[Area] R: R: R: tre proposte

Oscar Magi oscar.magi a giustizia.it
Gio 1 Feb 2018 10:13:13 CET


Nell’associarmi alle belle parole di Carlo Citterio nei confronti di Donatella Ferranti, la cui mancata ricandidatura è un’altra occasione persa per tutto il paese, faccio mie le sue considerazioni sul giudizio di appello , vero e nevralgico punto di crisi dell’intero sistema penale .
A tutto quanto da lui già detto, vorrei aggiungere un paio di considerazioni  sorrette dalla mia attuale esperienza in Corte a Milano : per quello che vedo il problema di fondo è che , nel caso di sentenza di condanna in primo grado ( anche a pena mite, magari sospesa) , i difensori impugnano sempre ; e quando dico sempre , voglio significare proprio sempre.
Ho visto atti di appello che, pur formalmente corretti ( per evitare la tagliola della inammissibilità) , si arrampicano in considerazioni che di giuridico hanno veramente poco  e che, sostanzialmente, sono fatti per evitare che la condanna passi in giudicato , magari lucrando ( la parola è brutta, ma non ne trovo una migliore ) anche il pagamento per il gratuito patrocinio.
Questo comporta, inevitabilmente, un carico di udienze e di processi non facilmente sostenibile  ed una attenzione alla “qualità” delle sentenze sempre più limitata.
Se a ciò si aggiunge la concreta possibilità che il procedimento si esaurisca con la prescrizione ( soprattutto  le contravvenzioni, ma non solo ) , si ha un quadro completo della costante inefficacia della nostra azione.
Forse ( e dico forse, attesa la cronica mancanza di aule e di assistenti ) le modifiche indicate da Carlo e da Bruno Giordano, potrebbero aiutare.
A mio modesto parere la sospensione della prescrizione quantomeno dopo la sentenza di primo grado aiuterebbe di più.
Un caro saluto
Oscar Magi 

From: carlocitt a alice.it 
Sent: Wednesday, January 31, 2018 4:30 PM
To: area a areaperta.it 
Subject: [Area] R: R: R: tre proposte

Oggi la qualità media della giurisdizione di primo grado, per tante ragioni prima tra tutte, al solito, la quantità, non è in grado di assicurare in termini statisticamente rassicuranti un esito, di merito, integralmente appagante. E ciò non riguarda le fisiologiche diversità di valutazioni, ma autentici limiti intrinseci delle decisioni.

 

Il problema – per me – vero è quindi metter mano alla disciplina del giudizio d’appello, che assolutamente non può essere più caratterizzato da un rito che consente discrezionalmente l’accesso e impone come unica risposta strutturale la fissazione di una udienza partecipata [lasciando perdere idee ‘innaturali’ come l’abolizione del divieto di riforma in peggio (il giudice ha la responsabilità di decidere, bene e tempestivamente, nel merito, non è non può essere e confido non sarà mai il gendarme o la mano punitiva dello Stato per compensare ignavie, incapacità o ignoranze del legislatore].

 

Basti pensare alla desolante prassi di difensori che comunicano per fax che non parteciperanno e chiedono una sostituzione ex art. 96 quarto comma (difensore che ovviamente si riporta ai motivi) ovvero compaiono per riportarsi ai motivi e presentare la parcella per la liquidazione anche della voce di partecipazione all’udienza con il patrocinio a spese dello Stato; io sto meditando che dovrebbe essere previsto come rito ordinario del giudizio d’appello, salve eccezioni tipizzate (reati più gravi, detenuti, ecc.), il camerale non partecipato – come nel giudizio di cassazione – salva la facoltà discrezionale e insindacabile per tutti di chiedere la trattazione in udienza partecipata (e la sospensione trimestrale dall’albo per il difensore che avendola chiesta, non si presenti, almeno a mezzo di sostituto ex art. 102 che effettivamente discuta, all’udienza fissata). Ovviamente il tema è più complesso: ad esempio, quale è l’ambito della discussione nel processo d’appello (che ha cognizione delimitata dai motivi originari, che la Corte conosce all’inizio della discussione e che pertanto non possono essere solo ripetuti a voce…). Appunto, occorre una rivisitazione del processo d’appello, possibilmente in accordo con l’Avvocatura, per individuare i diritti effettivi da tutelare in tale grado di giudizio attraverso una sorta di rito a fisarmonica che operi con un’ipotesi base e varianti per ragioni concordate.

 

Su questo occorrerebbe lavorare. Insieme. E in fretta.

 

Proprio perché sarebbe necessario un impegno di questo genere, voglio cogliere l’occasione per ringraziare personalmente Donatella Ferranti, che ho appreso non ricandidata alle prossime elezioni politiche. 

