[Area] Inaugurazione anno giudiziario a Brescia

Claudio Castelli clacs a tiscali.it
Mar 30 Gen 2018 10:19:43 CET


  

Vi invio un estratto di un punto della mia relazione a Brescia,
perché credo riguardi un punto (il recupero della qualità) fondamentale
per il prossimo periodo. 

Vi ringrazio. 

 Claudio Castelli 

3. LA
QUALITA' DELLA RISPOSTA GIUDIZIARIA. 

Non bastano i numeri e i tempi
per dare un quadro realistico della giustizia. La giustizia è un bene,
un'aspirazione, un valore e pretendere di ingabbiarla in parametri di
mera quantità e rapidità è semplicemente un tradimento. Viviamo in
epoche in cui l'ossessione dei tempi diventa una schiavitù. Anche per la
giustizia questione determinante appare sempre più la celerità. Sembra
quasi che la velocità sia l'unico parametro di valutazione di un
giudizio. Questa visione trae origine da esigenze sacrosante, ovvero
essere in grado di dare ai cittadini e all'economia risposte in tempi
contenuti e certi, ma non tiene conto che lo stesso articolo 111
Costituzione, ripreso dall'articolo 6 della Convenzione Europea dei
Diritti dell'Uomo, parla di tempi ragionevoli, non immediati, nella
convinzione che garanzie e contraddittorio inevitabilmente hanno un
costo come tempi e che il giudice è chiamato a decidere dopo aver
adeguatamente preso in esame i fatti, le deduzioni delle parti, le prove
assunte ed avere ponderato e riflettuto. Se fosse vero che l'unico metro
fosse la rapidità e che quanto più un giudizio è rapido, migliore è la
giustizia, assurdamente non conterebbe il merito della decisione, ma
solo la sua immediatezza. Ed allora il miglior ufficio di Procura
sarebbe quello che istantaneamente chiede l'archiviazione di ogni
denuncia ed il miglior Tribunale o Corte quelli che accolgono
immediatamente l'istanza di una o dell'altra parte dopo sommaria
delibazione e senza alcun approfondimento. In realtà la domanda che noi
abbiamo dalla società è più complessa e vuole tempi ragionevoli e certi,
ma soprattutto vuole la qualità della risposta ovvero che la decisione
sia presa sulla base dei canoni determinati dalla legge, dando luogo a
tutte le parti di esplicare fino in fondo le difese, e motivando
adeguatamente. 

La schiavitù dai tempi è diventata schiavitù dai numeri
- anche qui come reazione ad epoche in cui statistiche, targature e
indici, erano semplicemente ignorati o ritenuti adatti solo ad altre
discipline - ed ha dato luogo ad un produttivismo cieco in cui sembra
che l'unica cosa che conti sono i numeri. Anche la terminologia è stata
condizionata e ormai parliamo pacificamente di "smaltimento" dei
procedimenti arretrati, quasi dietro a ciascuno di essi non ci fossero
delle persone. Il problema, senza tornare a cadere nell'ignoranza del
proprio "magazzino", è di riuscire a coniugare tempi e qualità con la
consapevolezza che la perdita della qualità rischia di divenire
irreversibile, ma anche con la convinzione che tempi e qualità si
condizionano reciprocamente e che la bassa qualità inevitabilmente si
traduce anche in un appesantimento dei tempi. Un processo non istruito o
male istruito durerà nell'arco dei tre gradi di giudizio molto di più di
una causa per cui magari in primo grado si è speso più tempo, dando però
una soluzione definitiva. E tutti sappiamo come le cause più complesse
siano quelle che derivano da annullamenti dai gradi superiori che
costringono a distanza di tempo di riaffrontare controversie e
accertamenti. La rapidità immediata rischia a volte di tradursi in un
appesantimento complessivo dei tempi. La qualità pone un problema di
impossibilità, se non di difficoltà di misurazione. Se è facile
quantificare e monitorare i tempi, non lo è altrettanto per la qualità.
Difatti gli unici strumenti che abbiamo per misurarla in modo oggettivo
sono il tasso di resistenza agli ulteriori gradi di giudizio oltre che,
probabilmente, il livello di accettazione sociale delle decisioni.
Entrambi sono parametri estremamente insidiosi, in particolare il
secondo. Difatti la percentuale di conferma o di resistenza di una
decisione nei successivi gradi di giudizio è sicuramente significativo,
ma sconta il fatto che le decisioni dell'appello e della cassazione sono
migliori solo per convenzione, oltre che per una serie di parametri con
cui vengono adottate (il collegio, la maggiore esperienza dei giudici,
la relativa lontananza dal fatto). Convenzione inevitabile, anche perché
occorre porre fine ad una controversia, ma pur sempre una convenzione,
dato che vediamo sorgere spesso anche tra le diverse sezioni della Corte
di Cassazione contrasti e decisioni difformi. Comunque l'esame degli
esiti di un procedimento sia in primo grado che in appello è un dato
indicativo molto serio ed interessante che dovrebbe essere conosciuto in
ogni ufficio e che dovrebbe stimolare ed orientare la riflessione in
ogni sezione e sede proprio al fine di migliorare la qualità. 

