[Area] Proposte per l'appello

Oscar Magi oscar.magi a giustizia.it
Ven 2 Feb 2018 11:42:48 CET


Se mi è consentito, volevo fare una piccola chiosa a quanto già detto su questa lista per quanto concerne il tasso di impugnazione in appello delle sentenze di primo grado.
Avevo scritto in un precedente intervento che i difensori, in caso di sentenze di condanna, appellano sempre .
Claudio Castelli, nel suo pregevole intervento di apertura dell’anno giudiziario di Brescia , e nel suo intervento qui sotto riportato, parla di “ un tasso di impugnazioni in fin dei conti limitate “.
Mi permetto di dissentire : proprio dai dati riportati nella relazione emerge un quadro diverso; se cioè si prende come riferimento il solo dato delle condanne in primo grado ( sia collegiali che monocratiche) , si arriva ad un tasso di sentenze di condanna del 35 % sul totale  ; se tale tasso lo si confronta con quello delle impugnazioni ( 24 %) , si può verificare che la percentuale delle medesime è circa il 70 % del totale ( delle sentenze di condanna).
E quindi ( immutata tutta la validità degli ulteriori ragionamenti di Claudio sulle “ capacità di resistenza” delle sentenze nei vari gradi del giudizio), emerge che ( al di là di un 30 % fisiologico di non appelli per le sentenze di condanna , dovute spesso al fatto della presenza di difensori d’ufficio che hanno meno interesse a coltivare l’appello ) , il 70 % delle sentenze di condanna viene appellato.
Non ho dati utilizzabili per la Corte d’appello di Milano, ma prometto di recuperarli al più presto per confrontarli con quelli forniti da Claudio per la Corte di Brescia.
Naturalmente posso aver sbagliato nei calcoli  e , nel caso, mi scuso.
Ma credo che, se le cose stanno così, non si possa parlare di un tasso di impugnazioni ( nel settore penale), limitato.
Un caro saluto
Oscar Magi 

From: Claudio Castelli 
Sent: Thursday, February 01, 2018 11:51 AM
To: area a areaperta.it 
Subject: [Area] Proposte per l'appello

Le Corti di appello sono diventate un punto di fortissima crisi del sistema ed è necessario un forte intervento sia come organici del personale ( il rapporto tra magistrati ed addetti amministrativi non arriva mai a 2, mentre ad esempio nei Tribunali normalmente è 3,5), sia come rito, sia culturale.

Culturale perché le Corti scontano di essere l’ultimo passaggio nel merito di una filiera che nel penale parte dalle Procure, in cui troppo spesso l’Ufficio a monte si disinteressa semplicemente di quanto avviene a valle negli altri uffici.

Tra l’altro avremmo bisogno di dati certi ed affidabili sul piano nazionale.

Nel mio osservatorio del distretto di Brescia ho riscontrato una serie di dati interessanti che sfatano molti luoghi comuni:

 

-          Un tasso di impugnazioni in fin dei conti limitate: 25,96 % nel civile, 24,49 % nel lavoro e 23,08 % nel penale.

-          Un tasso di riforme nel penale preoccupante: un tasso di sentenze riformate del 64,75 %, anche se solo circa il 10 % con riforma della decisione in punto di responsabilità.

-          Un tasso di condanne in primo grado nei procedimenti monocratici molto basso (circa il 30 %).


Se cominciassimo a valorizzare gli uffici anche per la capacità di resistenza delle decisioni ( come in realtà già esiste sulla carta nelle valutazioni di professionalità dei singoli magistrati) probabilmente faremmo dei passi avanti.

Per finire mi limito a rappresentare che sono del tutto contrario al passaggio al monocratico in appello.

Il collegio, se vero, ha un grande valore non solo di confronto, ma anche di mantenere una certa omogeneità giurisprudenziale.

Abbandonare il collegio vuol dire semplicemente cedere a sirene produttivistiche che alla fine fanno guadagnare ben poco.

Non solo, ma nel penale il problema per cui non si fanno più udienze non deriva dalla presenza del collegio, ma dalla mancanza di assistenti per le udienze e di cancellieri e funzionari per la fase dell’esecuzione.

Fare più udienze in situazioni come la Corte di Brescia dove c’è una scopertura del 35 % del personale è semplicemente impossibile.

Non solo, ma un problema comune a quasi tutte le Corti è l’imponente arretrato (migliaia nel migliore dei casi) di sentenze in attesa di esecuzione. Aumentare il numero dei provvedimenti vuol dire incrementare la crisi, non dare delle soluzioni.

Si tratta di elaborare un pacchetto di proposte, senza pensare che una possa essere risolutiva (a meno di abolire l’appello, che però appare scelta difficile a fronte del numero di sentenze riformate), ma che nel loro complesso possano invertire una tendenza oggi negativa.

 

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