[Area] Le correnti 'uccidono' l'ANM

Ardigo' Mario mario.ardigo a giustizia.it
Sab 24 Mar 2018 17:14:02 CET


  In politica c'è il ring dei "capi politici". Ma poi, che cambia?

  Tra noi c'è un ordinato ricambio al vertice. Segno di una sensibilità condivisa. Non si tratta di intrallazzi al vertice: è la base ad essere così. Le divisioni tra noi sono molto meno importanti che nella società intorno.

  L'era del berlusconismo non è neanche lontanamente paragonabile alla breve parabola del renzismo. Quest'ultimo, in alcuni suoi tratti, dipende dal primo, ne è in parte una conseguenza e in parte una continuazione, con qualcosa di diverso. L'inizio del renzismo iniziò con un'intesa tra i due leader.

  La critica alla magistratura fu meno aspra durante il renzismo. Prevalsero, mi pare, gli intenti di riforme condivise, mettendo a frutto anche l'esperienza giudiziaria. E' questione che non è stata al centro della recente campagna elettorale, ma riforme vi sono state, e importanti, impegnando pratici e studiosi in una continua opera di aggiornamento. Quella delle intercettazioni era necessaria: il differimento della sua entrata in vigore è stato saggio, per dare spazio, in una materia così calda, all'ulteriore riflessione dei pratici. E' comprensibile che siano stati i capi dei più importanti uffici del pubblico ministero a intervenire, manifestando, ancora una volta, una sensibilità comune.

 Mario Ardigò - Roma


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Da: Area <area-bounces a areaperta.it> per conto di Andrea Reale <andreale a yahoo.com>
Inviato: sabato 24 marzo 2018 09:35
A: AREA Mailing List
Oggetto: [Area] Le correnti 'uccidono' l'ANM


Liana Milella su Repubblica (qui sotto il suo commento sul suo blog) si è  finalmente accorta di una realtà evidente ai più.

Non servivano certo il tema delle intercettazioni (e  l'iniziativa assunta da sei procuratori capo ) o i ‘casi’ Zucca e Ferranti  per disvelare il bavaglio che le correnti hanno messo all'associazionismo giudiziario da anni ed il ‘manuale Cencelli’ che  esse hanno imposto (anche )  all’associazione.

Le giunte unitarie e gli accordi ‘estesi’ tra i gruppi (rappresentanti  le assertivamente  diverse  sensibilità  culturali della magistratura) , piuttosto che dare forza, ingessano l’attività associativa, perché conducono sempre a compromessi al ribasso e, alla fin fine , al silenzio su tematiche di vitale importanza.

Pur di  non scontentare una  delle correnti maggioritarie in causa – quasi sempre coinvolta  nelle vicende più scottanti, se non in casi eccezionali- si preferisce, infatti, soprassedere e non ufficializzare alcuna posizione.

Siamo oggi in attesa della prossima , vista e rivista, giunta esecutiva di larghe intese......

Saluti,

Andrea Reale







Quattro anni. Quattro presidenti per l’Anm. Il primo, due anni fa, fu Davigo, perché era il più votato, nonostante la sua corrente, Autonomia e
indipendenza, fosse all’esordio. Per la sua pregressa notorietà, di ex pm di Mani pulite e fustigatore dei corrotti, ha dominato mediaticamente. C’era la fila per intervistarlo, e
bisognava mettersi in coda. Il secondo, l’anno scorso, è stato Albamonte, di Area. Il terzo – lo
eleggeranno oggi, 24 marzo – è Minisci, di Unicost. Il quarto lo nomineranno l’anno prossimo.
Sarà di Magistratura indipendente. Nessuna suspense. Nessuna sorpresa. Un manuale
Cencelli che toglie peso all’Anm e riduce l’autorevolezza del presidente.
Succede così – e poi l’Anm se ne lamenta pure – che altre figure prendano peso e diventino
interlocutori privilegiati dei palazzi. È successo con i procuratori, i sei potenti procuratori di
Milano Greco, di Torino Spataro, di Roma Pignatone, di Firenze Creazzo, di Napoli Melillo, di
Palermo Lo Voi, divenuti interlocutori del Guardasigilli Orlando e delle commissioni Giustizia
di Camera e Senato, nonché dello stesso Csm. Con i limiti, ovviamente, che una figura come
un procuratore può avere, visto che il sindacato delle toghe può ipotizzare una protesta,
un’agitazione, uno sciopero, ma non può certo farlo il capo di un ufficio.
Accade così, come sulle intercettazioni, che si scopra con tre mesi di ritardo, che la riforma fa
gravi danni alla giustizia, oltre essere un bavaglio per la stampa. Danni agli imputati, danni
alle indagini, danni alla trasparenza delle inchieste stesse. I giornalisti, anche se non tutti, lo
hanno scritto. L’Anm non ha gridato come avrebbe dovuto. I procuratori si sono persi nei
dettagli e alcuni, come Spataro, hanno anche promosso la legge. Ma proprio sulle
intercettazioni si è avvertito lo scarso peso di quell’Anm che un tempo, battagliera e pronta
allo sciopero con Berlusconi, ha avuto le unghie spuntate con Renzi e con il Pd.



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