEO CENTINI
Inviato: martedì 31 ottobre 2017 14:11
A: 'Imperato MArco'; area a areaperta.it<mailto:area a areaperta.it>
Oggetto: [Area] R: Intervista di Cassese

Caro Marco

Non voglio sembrare autoreferenziale, ne autoassolutorio, ma frasi del tipo “Le tensioni sono provocate nella maggior parte dei casi dalle procure, quindi non dalla giustizia, ma dall'accusa” si commentano da sole. Le procure non fanno parte della Giustizia? Sa il professor Cassese che nel concetto di AG i costituenti hanno incluso senza differenze pm e giudici? E perché di grazia la lentezza della Giustizia è colpa delle sole procure? Perché il professore, che pure è stato tra le migliaia di cose (tra le quali presidente del banco di Sicilia ed altre amenità) ministro della funzione pubblica, non accenna minimamente alle inefficienze di organico e strumenti di cui disponiamo? Io personalmente ho dovuto fare il pieno più volte all’auto di servizio per fare giungere in tempo al TDL di Bologna atti, lui si è mosso sempre nell’agiatezza di alte amministrazione che questi problemi non sanno cosa sono. Perché si dice che questo Paese è corrotto? Perché è vero, perché così risulta in classifiche di osservatori internazionali e perché ogni pm con un minimo (minimo) di iniziativa ben ha sperimentato ficcando il naso in qualsiasi appalto pubblico. Taccio poi su di una serie di affermazioni fatte senza addurre le ragioni su cui si fondano né un minimo di motivazione, come il metodo scientifico dovrebbe imporre ad uno che fa pur sempre il professore. Ormai Cassese svolge queste considerazioni da anni, ma mai che l’abbia letto scrivere sulla situazione della giustizia amministrativa, che egli dovrebbe conoscere meglio.
Anche io ho molte riserve sul nostro mondo, anche se per ragioni decisamente diverse da quelle di Cassese, ma mi pare decisamente in mala fede.

Matteo Centini, procura PC

Da: Area [mailto:area-bounces a areaperta.it] Per conto di Imperato MArco
Inviato: martedì 31 ottobre 2017 13:03
A: area a areaperta.it<mailto:area a areaperta.it>
Oggetto: [Area] Intervista di Cassese

Intervista critica di Cassese che credo meriti di essere letta e su cui riflettere (di seguito trascrivo il contenuto preso dal sito di ristretti orizzonti):

Il j'accuse di Cassese contro procure e giornalisti

<image001.png><http://www.ristretti.org/pdf/Le-Notizie-di-Ristretti/il-jaccuse-di-cassese-contro-procure-e-giornalisti.pdf?format=phocapdf>

<image002.png><http://www.ristretti.org/Le-Notizie-di-Ristretti/il-jaccuse-di-cassese-contro-procure-e-giornalisti/Stampa>



di Giulia Merlo



Il Dubbio, 31 ottobre 2017



"I pm cercano visibilità e agiscono come giustizieri", è l'accusa del professore e giudice emerito della Corte Costituzionale, Sabino Cassese. "Anche se corpo giudiziario è nel suo insieme di prim'ordine, al suo interno tutti si sentono prime donne, nessuno tollera rapporti cooperativi e l'individualismo predomina" chiarisce Cassese, che però ripartisce le colpe: non solo alla magistratura ma anche "all'opinione pubblica e a chi la forma, cioè i giornali".

"L'ordine giudiziario dovrebbe interrogarsi di più sulla propria funzione e sui modi in cui viene svolta". Sabino Cassese, giudice emerito della Corte Costituzionale, ex ministro del governo Ciampi e già professore di diritto amministrativo in numerosi atenei italiani, analizza la situazione della giustizia in Italia, a partire dal rapporto tra politica e magistratura.



Professore, viviamo in un tempo di conflitto tra politica e giustizia?

Più che un conflitto continuo, mi pare che vi sia un ripetersi di tensioni. Ma occorre distinguere. Le tensioni sono provocate nella maggior parte dei casi dalle procure, quindi non dalla giustizia, ma dall'accusa. E sono aumentate dalla lentezza con la quale la giustizia segue. È purtroppo normale che le procure registrino tra gli indagati persone che, dopo 710 anni, riescono a veder riconosciuto che non hanno commesso il fatto. Il secondo motivo di tensione è costituito da decisioni giudiziarie che si espandono in opposizione ad amministrazioni pubbliche, negandone l'expertise. Il terzo è più generale e riguarda la tensione tra giustizia e società, a causa della lentezza della giusti- zia. Dunque, distinguiamo bene i diversi motivi, fattori ed elementi di tensione.



Come spiega questo cortocircuito tra poteri dello Stato?

