[Area] (senza oggetto)

Paolo Barlucchi barlucchip a libero.it
Gio 21 Giu 2018 08:11:45 CEST


Ottimo intervento che condivido, ragionato , riflessivo, che inquadra un po' quello che sappiamo/temiamo. 

Ma l'esegesi su due frasi vale quello che vale, ed infatti è debitrice di altre fonti, dal clima politico, culturale e televisivo che conosciamo per cui si presume che certe parole richiamino comunque certi concetti, già declinati a slogan nei talk show.

Concordo sulla conclusione: stiamo a vedere: con oggettività e attenzione a cosa faranno in concreto.
credo che su questo anche Centini sia d'accordo.

 Quello che forse il collega voleva contraddire, mi permetto di interpretare,  è forse un'altro atteggiamento, più propriamente da carta stampata e supponenza di un mondo culturale che , comunque vada, si dà sempre ragione, per cui Bonafede o chi per lui sono comunque al minimo ignoranti, e questo dimostrerebbe/originerebbe l'erroneità delle loro tesi politiche.
Tutti dunque alla caccia dell'errore 5 stelle, che sia di cultura generale o giuridica o purchessia,perché conforta sul fatto che avevamo comunque ragione e ci fa addormentare sul guanciale del giusto che ha comunque capito tutto.

In tutta franchezza non credo che Gramsci avrebbe avuto questo atteggiamento, ma può darsi che anch'io sia un po' ignorante.

Paolo Barlucchi



Il giorno 20 giu 2018, alle ore 20:14, Renoldi Carlo <carlo.renoldi a giustizia.it> ha scritto:

Nello stralcio proposto da Franco Maisto, il Ministro Bonafede dice, sostanzialmente, tre cose: che la “certezza della pena” è in sé un valore; che questo giudizio è largamente condiviso dai cittadini; che lo Stato deve assicurare ai cittadini una giustizia “effettiva e sostanziale”.


Ora, se noi interpretiamo queste affermazioni con il linguaggio “light” dell’agorà mediatica, non potremmo che convenire su tutta la linea.

Chi può dire, come giustamente osserva il collega Centini, che la pena deve essere “incerta”? Chi può dire che lo Stato non deve garantire una giustizia effettiva? E che queste affermazioni incontrino, tra i cittadini, un diffuso favore, mi pare una constatazione che rasenta l’ovvio.


Se però proviamo a decostruire il discorso del Ministro, le cose forse sono meno scontate.


In questo concordo con Centini: occorre intendersi sulla espressione “certezza della pena”.


Questa locuzione richiama, nella vulgata politica e mediatica, la tesi secondo cui, nella fase dell’esecuzione penale, la pena assuma – per l’azione convergente di norme permissive, prassi interpretative e culture professionali in genere dominate da riflessi indulgenziali – una forma diversa da quella stabilita nel processo di cognizione; sicché, cambiando nel tempo, per effetto delle decisioni della magistratura di sorveglianza, la pena diverrebbe appunto “incerta”. E dal momento che questo cambiamento avviene sempre in bonam partem, al giudizio fattuale in genere si accompagna, tra i fautori di questa ideologia, un giudizio di valore: ovvero che questo cambiamento sia negativo, in quanto muterebbe la pena “giusta” inflitta dal giudice della cognizione e ormai coperta dal giudicato, secondo un incedere che spesso richiama l’immagine della tela di Penelope.

Tuttavia, siccome la pena inflitta dal giudice della cognizione è, ovviamente, il carcere, soprattutto dopo lo storico fallimento delle cd. sanzioni sostitutive, ecco che la sequenza che dà compiuto significato alla locuzione “certezza della pena” diventa, in realtà, la seguente: quando una persona commette un reato, deve essere condannata al carcere e, una volta che la pena del carcere è stata inflitta, il condannato la deve espiare integralmente, senza sconti o benefici di sorta.


Ora, questa idea di giustizia, “effettiva e sostanziale” direbbe forse Bonafede, ha una radice storica antichissima e solidissime ascendenze filosofiche, giuspolitiche e addirittura religiose. E mi pare ovvio che sia pienamente legittima la professione di questa ideologia da parte di chiunque.


Tuttavia, come sottolinea Maisto, non è questa la prospettiva costituzionale, come ci rammenta, ormai da oltre quarant’anni, la Consulta, le cui ormai innumerevoli sentenze in argomento ci hanno insegnato – magistrati di sorveglianza come pubblici ministeri – che affermare che la pena è quella della cognizione, la cui certezza viene erosa in fase di esecuzione, è un errore “in diritto” molto grave. La pena, al contrario, è una realtà dinamica, che cambia nel tempo le forme del suo intervento risocializzante in funzione delle condizioni di contesto, personale e socio-ambientale, del condannato.