 

Se ciò fosse vero debbo dire che mi dispiace. Donatella Ferranti è stata oggetto più volte di attacchi, anche personali pesantissimi, ma da peone tecnico personalmente sono convinto che molte delle modifiche positive introdotte dalla legislatura appena finita nella disciplina processuale e sostanziale penale, specialmente quelle dotate di un minimo di organicità, siano dovute prevalentemente al suo impegno, costante e faticoso, come presidente della Commissione giustizia della Camera. Basta verificare i lavori parlamentari e ricordarsi che in genere in materia legislativa processo penale e diritto penale quando si subordina tutto a soluzioni solo integralmente condivise si impantana tutto (e molti godono, o si tranquillizzano). 

 

Del resto, la critica negativa di magistratura associata ed avvocatura associata in certi casi è segno positivo del risultato ottenuto.

 

Specialmente fin tanto che avvocatura e magistratura associata non saranno capaci di confrontarsi laicamente, senza i rispettivi pregiudizi, sui problemi, valorizzando ciò che dovrebbe contraddistinguerli con assoluta peculiarità rispetto a qualsiasi legislatore: la capacità di comprendere cosa è vero diritto e cosa è rendita, cosa è coerente con il processo giusto e cosa è impregnato di corporativismi ed autoreferenzialità opposti, e specialmente dove trovare il più alto equilibrio tra i diritti imprescindibili dei singoli e quelle aspettative dei cittadini che sono conformi a Costituzione.

 

Insomma, ci vorrebbe per il processo penale d’appello nella prossima legislatura una Donatella Ferranti-bis, forse a qualcosa si approderebbe.

 

carlo citterio

 

 

 

Da: Area [mailto:area-bounces a areaperta.it] Per conto di thorgiov
Inviato: mercoledì 31 gennaio 2018 14:20
A: area a areaperta.it
Oggetto: Re: [Area] R: R: tre proposte

 

Io invece faccio una sola proposta, molto più semplice. Poichè l'appello non è previsto dalla Costituzione, a differenza del ricorso in Cassazione, e poichè l'appello si poteva giustificare con il processo inquisitorio, per aggiungere una garanzia di cui c'era bisogno laddove la sentenza di primo grado era pronunciata sul materiale raccolto dal pubblico ministero senza contraddittorio, è giunto il momento di abolirlo una volta per tutte. Ormai esiste il giusto processo, fra l'altro con l'udienza preliminare, che di fatto rappresenta un ulteriore grado di giudizio, per i reati più gravi. Il sistema di garanzie è diventato eccessivo ed è molto costoso, anche sul piano economico. L'appello nel penale conviene sempre, perchè male che vada esiste il divieto di reformatio in peius e di solito una diminuzione di pena non si nega a nessuno, mentre nel civile almeno c'è un filtro rappresentato dai costi. Bisogna quindi diminuire le garanzie processuali con l'eliminazione di un grado di giudizio. Dopotutto, le sentenze vengono pronunciate in nome del popolo italiano, ed è meglio evitare che il popolo si pronunci ( e si affatichi ) troppo. Semmai bisogna intervenire sul piano del diritto sostanziale, laddove si annidano le vere cause della crescita dell'intervento penale.

FELICE   PIZZI  ( Giudice del contenzioso del Tribunale di Napoli Nord )

 

Il 31/01/2018 09:53, Perelli Simone ha scritto:

  Il giudice monocratico in appello per i reati minori potrebbe essere una buona idea …

  Tuttavia l’appello dovrebbe essere armonizzato con il processo accusatorio, quindi modificato radicalmente con riferimento al processo dibattimentale.

  Riguardo alle caratteristiche dei magistrati d’appello, pur condividendo le osservazioni di Bruno  Giordano e di Carlo Citterio,  segnalo che in alcune Corti – tra cui Torino – in occasione degli ultimi bandi non sono stati neppure coperti tutti i posti per carenza di domande!

  Altro che necessità di scegliere…

   

   

  Da: Area [mailto:area-bounces a areaperta.it] Per conto di carlocitt a alice.it
  Inviato: mercoledì 31 gennaio 2018 09:41
  A: area a areaperta.it
  Oggetto: [Area] R: tre proposte

   

  Al volo prendo spunto dalla seconda proposta di Bruno.

   

  Due cose:

   

  - mi ha insegnato tanti anni fa un collega che stimo molto che la caratteristica del giudice d’appello è la “cultura della prova”. Ciò presuppone il precedente esercizio di un periodo effettivo efficace e fecondo di giurisdizione vissuta nel giudicare;

   

  - è ora di finirla di mandare in appello il più anziano/a in ruolo tra coloro che hanno fatto domanda nel singolo specifico bando, a prescindere dalle storie professionali e dalle effettive capacità specifiche. L’ufficio della corte d’appello è oggi rimasto forse l’unico dove si va solo per anzianità, anche indipendentemente dalle funzioni che si sono esercitate prima e dalla concreta soggettiva idoneità alla funzione (che, giova ricordarlo, è solo collegiale, con quel che ciò comporta). L’ottica (vero emblema dell’approccio sostanzialmente corporativo che caratterizza il nostro sistema autoreferenziale) pare sempre quella dell’aspettativa del singolo, poco (mai?) quella delle esigenze dell’ufficio di destinazione.

