[Area] R: R: R: tre proposte

carlocitt a alice.it carlocitt a alice.it
Mer 31 Gen 2018 16:30:05 CET


Oggi la qualità media della giurisdizione di primo grado, per tante ragioni
prima tra tutte, al solito, la quantità, non è in grado di assicurare in
termini statisticamente rassicuranti un esito, di merito, integralmente
appagante. E ciò non riguarda le fisiologiche diversità di valutazioni, ma
autentici limiti intrinseci delle decisioni.

 

Il problema – per me – vero è quindi metter mano alla disciplina del
giudizio d’appello, che assolutamente non può essere più caratterizzato da
un rito che consente discrezionalmente l’accesso e impone come unica
risposta strutturale la fissazione di una udienza partecipata [lasciando
perdere idee ‘innaturali’ come l’abolizione del divieto di riforma in peggio
(il giudice ha la responsabilità di decidere, bene e tempestivamente, nel
merito, non è non può essere e confido non sarà mai il gendarme o la mano
punitiva dello Stato per compensare ignavie, incapacità o ignoranze del
legislatore].

 

Basti pensare alla desolante prassi di difensori che comunicano per fax che
non parteciperanno e chiedono una sostituzione ex art. 96 quarto comma
(difensore che ovviamente si riporta ai motivi) ovvero compaiono per
riportarsi ai motivi e presentare la parcella per la liquidazione anche
della voce di partecipazione all’udienza con il patrocinio a spese dello
Stato; io sto meditando che dovrebbe essere previsto come rito ordinario del
giudizio d’appello, salve eccezioni tipizzate (reati più gravi, detenuti,
ecc.), il camerale non partecipato – come nel giudizio di cassazione – salva
la facoltà discrezionale e insindacabile per tutti di chiedere la
trattazione in udienza partecipata (e la sospensione trimestrale dall’albo
per il difensore che avendola chiesta, non si presenti, almeno a mezzo di
sostituto ex art. 102 che effettivamente discuta, all’udienza fissata).
Ovviamente il tema è più complesso: ad esempio, quale è l’ambito della
discussione nel processo d’appello (che ha cognizione delimitata dai motivi
originari, che la Corte conosce all’inizio della discussione e che pertanto
non possono essere solo ripetuti a voce…). Appunto, occorre una
rivisitazione del processo d’appello, possibilmente in accordo con
l’Avvocatura, per individuare i diritti effettivi da tutelare in tale grado
di giudizio attraverso una sorta di rito a fisarmonica che operi con
un’ipotesi base e varianti per ragioni concordate.

 

Su questo occorrerebbe lavorare. Insieme. E in fretta.

 

Proprio perché sarebbe necessario un impegno di questo genere, voglio
cogliere l’occasione per ringraziare personalmente Donatella Ferranti, che
ho appreso non ricandidata alle prossime elezioni politiche. 

 

Se ciò fosse vero debbo dire che mi dispiace. Donatella Ferranti è stata
oggetto più volte di attacchi, anche personali pesantissimi, ma da peone
tecnico personalmente sono convinto che molte delle modifiche positive
introdotte dalla legislatura appena finita nella disciplina processuale e
sostanziale penale, specialmente quelle dotate di un minimo di organicità,
siano dovute prevalentemente al suo impegno, costante e faticoso, come
presidente della Commissione giustizia della Camera. Basta verificare i
lavori parlamentari e ricordarsi che in genere in materia legislativa
processo penale e diritto penale quando si subordina tutto a soluzioni solo
integralmente condivise si impantana tutto (e molti godono, o si
tranquillizzano). 

 

Del resto, la critica negativa di magistratura associata ed avvocatura
associata in certi casi è segno positivo del risultato ottenuto.

 

Specialmente fin tanto che avvocatura e magistratura associata non saranno
capaci di confrontarsi laicamente, senza i rispettivi pregiudizi, sui
problemi, valorizzando ciò che dovrebbe contraddistinguerli con assoluta
peculiarità rispetto a qualsiasi legislatore: la capacità di comprendere
cosa è vero diritto e cosa è rendita, cosa è coerente con il processo giusto
e cosa è impregnato di corporativismi ed autoreferenzialità opposti, e
specialmente dove trovare il più alto equilibrio tra i diritti
imprescindibili dei singoli e quelle aspettative dei cittadini che sono
conformi a Costituzione.