Questa è, in definitiva, l’unica vera “certezza” che caratterizza la pena, quantomeno se si rimane ancorati a una prospettiva costituzionale: quella di un intervento, attuato dallo Stato in forme mutevoli e con differenti gradi di afflittività, che appartiene, sempre, pur nelle sue forme cangianti, al mededimo universo sanzionatorio. Detto altrimenti, la pena, sia quando è espiata in carcere, magari anche solo nelle ore notturne (semilibertà), sia quando è eseguita presso il domicilio, sia quando si realizza attraverso misure prescrittive a contenuto risocializzante o riparativo, è sempre “pena certa”.

E a riprova del fatto che la pena non può essere solo il carcere, ma che essa può presentare le forme mutevoli di cui si è detto, vi è il fatto che tutti gli ordinamenti, sottolineo tutti, conoscono pene diverse dal carcere e consentono gradi differenti di flessibilità, per mezzo dei quali adeguare l’intervento punitivo alla evoluzione del percorso esecutivo. Questo per varie ragioni, non ultima quella della insostenibilità, economica e sociale, di uno strumento costosissimo, in tutti i sensi, come il carcere.


In conclusione, se il Ministro ha inteso dire che la pena “deve essere certa” nel senso che chi è stato condannato deve finire in carcere e lì restarci per tutto il tempo stabilito nella sentenza di condanna, credo che la sua affermazione, al di là del giudizio che ciascuno può dare sulla base delle sue personali convinzioni, sia destinata a infrangersi sul solido edificio costruito dalla Corte costituzionale e dalla Magistratura, oltre che sulle ragioni di compatibilità economica che, quantomeno nel nostro Paese, hanno reso impraticabili i periodici auspici (e le cicliche promesse) di interventi straordinari sull’edilizia penitenziaria, costosissimi e destinati a rivelarsi sempre inidonei a risolvere “il problema della pena”.
Se, invece, il Ministro avesse inteso affermare, con il richiamo alla “certezza della pena”, che il processo penale deve essere riportato a livelli di efficienza, grazie ai quali arrivare ad accertare l’esistenza di reati e a individuare i colpevoli, da sottoporre a una sanzione penale dagli obiettivi risocializzanti, gestita in maniera flessibile da un giudice terzo, beh, allora non si potrebbe che essere d’accordo, atteso che egli avrebbe affermato l’ovvio.


Staremo a vedere.


Senza pregiudizi, ma senza acritiche adesioni allo spirito del tempo, come si conviene a dei magistrati.


Carlo Renoldi
 
Da: Area <area-bounces a areaperta.it> per conto di CENTINI MATTEO <matteo.centini a giustizia.it>
Inviato: mercoledì 20 giugno 2018 18:50
A: Francesco Maisto Gmail
Cc: ISCRITTI; Area Md- Movimenti; area a areaperta.it
Oggetto: Re: [Area] (senza oggetto)
 
Presidente Maisto, vedo che chi non la pensa come te finisce per propugnare un omicidio di Stato (o “stato” a questo punto). I toni vivaci e un tantinello assertivi che usi dimostrano la passione con cui svolgi o hai svolto la tua funzione, il che è una cosa bellissima.
Tieni presente, perché evidentemente ti sfugge, che anche noialtri che svolgiamo altre funzioni, tipo requirente, ci mettiamo la stessa passione. Ed abbiamo posizioni giuridiche non politiche. Del resto la tua chiosa potrebbe lasciar pensare ad una tua impostazione “politica” del tema, ma sono convinto che noi si ragioni in punta di diritto.
Recentemente sono stato ad un corso della scuola proprio in tema di riforma penitenziaria e ho notato che tra i relatori c’erano tutti, proprio tutti, salvo che uno straccio di pm. La cosa mi ha colpito parecchio, indicativa com’è del poco dialogo che c’è tra magistratura di sorveglianza e Procura. Direi che da lì dovrebbe ripartirsi, sono convinto che le distanze potrebbero essere colmate.
Saluti
Matteo



Inviato da iPhone

Il giorno 20 giu 2018, alle ore 18:29, Francesco Maisto <francescomaisto2 a gmail.com> ha scritto:

