[Area] R: R: R: tre proposte

thorgiov thorgiov a libero.it
Mer 31 Gen 2018 19:54:25 CET


Ma che c'entra il corporativismo ? La difficoltà di colloquiare tra 
magistrati ed avvocati nasce non da un esasperato senso di 
autoreferenzialità, da una parte o dall'altra, ma da una esigenza 
concreta che ha l'avvocatura : accontentare a tutti i costi il proprio 
cliente, il quale, se proprio non riesce ad ottenere l'assoluzione, mira 
alla prescrizione o almeno a una riduzione della pena oppure a ritardare 
l'iscrizione di un precedente a carico nel casellario giudiziale. Perchè 
se non ottiene questo risultato, il cliente semplicemente non paga, 
anche perchè, grazie al patrocinio a spese dello Stato, ormai si è fatto 
l'idea che l'assistenza del difensore è gratuita.  Il magistrato questa 
esigenza non ce l'ha, perchè a fine mese lo stipendio se lo porta a casa 
comunque. Quindi non è il caso di fare esercizi spirituali sull'ambito 
della discussione nel giudizio di appello o sul rito a fisarmonica. Qui 
non viene in gioco una questione musicale, ma un problema di fondo molto 
più importante : la pagnotta. Perchè prova tu a convincere un imputato 
che bisogna trovare un alto equilibrio tra i diritti dei singoli e le 
aspettative dei cittadini conformi a Costituzione.

La canzone che propongo io è un'altra : eliminare l'appello. Non 
servirebbe nemmeno un Ferranti bis o tris. Tanto, grazie all'art. 111 
Cost. novellato secondo i desideri del Berlusca ( per caso qualcuno 
ricorda quale fu l'occasione della modifica della riforma costituzionale 
? ) ormai il processo di primo grado è un processo giusto. Con l'appello 
è diventato troppo giusto. Ma forse per te un processo non è mai 
abbastanza giusto.

FELICE   PIZZI  ( Giudice del contenzioso del Tribunale di Napoli Nord )


Il 31/01/2018 16:30, carlocitt a alice.it ha scritto:
>
> Oggi la qualità media della giurisdizione di primo grado, per tante 
> ragioni prima tra tutte, al solito, la quantità, non è in grado di 
> assicurare in termini statisticamente rassicuranti un esito, di 
> merito, integralmente appagante. E ciò non riguarda le fisiologiche 
> diversità di valutazioni, ma autentici limiti intrinseci delle decisioni.
>
> Il problema – per me – vero è quindi metter mano alla disciplina del 
> giudizio d’appello, che assolutamente non può essere più 
> caratterizzato da un rito che consente discrezionalmente l’accesso e 
> impone come unica risposta strutturale la fissazione di una udienza 
> partecipata [lasciando perdere idee ‘innaturali’ come l’abolizione del 
> divieto di riforma in peggio (il giudice ha la responsabilità di 
> decidere, bene e tempestivamente, nel merito, non è non può essere e 
> confido non sarà mai il gendarme o la mano punitiva dello Stato per 
> compensare ignavie, incapacità o ignoranze del legislatore].
>
> Basti pensare alla desolante prassi di difensori che comunicano per 
> fax che non parteciperanno e chiedono una sostituzione ex art. 96 
> quarto comma (difensore che ovviamente si riporta ai motivi) ovvero 
> compaiono per riportarsi ai motivi e presentare la parcella per la 
> liquidazione anche della voce di partecipazione all’udienza con il 
> patrocinio a spese dello Stato; io sto meditando che dovrebbe essere 
> previsto come rito ordinario del giudizio d’appello, salve eccezioni 
> tipizzate (reati più gravi, detenuti, ecc.), il camerale non 
> partecipato – come nel giudizio di cassazione – salva la facoltà 
> discrezionale e insindacabile per tutti di chiedere la trattazione in 
> udienza partecipata (e la sospensione trimestrale dall’albo per il 
> difensore che avendola chiesta, non si presenti, almeno a mezzo di 
> sostituto ex art. 102 che effettivamente discuta, all’udienza 
> fissata). Ovviamente il tema è più complesso: ad esempio, quale è 
> l’ambito della discussione nel processo d’appello (che ha cognizione 
> delimitata dai motivi originari, che la Corte conosce all’inizio della 
> discussione e che pertanto non possono essere solo ripetuti a voce…). 