 

Insomma, ci vorrebbe per il processo penale d’appello nella prossima
legislatura una Donatella Ferranti-bis, forse a qualcosa si approderebbe.

 

carlo citterio

 

 

 

Da: Area [mailto:area-bounces a areaperta.it] Per conto di thorgiov
Inviato: mercoledì 31 gennaio 2018 14:20
A: area a areaperta.it
Oggetto: Re: [Area] R: R: tre proposte

 

Io invece faccio una sola proposta, molto più semplice. Poichè l'appello non
è previsto dalla Costituzione, a differenza del ricorso in Cassazione, e
poichè l'appello si poteva giustificare con il processo inquisitorio, per
aggiungere una garanzia di cui c'era bisogno laddove la sentenza di primo
grado era pronunciata sul materiale raccolto dal pubblico ministero senza
contraddittorio, è giunto il momento di abolirlo una volta per tutte. Ormai
esiste il giusto processo, fra l'altro con l'udienza preliminare, che di
fatto rappresenta un ulteriore grado di giudizio, per i reati più gravi. Il
sistema di garanzie è diventato eccessivo ed è molto costoso, anche sul
piano economico. L'appello nel penale conviene sempre, perchè male che vada
esiste il divieto di reformatio in peius e di solito una diminuzione di pena
non si nega a nessuno, mentre nel civile almeno c'è un filtro rappresentato
dai costi. Bisogna quindi diminuire le garanzie processuali con
l'eliminazione di un grado di giudizio. Dopotutto, le sentenze vengono
pronunciate in nome del popolo italiano, ed è meglio evitare che il popolo
si pronunci ( e si affatichi ) troppo. Semmai bisogna intervenire sul piano
del diritto sostanziale, laddove si annidano le vere cause della crescita
dell'intervento penale.

FELICE   PIZZI  ( Giudice del contenzioso del Tribunale di Napoli Nord )

 

Il 31/01/2018 09:53, Perelli Simone ha scritto:

Il giudice monocratico in appello per i reati minori potrebbe essere una
buona idea …

Tuttavia l’appello dovrebbe essere armonizzato con il processo accusatorio,
quindi modificato radicalmente con riferimento al processo dibattimentale.

Riguardo alle caratteristiche dei magistrati d’appello, pur condividendo le
osservazioni di Bruno  Giordano e di Carlo Citterio,  segnalo che in alcune
Corti – tra cui Torino – in occasione degli ultimi bandi non sono stati
neppure coperti tutti i posti per carenza di domande!

Altro che necessità di scegliere…

 

 

Da: Area [mailto:area-bounces a areaperta.it] Per conto di carlocitt a alice.it
Inviato: mercoledì 31 gennaio 2018 09:41
A: area a areaperta.it
Oggetto: [Area] R: tre proposte

 

Al volo prendo spunto dalla seconda proposta di Bruno.

 

Due cose:

 

- mi ha insegnato tanti anni fa un collega che stimo molto che la
caratteristica del giudice d’appello è la “cultura della prova”. Ciò
presuppone il precedente esercizio di un periodo effettivo efficace e
fecondo di giurisdizione vissuta nel giudicare;

 

- è ora di finirla di mandare in appello il più anziano/a in ruolo tra
coloro che hanno fatto domanda nel singolo specifico bando, a prescindere
dalle storie professionali e dalle effettive capacità specifiche. L’ufficio
della corte d’appello è oggi rimasto forse l’unico dove si va solo per
anzianità, anche indipendentemente dalle funzioni che si sono esercitate
prima e dalla concreta soggettiva idoneità alla funzione (che, giova
ricordarlo, è solo collegiale, con quel che ciò comporta). L’ottica (vero
emblema dell’approccio sostanzialmente corporativo che caratterizza il
nostro sistema autoreferenziale) pare sempre quella dell’aspettativa del
singolo, poco (mai?) quella delle esigenze dell’ufficio di destinazione.

