[Area] R: 25 aprile

Incani Michele michele.incani a giustizia.it
Mer 25 Apr 2018 12:57:51 CEST


Grazie Mario, i tuoi interventi sono sempre puntuali, ricchi di argomenti e ci 'costringono' a riflettere.
Grazie davvero
Michele Incani

Inviato da iPhone

Il giorno 25/apr/2018, alle ore 12:40, mario ardigo <marioardigo a yahoo.com<mailto:marioardigo a yahoo.com>> ha scritto:

 Alla radio, stamattina, uno degli intervenuti ha sostenuto che è sbagliato collegare la festa del 25 Aprile alla sconfitta del fascismo, perché il fascismo non c'è più e alle ultime elezioni formazioni che ad esso dichiarano di ispirarsi o che comunque ne sono estimatrici hanno avuto pochi voti. Marco Damilano ha risposto, giustamente a mio avviso, che la persistenza del fascismo non si misura in termini elettorali.
 La sconfitta militare del regime fascista e dei suoi alleati non ha superato la questione del fascismo come orientamento culturale, sociale e politico. Questo in particolare in Italia, dove la cultura fascista ha permeato profondamente quella cattolica e attraverso la  tradizione religiosa, molto efficiente, impronta ancora di sé diversi atteggiamenti diffusi tra la gente, anche se si è generalmente persa la capacità di individuarli. Così, persone e gruppi a volte agiscono secondo costumi fascisti, ma non ne sono consapevoli e pensano al fascismo come a un movimento storico superato, come lo sono le guerre Puniche.
 Ad esempio: l'idea del padre dominante e autoritario, piuttosto diffusa in ambienti religiosi fondamentalisti cattolici, deriva direttamente dal fascismo.
 Il bullismo scolastico è talvolta una manifestazione dello squadrismo.
 Certi metodi usati dai mafiosi e da appartenenti ad organizzazioni simili quando escono dalla clandestinità e pretendono di  controllare platealmente il territorio appaiono di tipo fascista.
 L'ideologia della rottamazione politica richiama temi fascisti, così come quel tipo di nazionalismo che oggi chiamiamo sovranismo.
 Molti tipi di "nuovismo", l'idea che occorra fare "piazza pulita" per ricominciare da capo deriva dal fascismo storico. Così come la convinzione che il Parlamento non serva a nulla e che sia meglio affidarsi a pochi tipi decisi. O che la politica del passato sia contaminata irrimediabilmente da corruzione e affarismo.
 L'affidamento a un capo indiscutibile o poco discutibile e la voglia di menare le mani e tagliare corto in ogni tipo di sede collegiale, assemblea, consiglio e via dicendo, è un atteggiamento fascista. Così come quando si pensa di forzare la mano in politica convocando piazze minacciose, marce o "passeggiate" e simili.
 L'avversione per chi appaia diverso o debole ha la stessa origine, così come l'irritazione verso i dissenzienti.
 Marcatamente fascista è il suprematismo nazionalista, anche nella sua versione "soft" che adotta lo slogan "prima gli italiani".
 Sono cadute molte remore ad imprese di guerra: in occasione di quelle recentemente iniziate o progettate le proteste collettive sono state piuttosto flebili o addirittura inesistenti. Si arriva a pensare come ordinaria amministrazione l'invio di contingenti militari all'estero per fare guerra, addirittura come affare rientrante anche nelle competenze di governi in crisi o addirittura dimissionari. Questo significa che la pace, il grandioso risultato del processo di unificazione europea degli ultimi settant'anni, non è più sentita come un valore.
 Ancora non si arriva, mi pare,  a concepire la guerra come "igiene"  della nazione, per compattare e migliorare la gente  e risolvere i problemi economici dello stato a spese di altri popoli. Questa idea è chiaramente percepibile nelle politiche statunitensi trumpiane. Di solito ciò che accade oltre oceano arriva da noi in qualche anno.
 L'antifascismo è, per gli italiani, innanzi tutto autocritica. Lo osservarono tra i  primi, se non sbaglio, Gobetti e Gramsci. In che cosa siamo ancora fascisti? La pace, in Italia e in Europa, è conseguita a questa costante autocritica, che ha generato politiche virtuose, a correzione di ciò che di fascista emergeva. Oggi, ad esempio, c'è chi guarda alla Polonia e all'Ungheria un po' come, in casa clerico-fascista, si guardava al falangismo franchista spagnolo all'inizio degli anni '70. Certi anticorpi sociali sembrano essersi affievoliti. Questi anticorpi vanno riattivati di generazione in generazione. E' questo il lavoro che spetta a noi più anziani. Noi sessantenni, che ancora abbiamo ricevuto memoria viva del fascismo da coloro che lo avevano vissuto, siamo oggi in prima linea, perché i più anziani o sono "troppo" anziani o non sono più.
 La crisi europea di oggi è in gran parte dovuta al riemergere di vari tipi di fascismi. Resiste in Europa, mi pare, la sola Germania, dove la critica antifascista è stata maggiormente incisiva e unisce cristiano democratici e socialisti. Gli altri protagonisti del processo di unificazione, Francia e Italia, stanno invece deludendo.
 Il 25 Aprile non è solo e principalmente una festa della memoria, ma la festa dell'impegno nell'attualità, e innanzi tutto del rinnovamento dell'impegno in un patto tra generazioni. Ora e sempre, si dice. E chi non ci sta? La democrazia, con i suoi grandi valori umanitari, gli consente di conservare vita, libertà e benessere, e ciò a differenza di ogni fascismo. Ma questo non esclude che l'impegno democratico comprenda anche il coraggio della contrapposizione frontale e della lotta, nella dialettica politica, sociale, religiosa, culturale, il coraggio di chiamare le cose con il proprio nome e di prendere chiaramente posizione. Fascisti dichiarati o di fatto ci sono sempre stati e il fascismo è la tentazione che ognuno può subire nella sua vita, in cui ognuno può cadere. Quell' "anti-", di antifascismo, ha quindi ancora un senso. Significa innanzi tutto vigilanza interiore e costanza nel tirocinio democratico. Certe cose non basta proclamarle, bisogna vivere e agire in conformità ad esse.
Mario Ardigò