> Appunto, occorre una rivisitazione del processo d’appello, 
> possibilmente in accordo con l’Avvocatura, per individuare i diritti 
> effettivi da tutelare in tale grado di giudizio attraverso una sorta 
> di rito a fisarmonica che operi con un’ipotesi base e varianti per 
> ragioni concordate.
>
> Su questo occorrerebbe lavorare. Insieme. E in fretta.
>
> Proprio perché sarebbe necessario un impegno di questo genere, voglio 
> cogliere l’occasione per ringraziare personalmente Donatella Ferranti, 
> che ho appreso non ricandidata alle prossime elezioni politiche.
>
> Se ciò fosse vero debbo dire che mi dispiace. Donatella Ferranti è 
> stata oggetto più volte di attacchi, anche personali pesantissimi, ma 
> da peone tecnico personalmente sono convinto che molte delle modifiche 
> positive introdotte dalla legislatura appena finita nella disciplina 
> processuale e sostanziale penale, specialmente quelle dotate di un 
> minimo di organicità, siano dovute prevalentemente al suo impegno, 
> costante e faticoso, come presidente della Commissione giustizia della 
> Camera. Basta verificare i lavori parlamentari e ricordarsi che in 
> genere in materia legislativa processo penale e diritto penale quando 
> si subordina tutto a soluzioni solo integralmente condivise si 
> impantana tutto (e molti godono, o si tranquillizzano).
>
> Del resto, la critica negativa di magistratura associata ed avvocatura 
> associata in certi casi è segno positivo del risultato ottenuto.
>
> Specialmente fin tanto che avvocatura e magistratura associata non 
> saranno capaci di confrontarsi laicamente, senza i rispettivi 
> pregiudizi, sui problemi, valorizzando ciò che dovrebbe 
> contraddistinguerli con assoluta peculiarità rispetto a qualsiasi 
> legislatore: la capacità di comprendere cosa è vero diritto e cosa è 
> rendita, cosa è coerente con il processo giusto e cosa è impregnato di 
> corporativismi ed autoreferenzialità opposti, e specialmente dove 
> trovare il più alto equilibrio tra i diritti imprescindibili dei 
> singoli e quelle aspettative dei cittadini che sono conformi a 
> Costituzione.
>
> Insomma, ci vorrebbe per il processo penale d’appello nella prossima 
> legislatura una Donatella Ferranti-bis, forse a qualcosa si approderebbe.
>
> carlo citterio
>
> *Da:*Area [mailto:area-bounces a areaperta.it] *Per conto di *thorgiov
> *Inviato:* mercoledì 31 gennaio 2018 14:20
> *A:* area a areaperta.it
> *Oggetto:* Re: [Area] R: R: tre proposte
>
> Io invece faccio una sola proposta, molto più semplice. Poichè 
> l'appello non è previsto dalla Costituzione, a differenza del ricorso 
> in Cassazione, e poichè l'appello si poteva giustificare con il 
> processo inquisitorio, per aggiungere una garanzia di cui c'era 
> bisogno laddove la sentenza di primo grado era pronunciata sul 
> materiale raccolto dal pubblico ministero senza contraddittorio, è 
> giunto il momento di abolirlo una volta per tutte. Ormai esiste il 
> giusto processo, fra l'altro con l'udienza preliminare, che di fatto 
> rappresenta un ulteriore grado di giudizio, per i reati più gravi. Il 
> sistema di garanzie è diventato eccessivo ed è molto costoso, anche 
> sul piano economico. L'appello nel penale conviene sempre, perchè male 
> che vada esiste il divieto di reformatio in peius e di solito una 
> diminuzione di pena non si nega a nessuno, mentre nel civile almeno 
> c'è un filtro rappresentato dai costi. Bisogna quindi diminuire le 
> garanzie processuali con l'eliminazione di un grado di giudizio. 