 

L’appello, in particolare nel settore penale, è oggi il cuore nevralgico e
vero del sistema: se non funziona l’appello, tutto evapora e rimangono giri
di carte, impegni personali, utilizzazione delle poche risorse, tutto
confluente in un grande gioco di ruoli che culmina nella celebrazione di uno
spreco senza pari. E, soprattutto, nel sacrificio in fatto dei principi
costituzionali dell’eguaglianza dei cittadini davanti alla legge e della
giustizia giusta (che presuppone innanzitutto, per essere tale, una
decisione nel merito e non in rito). Oggi chi va in appello si va per
‘trottare’: alzare l’equilibrio possibile tra qualità e quantità, tensione
alla risposta a domande di giustizia (che sono dell’imputato ma anche della
vittima e, comunque, delle esigenze di tutela e corretta vita sociale di
tutti i cittadini), lotta con le risorse che mancano, aver chiara la
necessità di acquisire una professionalità specifica che è diversa da quella
del giudice di primo grado e tanto più del pubblico ministero, avere
consapevole disponibilità dell’adeguare il proprio modo di lavorare alle
esigenze proprie della funzione e del contesto solo collegiale che la
caratterizza.

 

Ed allora, no ai soli professorini in appello (ci vogliono magistrati che
abbiano innanzitutto specifica esperienza nella ”carne” degli imputati e
delle vittime, nell’esame di testi e consulenti, nella motivazione) e no al
trasferimento del più anziano a prescindere che faccia domanda.

 

Grazie Bruno per aver riposto il problema, che forse perché coinvolgente un
numero sostanzialmente ridotto di magistrate/i pare sempre ignorato o
negletto.

 

Lavori, Bruno, il prossimo CSM per trovare un equilibrio.

 

carlo citterio

 

 

Da: Area [mailto:area-bounces a areaperta.it] Per conto di Giordano Bruno
Inviato: mercoledì 31 gennaio 2018 09:17
A: area a areaperta.it
Oggetto: [Area] tre proposte

 

 

Ci sono cose semplici che potrebbero migliorare il nostro lavoro e di cui il
CSM dovrebbe occuparsi coniugando i poteri di normazione secondaria con
quelli di proposta legislativa (senza attendere l'inutile richiesta di
parere su decreti legge che passano con la fiducia).

 

Ho atteso - prima di inviare alcune mie proposte in questa lista - di
riscontrare l'opinione dei colleghi negli incontri di queste settimane per
le primarie di Area cui partecipo, da Gela a Trieste, in (quasi) tutti i
distretti.

 

Provo a sottoporvele:

 

1) APPELLO PENALE: 

 

La recente riforma delle impugnazioni penali non ha modificato le competenze
in relazione alla composizione del giudice di appello penale. Attese le
condizioni agonizzanti delle corti di appello si potrebbe pensare ad un
giudice di appello monocratico che giudichi sui reati a citazione diretta.

Mediamente  in un collegio di appello ci sono colleghi che insieme arrivano
almeno a 90 anni di magistratura che non penso siano necessari per giudicare
in secondo grado un furto di bicicletta, la ricettazione di un motorino o
l'omissione di contributi previdenziali. 

 

2) CORTE DI APPELLO:

 

L'esperienza dei giudici di cassazione c.d. juniores, per particolari
meriti, risulta positiva per la giurisdizione di legittimità. Si potrebbe
quindi estendere alla selezione dei giudici di appello consentendo a
colleghi con specifici titoli il trasferimento in appello. Ciò potrebbe
suscitare particolare interesse nei giudici di primo grado stimolandoli a un
impegno straordinario (anche sul piano scientifico) e ad arginare la deriva
burocratica in attesa di maturare l'anzianità richiesta. 

 

3) COMPETENZE DISTRETTUALI

 

Il legislatore si (e ci) sta abituando a rispondere a situazioni
apparentemente emergenziali "distrettualizzando" le competenze sia in civile
sia in penale (immigrazione, imprese, misure di prevenzione, antimafia,
reati informatici, prostituzione minorile etc etc) senza alcuna
considerazione sulle conseguenze nell'organizzazione giudiziaria e nella
(dis)articolazione del lavoro tra sedi distrettuali e circondariali. Non ho
nulla in contrario - si badi - alle competenze in sede distrettuale ma non
possiamo più sostenere  un'irrazionale distribuzione delle risorse tra sedi
distrettuali e non, con fascicoli viaggianti, applicazioni, processi
istruiti in una sede e dibattuti in altra, pubblici ministeri itineranti nel
distretto etc.

Ratio loci e organizzazione devono essere inscindibili.  

 

Che ne pensate?

 

 

Bruno Giordano 






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