Il Mercoledì 25 Aprile 2018 9:33, Roberta Marchiori <roberta.marchiori a tin.it<mailto:roberta.marchiori a tin.it>> ha scritto:




Ringrazio il  Presidente Brusco che ci ha rinnovato il ricordo di tanti colleghi di grande valore , coraggio spessore culturale ricordandoci quel 25 aprile che ha segnato il ritorno alla democrazia

Roberta Marchiori

Da: Area [mailto:area-bounces a areaperta.it] Per conto di barcosta
Inviato: mercoledì 25 aprile 2018 07:46
A: Carlo Brusco <c.brusco a alice.it<mailto:c.brusco a alice.it>>; 'AREA Mailing List' <area a areaperta.it<mailto:area a areaperta.it>>; md a magistraturademocratica.it<mailto:md a magistraturademocratica.it>
Oggetto: Re: [Area] 25 aprile

Grazie al presidente Brusco per il bellissimo ricordo. Mi permetto aggiungere che per l'uccisione del collega Mariano (e di altre decine di cittadini inermi del bellunese) fu celebrato processo negli anni 70 avanti al tribunale militare di Verona contro un maggiore delle SS. Condannato all'ergastolo, costui morì per vecchiaia nella sua Austria. Bartolomeo Costantini


Inviato da smartphone Samsung Galaxy.

-------- Messaggio originale --------
Da: Carlo Brusco <c.brusco a alice.it<mailto:c.brusco a alice.it>>
Data: 24/04/18 19:00 (GMT+01:00)
A: 'AREA Mailing List' <area a areaperta.it<mailto:area a areaperta.it>>, md a magistraturademocratica.it<mailto:md a magistraturademocratica.it>
Oggetto: [Area] 25 aprile