> Dopotutto, le sentenze vengono pronunciate in nome del popolo 
> italiano, ed è meglio evitare che il popolo si pronunci ( e si 
> affatichi ) troppo. Semmai bisogna intervenire sul piano del diritto 
> sostanziale, laddove si annidano le vere cause della crescita 
> dell'intervento penale.
>
> FELICE   PIZZI  ( Giudice del contenzioso del Tribunale di Napoli Nord )
>
> Il 31/01/2018 09:53, Perelli Simone ha scritto:
>
>     Il giudice monocratico in appello per i reati minori potrebbe
>     essere una buona idea …
>
>     Tuttavia l’appello dovrebbe essere armonizzato con il processo
>     accusatorio, quindi modificato radicalmente con riferimento al
>     processo dibattimentale.
>
>     Riguardo alle caratteristiche dei magistrati d’appello, pur
>     condividendo le osservazioni di Bruno  Giordano e di Carlo
>     Citterio,  segnalo che in alcune Corti – tra cui Torino – in
>     occasione degli ultimi bandi non sono stati neppure coperti tutti
>     i posti per carenza di domande!
>
>     Altro che necessità di scegliere…
>
>     *Da:*Area [mailto:area-bounces a areaperta.it] *Per conto di
>     *carlocitt a alice.it <mailto:carlocitt a alice.it>
>     *Inviato:* mercoledì 31 gennaio 2018 09:41
>     *A:* area a areaperta.it <mailto:area a areaperta.it>
>     *Oggetto:* [Area] R: tre proposte
>
>     Al volo prendo spunto dalla seconda proposta di Bruno.
>
>     Due cose:
>
>     - mi ha insegnato tanti anni fa un collega che stimo molto che la
>     caratteristica del giudice d’appello è la “cultura della prova”.
>     Ciò presuppone il precedente esercizio di un periodo effettivo
>     efficace e fecondo di giurisdizione vissuta nel giudicare;
>
>     - è ora di finirla di mandare in appello il più anziano/a in ruolo
>     tra coloro che hanno fatto domanda nel singolo specifico bando, a
>     prescindere dalle storie professionali e dalle effettive capacità
>     specifiche. L’ufficio della corte d’appello è oggi rimasto forse
>     l’unico dove si va solo per anzianità, anche indipendentemente
>     dalle funzioni che si sono esercitate prima e dalla concreta
>     soggettiva idoneità alla funzione (che, giova ricordarlo, è solo
>     collegiale, con quel che ciò comporta). L’ottica (vero emblema
>     dell’approccio sostanzialmente corporativo che caratterizza il
>     nostro sistema autoreferenziale) pare sempre quella
>     dell’aspettativa del singolo, poco (mai?) quella delle esigenze
>     dell’ufficio di destinazione.
>
>     L’appello, in particolare nel settore penale, è oggi il cuore
>     nevralgico e vero del sistema: se non funziona l’appello, tutto
>     evapora e rimangono giri di carte, impegni personali,
>     utilizzazione delle poche risorse, tutto confluente in un grande
>     gioco di ruoli che culmina nella celebrazione di uno spreco senza
>     pari. E, soprattutto, nel sacrificio in fatto dei principi
>     costituzionali dell’eguaglianza dei cittadini davanti alla legge e
>     della giustizia giusta (che presuppone innanzitutto, per essere
>     tale, una decisione nel merito e non in rito). Oggi chi va in
>     appello si va per ‘trottare’: alzare l’equilibrio possibile tra
>     qualità e quantità, tensione alla risposta a domande di giustizia
>     (che sono dell’imputato ma anche della vittima e, comunque, delle
>     esigenze di tutela e corretta vita sociale di tutti i cittadini),
>     lotta con le risorse che mancano, aver chiara la necessità di
>     acquisire una professionalità specifica che è diversa da quella
>     del giudice di primo grado e tanto più del pubblico ministero,
>     avere consapevole disponibilità dell’adeguare il proprio modo di
>     lavorare alle esigenze proprie della funzione e del contesto solo
>     collegiale che la caratterizza.