Ancora
più problematica è l'analisi del livello di accettazione sociale delle
decisioni, perché si scontra e sconta molteplici fattori, anche di
natura politica e mass mediatica. Non solo, ma specie in un'epoca come
l'attuale in cui dominano notizie false e un trionfo di moti plebei
sulle diverse competenze e professionalità il rischio sarebbe quello di
farsi condizionare dagli istinti, prima ancora che dalle opinioni del
pubblico. Questo semmai pone con forza la necessità di una politica
della comunicazione degli uffici giudiziari che possano spiegare e
chiarire la loro attività ed i loro orientamenti. 

La scarsa attenzione
sulla qualità è comunque evidenziata dal semplice fatto che mentre è
facilissimo trovare dati ed analisi sui tempi della giustizia (vedi in
particolare i fondamentali Censimenti ministeriali), non esistono in
pratica dati nazionali pubblici né sull'esito dei procedimenti, né sul
tasso di impugnazione, né sul tasso di resistenza dei provvedimenti.


Nondimeno dobbiamo riscontrare come sia sempre meno accettata a
livello sociale l'alternanza degli esiti giudiziari. L'apparenza è che
il ribaltamento di una sentenza di primo grado in appello non sia
fisiologico risultato di un sistema di garanzie, ma la negazione della
certezza del diritto, sia per i tempi più prolungati, sia per
l'opinabilità che ogni decisione viene così ad avere. In tal modo si è
esteso oltre ogni misura di ragionevolezza il concetto di errore
giudiziario. Per errore giudiziario si computa qualsiasi difformità dal
l'esito definitivo sia esso relativo a persone soggette alle indagini
colpite da misure cautelari e poi assolte, sia pronunce di primo grado o
di appello smentite nei gradi successivi. Non si accetta l'idea che il
sistema, basandosi su esseri umani e su interpretazioni inevitabilmente
molteplici, ha previsto le impugnazioni proprio per ridurre al minimo il
rischio di errori. Non solo, ma che è sbagliato ritenere come errore la
valutazione che viene fatta in una fase processuale (quella cautelare)
sulla base di elementi diversi da quelli poi del merito. O ancora che
l'attività dell'interprete in un'epoca multi fonte come l'attuale è in
primis un'attività di ricostruzione e di coordinamento delle fonti e
delle normative applicabili e come tale è sempre meno un'attività
meccanica e sempre più un percorso in cui la discrezionalità e la
professionalità vengono esaltate. 

Va invece data attenzione alla
qualità con lo stesso rilievo che viene giustamente dato ai tempi. E
l'unico strumento che oggi abbiamo, molto meno affidabile del computo
del tempo, ma che ci fornisce un indice di orientamento è la capacità di
resistenza di una decisione, ovvero sapere il tasso di conferma delle
decisioni del singolo giudice e dell'ufficio, discutere gli
orientamenti, verificare da cosa dipendono eventuali anomalie, come un
tasso eccessivo di riforme o, per quanto riguarda le Procure, un tasso
eccessivo di assoluzioni. I motivi delle difformità possono essere del
tutto giustificati o addirittura nobili, quali la diversità di
orientamenti giurisprudenziali. Il problema è che bisogna saperlo e
discuterne. 

Nel nostro distretto l'ultimo anno i dati sono stati i
seguenti 

TASSI IMPUGNAZIONE  

ANNO  

GIUDIZIARIO   

CIVILE  


LAVORO   

PENALE  

S.I.C.I.D.   