   

  L’appello, in particolare nel settore penale, è oggi il cuore nevralgico e vero del sistema: se non funziona l’appello, tutto evapora e rimangono giri di carte, impegni personali, utilizzazione delle poche risorse, tutto confluente in un grande gioco di ruoli che culmina nella celebrazione di uno spreco senza pari. E, soprattutto, nel sacrificio in fatto dei principi costituzionali dell’eguaglianza dei cittadini davanti alla legge e della giustizia giusta (che presuppone innanzitutto, per essere tale, una decisione nel merito e non in rito). Oggi chi va in appello si va per ‘trottare’: alzare l’equilibrio possibile tra qualità e quantità, tensione alla risposta a domande di giustizia (che sono dell’imputato ma anche della vittima e, comunque, delle esigenze di tutela e corretta vita sociale di tutti i cittadini), lotta con le risorse che mancano, aver chiara la necessità di acquisire una professionalità specifica che è diversa da quella del giudice di primo grado e tanto più del pubblico ministero, avere consapevole disponibilità dell’adeguare il proprio modo di lavorare alle esigenze proprie della funzione e del contesto solo collegiale che la caratterizza.

   

  Ed allora, no ai soli professorini in appello (ci vogliono magistrati che abbiano innanzitutto specifica esperienza nella ”carne” degli imputati e delle vittime, nell’esame di testi e consulenti, nella motivazione) e no al trasferimento del più anziano a prescindere che faccia domanda.

   

  Grazie Bruno per aver riposto il problema, che forse perché coinvolgente un numero sostanzialmente ridotto di magistrate/i pare sempre ignorato o negletto.

   

  Lavori, Bruno, il prossimo CSM per trovare un equilibrio.

   

  carlo citterio

   

   

  Da: Area [mailto:area-bounces a areaperta.it] Per conto di Giordano Bruno
  Inviato: mercoledì 31 gennaio 2018 09:17
  A: area a areaperta.it
  Oggetto: [Area] tre proposte

   

   

  Ci sono cose semplici che potrebbero migliorare il nostro lavoro e di cui il CSM dovrebbe occuparsi coniugando i poteri di normazione secondaria con quelli di proposta legislativa (senza attendere l'inutile richiesta di parere su decreti legge che passano con la fiducia).

   

  Ho atteso - prima di inviare alcune mie proposte in questa lista - di riscontrare l'opinione dei colleghi negli incontri di queste settimane per le primarie di Area cui partecipo, da Gela a Trieste, in (quasi) tutti i distretti.

   

  Provo a sottoporvele:

   

  1) APPELLO PENALE: 

   

  La recente riforma delle impugnazioni penali non ha modificato le competenze in relazione alla composizione del giudice di appello penale. Attese le condizioni agonizzanti delle corti di appello si potrebbe pensare ad un giudice di appello monocratico che giudichi sui reati a citazione diretta.

  Mediamente  in un collegio di appello ci sono colleghi che insieme arrivano almeno a 90 anni di magistratura che non penso siano necessari per giudicare in secondo grado un furto di bicicletta, la ricettazione di un motorino o l'omissione di contributi previdenziali. 

   

  2) CORTE DI APPELLO:

   

  L'esperienza dei giudici di cassazione c.d. juniores, per particolari meriti, risulta positiva per la giurisdizione di legittimità. Si potrebbe quindi estendere alla selezione dei giudici di appello consentendo a colleghi con specifici titoli il trasferimento in appello. Ciò potrebbe suscitare particolare interesse nei giudici di primo grado stimolandoli a un impegno straordinario (anche sul piano scientifico) e ad arginare la deriva burocratica in attesa di maturare l'anzianità richiesta. 

   

  3) COMPETENZE DISTRETTUALI

   

  Il legislatore si (e ci) sta abituando a rispondere a situazioni apparentemente emergenziali "distrettualizzando" le competenze sia in civile sia in penale (immigrazione, imprese, misure di prevenzione, antimafia, reati informatici, prostituzione minorile etc etc) senza alcuna considerazione sulle conseguenze nell'organizzazione giudiziaria e nella (dis)articolazione del lavoro tra sedi distrettuali e circondariali. Non ho nulla in contrario - si badi - alle competenze in sede distrettuale ma non possiamo più sostenere  un'irrazionale distribuzione delle risorse tra sedi distrettuali e non, con fascicoli viaggianti, applicazioni, processi istruiti in una sede e dibattuti in altra, pubblici ministeri itineranti nel distretto etc.

  Ratio loci e organizzazione devono essere inscindibili.  

   

  Che ne pensate?

   

   

  Bruno Giordano 






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