>
>     Ed allora, no ai soli professorini in appello (ci vogliono
>     magistrati che abbiano innanzitutto specifica esperienza nella
>     ”carne” degli imputati e delle vittime, nell’esame di testi e
>     consulenti, nella motivazione) e no al trasferimento del più
>     anziano a prescindere che faccia domanda.
>
>     Grazie Bruno per aver riposto il problema, che forse perché
>     coinvolgente un numero sostanzialmente ridotto di magistrate/i
>     pare sempre ignorato o negletto.
>
>     Lavori, Bruno, il prossimo CSM per trovare un equilibrio.
>
>     carlo citterio
>
>     *Da:*Area [mailto:area-bounces a areaperta.it] *Per conto di
>     *Giordano Bruno
>     *Inviato:* mercoledì 31 gennaio 2018 09:17
>     *A:* area a areaperta.it <mailto:area a areaperta.it>
>     *Oggetto:* [Area] tre proposte
>
>     Ci sono cose semplici che potrebbero migliorare il nostro lavoro e
>     di cui il CSM dovrebbe occuparsi coniugando i poteri di normazione
>     secondaria con quelli di proposta legislativa (senza attendere
>     l'inutile richiesta di parere su decreti legge che passano con la
>     fiducia).
>
>     Ho atteso - prima di inviare alcune mie proposte in questa lista -
>     di riscontrare l'opinione dei colleghi negli incontri di queste
>     settimane per le primarie di Area cui partecipo, da Gela a
>     Trieste, in (quasi) tutti i distretti.
>
>     Provo a sottoporvele:
>
>     1) APPELLO PENALE:
>
>     La recente riforma delle impugnazioni penali non ha modificato le
>     competenze in relazione alla composizione del giudice di appello
>     penale. Attese le condizioni agonizzanti delle corti di appello si
>     potrebbe pensare ad _un giudice di appello monocratico_ che
>     giudichi sui reati a citazione diretta.
>
>     Mediamente  in un collegio di appello ci sono colleghi che insieme
>     arrivano almeno a 90 anni di magistratura che non penso siano
>     necessari per giudicare in secondo grado un furto di bicicletta,
>     la ricettazione di un motorino o l'omissione di contributi
>     previdenziali.
>
>     2) CORTE DI APPELLO:
>
>     L'esperienza dei giudici di cassazione c.d. juniores, per
>     particolari meriti, risulta positiva per la giurisdizione di
>     legittimità. Si potrebbe quindi estendere alla selezione
>     dei giudici di appello consentendo a colleghi con specifici titoli
>     il trasferimento in appello. Ciò potrebbe suscitare particolare
>     interesse nei giudici di primo grado stimolandoli a un impegno
>     straordinario (anche sul piano scientifico) e ad arginare la
>     deriva burocratica in attesa di maturare l'anzianità richiesta.
>
>     3) COMPETENZE DISTRETTUALI
>
>     Il legislatore si (e ci) sta abituando a rispondere a situazioni
>     apparentemente emergenziali "distrettualizzando" le competenze sia
>     in civile sia in penale (immigrazione, imprese, misure di
>     prevenzione, antimafia, reati informatici, prostituzione minorile
>     etc etc) senza alcuna considerazione sulle conseguenze
>     nell'organizzazione giudiziaria e nella (dis)articolazione del
>     lavoro tra sedi distrettuali e circondariali. Non ho nulla in
>     contrario - si badi - alle competenze in sede distrettuale ma non
>     possiamo più sostenere un'irrazionale distribuzione delle
>     risorse tra sedi distrettuali e non, con fascicoli viaggianti,
>     applicazioni, processi istruiti in una sede e dibattuti in altra,
>     pubblici ministeri itineranti nel distretto etc.
>
>     Ratio loci e organizzazione devono essere inscindibili.
>
>     Che ne pensate?
>
>     Bruno Giordano
>
>
>
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