ART.35 D.LEG.25/2008  

2016/2017 


25,96%   

60%   

24,49%   

23,08%  

2015/2016   

18,91%   

51% 


22,22%   

23,72%  

Il tasso di impugnazione, come si vede è
sostanzialmente stabile, sia nel settore civile che in quello penale. Il
dato che altera riguarda le impugnazioni ex art. 35, ovvero quelle in
tema di protezione internazionale, casi in cui l'appello è incentivato
dalla sospensiva dei provvedimenti di espulsione o rimpatrio in pendenza
di causa (oltre che in una certa misura dal patrocinio a spese dello
Stato). Difatti depurando il dato del 25,96% (onnicomprensivo) da tali
cause si verifica come gli scostamenti siano sempre nell'ordine dei
decimali. Va peraltro individuato come la tendenza in aumento delle
impugnazioni nel settore civile e del lavoro e, viceversa, in
diminuzione nel settore penale, corrispondano poi al forte aumento delle
iscrizioni nella Corte di Appello nel settore civile e del lavoro e alla
diminuzione nel settore penale. Il calo delle iscrizioni nel settore
penale deriva anche dalla forte diminuzione di sentenze pronunciate nei
Tribunali del distretto (da 15062 a 12407) derivante anche dalla
diminuzione di udienze celebrate a causa della carenza di personale
amministrativo di assistenza alle udienze. Sempre nel settore penale va
osservato come la provenienza delle impugnazioni sia in linea con il
numero di pronunce: 45% Brescia, 32% Bergamo, 14% Mantova, 9% Cremona.


Nel settore penale poi nel merito (ovviamente escluse le sentenze
predibattimentali relative a prescrizione, depenalizzazione) delle 2681
sentenze 945 sono di conferma e 1736 di riforma. Il dato appare
imponente, anche se in realtà nella dizione riforma trovano posto
pronunce estremamente varie: riduzione della pena, concessione delle
attenuanti generiche, oltre che il vero e proprio ribaltamento della
decisione. Circostanza che, in assenza di dati riscontrabili,
l'esperienza ci insegna che riguarda solo il 10% delle sentenze. 

Dato
quindi che conferma come elemento positivo la forte accettazione delle
decisioni di primo grado. Un sintomo positivo di qualità. 

Il dato
relativo all'esito dei procedimenti di primo grado è invece maggiormente
controverso. 

PROCESSI RITO MONOCRATICO  

TRIBUNALE  


PROSCIOGLIMENTO PREDIBATTIMENTALE   

ASSOLUZIONI   

PROMISCUE  


PRESCRIZIONE   

CONDANNE   

ALTRO  

Brescia   

4,19%   

35,99%  


5,24%   

8,25%   

23,94%   

22,39%  

Bergamo   

0,52%   

37,17% 


9,09%   

6,77%   

31,19%   

15,27%  

Mantova   

2,67%   

33,06%
 

5,19%   

4,76%   

32,90%   

22,53%  

Cremona   

1,25%  


35,45%   

7,47%   

4,76%   

32,39%   

18,69%  

PROCESSI RITO
COLLEGIALE  

TRIBUNALE   

PROSCIOGLIMENTO PREDIBATTIMENTALE  


ASSOLUZIONI   

PROMISCUE   

PRESCRIZIONE   

CONDANNE   

ALTRO 


Brescia   

27,98%   

18,52%   

2,06%   

41,15%   

10,29% 


Bergamo   

36,49%   

19,59%   

2,70%   

37,84%   

3,38% 


Mantova   

11,54%   

23,08%   

0,00%   

57,69%   

7,69% 


Cremona   

48,15%   

14,81%   

3,70%   

25,93%   

7,41%  

Il
numero elevato di assoluzioni non è il segnale di un lavoro malfatto da
parte delle Procure, ma deriva da una serie di fattori che sarebbe
opportuno anche approfondire con una ricerca mirata. 

In primo luogo è
il frutto malato di un produttivismo in cui siamo immersi e che innesca
un circolo vizioso. Se quanto conta è la statistica e non le persone la
spinta è verso la definizione massiva, sia con richieste di
archiviazione, sia con decreti di citazione. Con il derivante problema
che l'eccessivo numero di citazioni dirette (quindi per fatti
normalmente di minore gravità) intasa i Tribunali e costringe a
fissazioni a distanza di due - tre - quattro anni dal fatto. Con
l'ulteriore conseguenza che tutti i processi che si fondano su prove
dichiarative soffriranno a volte in modo irrimediabile del tempo
trascorso, non potendo che chiudersi con assoluzioni. Un risultato
insoddisfacente per tutti - per il cittadino accusato costretto a
aspettare anni prima di vedere riconosciuta la propria innocenza,
trascinandosi un carico pendente che può essere pregiudizievole, per il
P.M. e la polizia giudiziaria che svolgono un lavoro inutile, per i
giudici che si vedono costretti ad un superlavoro, per la collettività
che vede divaricarsi la verità fattuale dalla verità processuale. 

