[Area] 25 aprile

Carlo Brusco c.brusco a alice.it
Mar 24 Apr 2018 19:00:29 CEST


Domani è il 25 aprile. In questi tempi nei quali il dibattito all’interno
della magistratura sembra occuparsi più delle nostre miserie (rientri in
ruolo agevolati, lotte feroci per l’attribuzione di un incarichi vari,
attribuzioni di incarichi esterni non proprio necessari, magistrati ai quali
l’ultima cosa che sembra interessare è di svolgere le funzioni per le quali
sono stati assunti) che dei problemi riguardanti l’esercizio indipendente
della giurisdizione credo che questa ricorrenza possa costituire l’occasione
per ricordare i nostri colleghi che, per consentire il ritorno alla
democrazia, hanno rinunziato non ad un incarico di prestigio ma alla vita.

Poiché la conoscenza di queste persone è per tutti noi quasi inesistente
credo che la ricorrenza possa costituire un utile ricordo del loro
sacrificio. Con la precisazione che analogo ricordo andrebbe fatto ai
magistrati epurati dal regime fascista e a quelli espulsi in base alle leggi
razziali.

Preciso che le notizie non sono frutto di una mia ricerca ma le traggo da un
fascicolo pubblicato dal CSM nell’ottobre 1976 che, forse, sarebbe opportuno
ristampare e distribuire a tutti i magistrati. E forse altri tribunali
potrebbero seguire l’esempio di quello genovese che, poco tempo fa, ha
ricordato i quattro magistrati operanti in Liguria che sacrificarono la loro
vita per la libertà, dedicando loro una lapide all’ingresso del palazzo di
giustizia con una cerimonia pubblica alla quale ha partecipato il Ministro
della giustizia. 

Ma ecco i nomi di questi magistrati:

Pasquale Colagrande, sostituto presso il Tribunale di Ferrara, arrestato per
antifascismo, fu fucilato per rappresaglia il 15.11.43 dopo l’uccisione del
segretario federale della rsi.

Dino Col, pretore di Genova-Sampierdarena, arrestato e torturato per
l’appartenenza ai movimenti clandestini antifascisti, fu poi deportato a
Flossemburg dove morì per il trattamento cui era stato sottoposto.

Francesco Drago, di origine messinese e sostituto procuratore a Savona, fu
arrestato da militi della rsi per aver inneggiato alla riacquistata libertà
dopo l’8 settembre; riuscì ad evadere e, passato in clandestinità nelle file
di Giustizia e Libertà, perse la vita in uno scontro a fuoco con
appartenenti alla rsi.

Carlo Ferrero, consigliere della Corte d’Appello di Torino, per i suoi
sentimenti antifascisti fu arrestato e fucilato a Chiusa Pesio, il 19
dicembre 1944, da un reparto militare tedesco.

Mario Fioretti, giudice del Tribunale di Firenze, partecipò alla resistenza
romana organizzandola e svolgendo le funzioni di redattore de L’Avanti
clandestino; fu ucciso in piazza di Spagna il 4 dicembre 1944 da un
appartenente alla guardia nazionale repubblicana.

Vincenzo Giusto, giudice del Tribunale di Cuneo, aderì alla Resistenza fin
dalla costituzione delle prime brigate partigiane (Volontari della libertà)
e trovò la morte in uno scontro a fuoco avvenuto il 13 aprile 1945.

Giuseppe Garribba, pretore di Soave dove costituì un comitato di liberazione
dopo l’8 settembre partecipando attivamente alla lotta di liberazione. Fu
oggetto di un attentato e successivamente arrestato, dalle brigate nere e
dalle SS, e tradotto a Dakau dove trovò la morte il 25 marzo 1945. E’ forse
l’unico in questo elenco il cui figlio (Tito) sia  entrato in magistratura
finendo la carriera come apprezzatissimo magistrato della Cassazione (presso
la quale ho avuto la fortuna di conoscerlo).

Cosimo Mariano, giudice del Tribunale di Belluno, di fede antifascista, fu
ucciso dai soldati tedeschi, il 20 agosto 1944, nel corso di un
rastrellamento durante uno scontro a fuoco tra partigiani e nazifascisti.

Cosimo Orrù, pubblico ministero presso il Tribunale di Bergamo; sospeso
dalle funzioni per richieste non gradite agli organi locali della rsi e
riammesso in servizio aderì alla lotta clandestina. Arrestato nel giugno
1944 fu deportato a Flossemburg dove trovò la morte nel dicembre del
medesimo anno.

Nicola Panevino, giudice del Tribunale di Savona dopo l’8 settembre si
iscrisse al partito d’Azione clandestino e divenne presidente del locale
comitato di liberazione. Arrestato dalla divisione S. Marco fu torturato e
poi fucilato, il 23 marzo 1945, insieme ad altri detenuti politici, per
rappresaglia contro un’azione di guerra che aveva provocato la morte di
alcuni soldati tedeschi. Dai documenti risulta che aveva praticamente
trasformato il Tribunale di Savona in una sede di cospirazione della
Resistenza.

Pasquale Saraceno, giudice della Corte d’Appello di Firenze, era il
magistrato più elevato in grado presente in Città al momento della sua
liberazione e avrebbe dovuto incontrarsi con una delegazione inglese il 16
agosto 1944; ma la sera prima fu colpito, davanti alla sede della Corte, da
un colpo di fucile mortale sparato da un cecchino.

Vittorio Scala, giudice del Tribunale di La Spezia, fu arrestato dalle SS,
perché sospettato di aderire ai movimenti di liberazione, e condotto nella
caserma della 10a Mas dove fu sottoposto a torture. Deportato nel lager di
Mathausen vi morì il 15 marzo 1945.

Mario Tradardi, pubblico ministero presso il tribunale de L’Aquila verso la
fine del 1943 si univa alle forze della resistenza (brigata “Maiella”) e
partecipava attivamente ai combattimenti, che avrebbero condotto alla
liberazione di Bologna, trovando la morte in uno di questi il 16 dicembre
1944. 

A questi nomi mi sembra giusto aggiungerne almeno tre che non erano più
magistrati al momento della morte: 

Emilio Sacerdote si era dimesso volontariamente prima dell’entrata in vigore
delle leggi razziali. Sacerdote partecipò alla resistenza e, dopo essere
stato catturato, fu deportato prima a Flossemburg e poi a Bergen Belsen dove
morì. 

Mario Finzi, subito dopo aver assunto il servizio fu dispensato dal servizio
per l’entrata in vigore delle leggi razziali; aderì a Giustizia e Libertà e
prestò assistenza e ebrei e partigiani; arrestato nel 1944 fu deportato ad
Auschwitz dove morì alla fine del medesimo anno.

Pier Amato Perretta, giudice del Tribunale di Como; per la sua indipendenza
nei primi anni del regime e per la sua collaborazione ad un periodico di
ispirazione crociana, subì un trasferimento punitivo e venne dichiarato
decaduto per non aver raggiunto l’ufficio di destinazione. Iniziata la
professione forense il suo studio venne devastato dagli squadristi. Si
attivò per la costituzione di gruppi della resistenza ancor prima del 1943 e
fu ucciso dai tedeschi nel 1944. 

Un saluto a tutti.

Carlo Brusco

 

Un saluto

 

 



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