In molti Paesi moderni c'è una espansione del sistema giudiziario. In Italia la peculiarità è data dalla circostanza che magistrati e accusa e giustizia fanno parte dello stesso ordine. Su questa base si è inserita una corsa dei magistrati - specialmente dei procuratori - verso la politica. Quindi, un loro desiderio di "farsi vedere", agire come "giustizieri". Tutto questo, avvalorato da una narrazione del Paese come una nazione corrotta, mafiosa, dominata dall'illegalità. Quindi, le responsabilità non sono solo del corpo giudiziario, ma anche di tutti noi. Bisogna distinguere bene. Innanzitutto il corpo giudiziario è nel suo insieme di prim'ordine, anche se al suo interno tutti si sentono prime donne, nessuno tollera rapporti cooperativi e l'individualismo predomina. Poi, vi sono gravi responsabilità dell'opinione pubblica e di chi la forma, principalmente dei giornali. Le faccio qualche esempio: perché non si cerca di sfatare questa idea che l'Italia è un Paese fondamentalmente corrotto? Perché non si cerca di analizzare bene quali sono i limiti geografici e di influenza della mafia? É ancora vera la storia del familismo amorale?



Esiste, in questo conflitto, un rischio di crisi per il nostro sistema democratico?

Non penso che ci siano motivi di preoccuparsi per una crisi sistemica. Penso che dobbiamo preoccuparci dei tempi, piuttosto che dei conflitti. I conflitti possono anche essere benefici, ma non possono protrarsi a lungo. Insomma, le tensioni troverebbero un alveo fisiologico se le indagini delle procure si chiudessero sollecitamente e la gente potesse contare, come in molti Paesi, sul fatto che un processo, in tutti i suoi gradi, si chiude in un anno.



Come si può abbassare la tensione?

Innanzitutto con tempi brevi. Poi, mettendo una separazione netta tra ordine giudiziario e corpo politico. L'ordine giudiziario ha finito per confondersi con la politica, e questo non è un bene.



L'ordinamento giudiziario, al pari del sistema politico, sta vivendo un periodo di crisi. Da anni ormai si parla di necessità di riforma: lei condivide e, soprattutto, ritiene che la politica abbia la forza per metterla in atto?

Penso che l'ordine giudiziario dovrebbe interrogarsi di più sulla propria funzione e sui modi in cui viene svolta. Poi, dovrebbe aprirsi all'esterno, ascoltare ed essere meno endogamico. L'esempio della Scuola della magistratura è interessante: persino lì ci sono le cordate dei magistrati, le scelte accurate dei docenti "vicini", mentre quella potrebbe diventare la palestra per avviare un dialogo tra interno ed esterno dell'ordine giudiziario.



Quali individua come priorità di riforma per il nostro ordinamento?

Farei tacere le leggi, per qualche tempo e spingerei il Csm e il Ministero della giustizia a garantire tempi brevi per la giustizia. Un grande sforzo in tal senso ridarebbe all'ordine giudiziario quel prestigio che ha perduto, considerato anche che la magistratura è andata progressivamen-te scendendo nei sondaggi di opinione pubblica.



Lei ritiene che sia necessario un cambiamento all'interno della magistratura? Si dibatte ancora oggi dell'annoso tema della separazione delle carriere.

La separazione ha assunto un valore simbolico. Invece, come tale, rappresenterebbe nella sostanza solo un limite di carriera per gli appartenenti al corpo, perché non consente di passare dall'una all'altra funzione, guadagnando sedi più comode o vicine a casa. L'argomento contrario principale è quello della sottoposizione dell'accusa a direttive esterne, quindi non riguarda la separazione in sé, quanto quel che potrebbe seguire.



Da giudice costituzionale, tra il 2005 e il 2014, è stato chiamato a pronunciarsi su temi che hanno infuocato l'opinione pubblica, a partire dalla costituzionalità del Porcellum. La appassiona il dibattito odierno in materia di legge elettorale?

Non mi appassiona e mi preoccupa la durata delle soluzioni. Se non ci mettiamo d'accordo su una formula elettorale, finiremo per fare una legge prima di ogni elezione, cambiando le regole del gioco ogni volta che inizia il gioco. Per esempio, nessuno di quelli che ho interrogato è disposto ad affermare che la legge Rosato è stata fatta per durare.



Lei è stato ministro per la Funzione Pubblica del governo Ciampi, come ricorda quel periodo storico così drammatico?

La meraviglierò: ero così concentrato sul mio compito - assicurare qualche piccolo passo sulla strada di una amministrazione più funzionante - che le circostanze di quei giorni le ho vissute quasi da lontano, consigliando Ciampi quando necessario e facendo il mio dovere.



Marco Imperato
Procura Modena
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