Ciò
deriva dall'insufficienza delle risorse in cui da anni ci dibattiamo, ma
anche dall'esserci fatti trascinare dalla schiavitù dai tempi e dalle
statistiche. 

Occorre un salto di qualità. 

Ovvero in primis maggiore
attenzione da parte di tutti e maggiore consapevolezza che siamo tutti
parte di una filiera in cui nessun addetto o Ufficio può lavorare da
solo disinteressandosi del prodotto del nostro lavoro che deve essere
una decisione di giustizia. 

Se riuscissimo a fare una migliore
selezione dei fatti che pervengono, una adeguata scelta dei canali
processuali, un minore afflusso di processi nella fase dibattimentale e
quindi tempi più rapidi, anche per le eventuali impugnazioni, avremmo un
risultato migliore per tutti. 

Occorre spostare l'ottica dalle
statistiche (ovviamente senza dimenticarle) alla qualità del sistema,
nella convinzione che ciò facendo avremo un forte riverbero positivo
anche su tempi e dati. 

Occorre che gli Uffici giudiziari parlino tra
di loro e con gli avvocati per affrontare questi problemi che sono
innanzitutto organizzativi, ma anche processuali e che investono anche
delicate scelte di merito. 

E' quanto abbiamo cercato di fare come
Uffici giudicanti e requirenti del distretto approvando dopo un ampio e
serrato confronto le Linee Guida in materia di priorità nella
trattazione dei procedimenti penali in primo e secondo grado. In tale
documento non vengono soltanto delineati i criteri di priorità
cosiddetti convenzionali di fissazione dei procedimenti che vengono
aggiunti a quelli legali, ma si prende la responsabilità di indicare (in
modo da esonerare da responsabilità il singolo magistrato) quali
procedimenti non ritenere urgenti in quanto prossimi alla prescrizione
sia in I che in II grado, ed infine, fatto nuovo, di indicare a livello
indicativo ed informativo la capacità di definizione annua dei diversi
Tribunali: 1150 Cremona, 1250 Mantova, 3500 Bergamo, 4000 Brescia. Non
si tratta ovviamente di un tetto, ma di un dato di cui le Procure della
Repubblica terranno conto nella consapevolezza che un flusso maggiore
inevitabilmente provoca una dilatazione dei tempi a scapito della stessa
genuinità ed affidabilità dell'accertamento processuale. Anche perché
obbligatorietà dell'azione penale significa svolgere accertamenti e
chiedere o disporre il rinvio a giudizio solo quando vi è la ragionevole
convinzione che la persona mandata davanti ad un Tribunale possa vedere
affermata la propria responsabilità penale. 

E' importante che queste
acquisizioni, sia relative ai criteri di priorità, sia alla fissazione
dei procedimenti prossimi alla prescrizione, sia sulla capacità di
definizione annua dei diversi Tribunali siano state elaborate e
condivise da Uffici diversi e discusse con l'avvocatura. Un risultato
innanzitutto di trasparenza e di comunicazione che dovrà essere
aggiornato sia al fine di verificare i risultati di questo primo periodo
ed i flussi che si sono avuti, sia per rivedere le capacità di
definizione dei diversi Tribunali alla luce dell'aumento di organico e
dell'arrivo dei nuovi assistenti. 

Ma credo che se vogliamo mettere la
qualità al primo posto vi è un ulteriore passaggio da fare. 

La
circolazione della giurisprudenza innanzitutto tra primo e secondo grado
e tra i vari Tribunali, ma in prospettiva coinvolgendo anche
l'avvocatura. E poi una verifica mirata sulle eventuali anomalie del
sistema. Perché ad esempio in certi settori (penso ai reati contro la
Pubblica Amministrazione) vi siano così poche notizie di reato, perché
in altri settori vi sia un tasso particolarmente elevato di assoluzioni.
Questo può aiutare tutti, sia evitando azioni penali senza speranza, sia
migliorando la qualità del nostro operato quotidiano. 

A noi servirebbe
un lavoro ad alto spettro, più monitoraggi, approfondimenti e
riflessioni piuttosto che la costante polemica sugli "errori giudiziari"
che spesso sentiamo.  


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