Domani è il 25 aprile. In questi tempi nei quali il dibattito all’interno della magistratura sembra occuparsi più delle nostre miserie (rientri in ruolo agevolati, lotte feroci per l’attribuzione di un incarichi vari, attribuzioni di incarichi esterni non proprio necessari, magistrati ai quali l’ultima cosa che sembra interessare è di svolgere le funzioni per le quali sono stati assunti) che dei problemi riguardanti l’esercizio indipendente della giurisdizione credo che questa ricorrenza possa costituire l’occasione per ricordare i nostri colleghi che, per consentire il ritorno alla democrazia, hanno rinunziato non ad un incarico di prestigio ma alla vita.
Poiché la conoscenza di queste persone è per tutti noi quasi inesistente credo che la ricorrenza possa costituire un utile ricordo del loro sacrificio. Con la precisazione che analogo ricordo andrebbe fatto ai magistrati epurati dal regime fascista e a quelli espulsi in base alle leggi razziali.
Preciso che le notizie non sono frutto di una mia ricerca ma le traggo da un fascicolo pubblicato dal CSM nell’ottobre 1976 che, forse, sarebbe opportuno ristampare e distribuire a tutti i magistrati. E forse altri tribunali potrebbero seguire l’esempio di quello genovese che, poco tempo fa, ha ricordato i quattro magistrati operanti in Liguria che sacrificarono la loro vita per la libertà, dedicando loro una lapide all’ingresso del palazzo di giustizia con una cerimonia pubblica alla quale ha partecipato il Ministro della giustizia.
Ma ecco i nomi di questi magistrati:
Pasquale Colagrande, sostituto presso il Tribunale di Ferrara, arrestato per antifascismo, fu fucilato per rappresaglia il 15.11.43 dopo l’uccisione del segretario federale della rsi.
Dino Col, pretore di Genova-Sampierdarena, arrestato e torturato per l’appartenenza ai movimenti clandestini antifascisti, fu poi deportato a Flossemburg dove morì per il trattamento cui era stato sottoposto.
Francesco Drago, di origine messinese e sostituto procuratore a Savona, fu arrestato da militi della rsi per aver inneggiato alla riacquistata libertà dopo l’8 settembre; riuscì ad evadere e, passato in clandestinità nelle file di Giustizia e Libertà, perse la vita in uno scontro a fuoco con appartenenti alla rsi.
Carlo Ferrero, consigliere della Corte d’Appello di Torino, per i suoi sentimenti antifascisti fu arrestato e fucilato a Chiusa Pesio, il 19 dicembre 1944, da un reparto militare tedesco.
Mario Fioretti, giudice del Tribunale di Firenze, partecipò alla resistenza romana organizzandola e svolgendo le funzioni di redattore de L’Avanti clandestino; fu ucciso in piazza di Spagna il 4 dicembre 1944 da un appartenente alla guardia nazionale repubblicana.
Vincenzo Giusto, giudice del Tribunale di Cuneo, aderì alla Resistenza fin dalla costituzione delle prime brigate partigiane (Volontari della libertà) e trovò la morte in uno scontro a fuoco avvenuto il 13 aprile 1945.
Giuseppe Garribba, pretore di Soave dove costituì un comitato di liberazione dopo l’8 settembre partecipando attivamente alla lotta di liberazione. Fu oggetto di un attentato e successivamente arrestato, dalle brigate nere e dalle SS, e tradotto a Dakau dove trovò la morte il 25 marzo 1945. E’ forse l’unico in questo elenco il cui figlio (Tito) sia  entrato in magistratura finendo la carriera come apprezzatissimo magistrato della Cassazione (presso la quale ho avuto la fortuna di conoscerlo).
Cosimo Mariano, giudice del Tribunale di Belluno, di fede antifascista, fu ucciso dai soldati tedeschi, il 20 agosto 1944, nel corso di un rastrellamento durante uno scontro a fuoco tra partigiani e nazifascisti.
Cosimo Orrù, pubblico ministero presso il Tribunale di Bergamo; sospeso dalle funzioni per richieste non gradite agli organi locali della rsi e riammesso in servizio aderì alla lotta clandestina. Arrestato nel giugno 1944 fu deportato a Flossemburg dove trovò la morte nel dicembre del medesimo anno.
Nicola Panevino, giudice del Tribunale di Savona dopo l’8 settembre si iscrisse al partito d’Azione clandestino e divenne presidente del locale comitato di liberazione. Arrestato dalla divisione S. Marco fu torturato e poi fucilato, il 23 marzo 1945, insieme ad altri detenuti politici, per rappresaglia contro un’azione di guerra che aveva provocato la morte di alcuni soldati tedeschi. Dai documenti risulta che aveva praticamente trasformato il Tribunale di Savona in una sede di cospirazione della Resistenza.
Pasquale Saraceno, giudice della Corte d’Appello di Firenze, era il magistrato più elevato in grado presente in Città al momento della sua liberazione e avrebbe dovuto incontrarsi con una delegazione inglese il 16 agosto 1944; ma la sera prima fu colpito, davanti alla sede della Corte, da un colpo di fucile mortale sparato da un cecchino.
Vittorio Scala, giudice del Tribunale di La Spezia, fu arrestato dalle SS, perché sospettato di aderire ai movimenti di liberazione, e condotto nella caserma della 10a Mas dove fu sottoposto a torture. Deportato nel lager di Mathausen vi morì il 15 marzo 1945.
Mario Tradardi, pubblico ministero presso il tribunale de L’Aquila verso la fine del 1943 si univa alle forze della resistenza (brigata “Maiella”) e partecipava attivamente ai combattimenti, che avrebbero condotto alla liberazione di Bologna, trovando la morte in uno di questi il 16 dicembre 1944.
A questi nomi mi sembra giusto aggiungerne almeno tre che non erano più magistrati al momento della morte:
Emilio Sacerdote si era dimesso volontariamente prima dell’entrata in vigore delle leggi razziali. Sacerdote partecipò alla resistenza e, dopo essere stato catturato, fu deportato prima a Flossemburg e poi a Bergen Belsen dove morì.
Mario Finzi, subito dopo aver assunto il servizio fu dispensato dal servizio per l’entrata in vigore delle leggi razziali; aderì a Giustizia e Libertà e prestò assistenza e ebrei e partigiani; arrestato nel 1944 fu deportato ad Auschwitz dove morì alla fine del medesimo anno.
Pier Amato Perretta, giudice del Tribunale di Como; per la sua indipendenza nei primi anni del regime e per la sua collaborazione ad un periodico di ispirazione crociana, subì un trasferimento punitivo e venne dichiarato decaduto per non aver raggiunto l’ufficio di destinazione. Iniziata la professione forense il suo studio venne devastato dagli squadristi. Si attivò per la costituzione di gruppi della resistenza ancor prima del 1943 e fu ucciso dai tedeschi nel 1944.
Un saluto a tutti.
Carlo Brusco

Un saluto



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