> Cerco di rispondere perché rispetto tutte le persone e le opinioni.
> Premesso che la lettura integrale del testo consente di cogliere esattamente il pensiero del Ministro sulla bozza di decreto di Riforma penitenziaria per la quale non lascerà scadere invano la delega, resta il fatto che potrebbe praticare una delle due alternative: o lasciare il vigente ordinamento penitenziario ( come dire ex valgo, la pena incerta) oppure controriformarlo nella linea di una incostituzionale certezza della pena, intesa come pena inflessibile, immodificabile in sede di esecuzione.
> Non mi è chiaro a quale livello situare la risposta, e cioè, se nel confronto di opinioni tra magistrati o narratori di storielle. Se questa ultima fosse la strada, allora, altro che il racconto evocato di quell’avvocato potrei narrare dopo 41 anni di magistratura. Le storie, anche dolorose sarebbero tante.
> Ho preso atto che in un intervento scritto per la presentazione ufficiale del Rapporto 2018 del Garante nazionale delle persone private della libertà, il Ministro ha enunciato esattamente quelle 4 tesi. Ed allora: il principio della certezza della pena, intesa come lui ed altri di quel movimento hanno sempre chiarito, come pena immodificabile, inflessibile, non esiste in dottrina ed in giurisprudenza. La certezza delle pene ( e non della pena che ossessiona la visione carcerocentrica) derivante dal principio di legalità di cui all’art. 25 Cost., è il baluardo Costituzionale che contro le pene arbitrarie, illegali e null’altro.
> È poi un errore l’opinione della compatibilità del cd.principio della certezza delle pene, come sopra indicata, con la funzione rieducativa delle stesse, perché, come ha chiarito la Corte Costituzionale fin dal 1974 ( quindi prima della legge penitenziaria), la pena secondo Costituzione, è ontologicamente flessibile. Il principio della flessibilità delle pene è ormai costituzionalizzato, secondo gli insegnamenti a cadenza biennale sempre precisati meglio dalla Corte Costituzionale.
> Il neoretribuzionismo, anche nella versione americana dei “ 3 colpi e sei fuori” , ha prodotto solo guasti, come impostazione criminologica per un verso, e, per altro verso, è stato man mano smantellato dalla nostra Corte Costituzionale in relazione a preclusioni ed ostativita’.
> Avrei tanto da scrivere su abolizionismo e riformismo, ma posso inviare in privato le mie pubblicazioni e così non tediare le nostre amiche ed amici in lista.
> Ho visto terre e cieli per dire che quando e dove quel cosiddetto principio è stato praticato, o poi è stato smantellato o ha portato rovina.
> La pena certa è una sola: l’omicidio di Stato.
> Saluti
> Francesco Maisto
> 
> Il giorno mar 19 giu 2018 alle 20:22 CENTINI MATTEO <matteo.centini a giustizia.it> ha scritto:
>> Scusami ma non ho capito gli errori. Anzitutto, non mi pare che il ministro si sia avventurato nell’interpretazione costituzionale. In secondo luogo, dire che la certezza della pena non è un principio costituzionale mi pare provi troppo: quindi sarebbe accettabile in uno stato di diritto che le pene siano “incerte”? Forse è il caso di intendersi sul senso della locuzione. Terzo, la costituzione parla effettivamente di pene, ma non specifica quali. Pertanto, potrebbe astrattamente eliminarsi il carcere (e darci tutti alle pene di comunità), ma sarai d’accordo anche tu che si tratta di prospettiva politica e non giuridica (e devo dire che un ministro che fa politica non mi mette a disagio, un po’ di più un giudice se lo fa con i suoi provvedimenti). Infine quanto all’ultimo errore devo dire che aveva ragione l’avvocato da cui feci pratica anni fa: non ti dare pena per una condanna severa, tanto poi si può rimediare in esecuzione.
>> Saluti
>> Matteo Centini
>> 
>> Inviato da iPhone
>> 
>> Il giorno 19 giu 2018, alle ore 17:17, Francesco Maisto <francescomaisto2 a gmail.com<mailto:francescomaisto2 a gmail.com>> ha scritto:
>> 
>> 
>>  I 4 errori del Ministro di Giustizia da voi esattamente indicati, come avevo previsto
>> 
>> Intervento del Guardasigilli Alfonso Bonafede in occasione della presentazione al Parlamento della Relazione del Garante dei detenuti - 2018
>> 
>> “Voglio chiarire che la certezza della pena non è incompatibile con la finalità rieducativa della pena stessa. Sono due principi che necessariamente e fisiologicamente convivono, ma il principio della certezza della pena, va ribadito e va tenuto presente per dare una risposta di credibilità ai cittadini e non a una presunta opinione pubblica, perché i cittadini quella risposta oggi ce la chiedono e da quella risposta passa la fiducia che i cittadini hanno nei confronti dello Stato italiano nella sua capacità di dare una risposta di giustizia effettiva e sostanziale.”
>> 
>> Ogni attento penalista vi rinvenirebbe almeno 4 errori grossolani.
>> 
>> 1.La certezza della pena non è un precetto costituzionale. È solo il primo errore. E già si deve aggiungere che non è previsto da nessuna legge e che la Corte Costituzionale lo ha ribadito in numerose sentenze con cadenza.
>> 
>> 2 la Costituzione parla di pene e non di pena, e la pena non può essere identificata col solo carcere
>> 
>> 3 la giustizia non può servire a "dare una risposta di credibilità ai cittadini": la giustizia non può avere una funzione strumentale
>> 
>> 4 La certezza della pena niente ha a che fare con l"esecuzione della stessa
>> 
>> Saluti
>> 
>> Francesco Maisto
>> 
>> 
>> Il giorno mar 19 giu 2018 alle 16:52 <u.nannucci a alice.it<mailto:u.nannucci a alice.it>> ha scritto:
>> 
>> potresti segnalare cortesemente i quattro o più errori?
>> nannucci
>> -----Messaggio originale-----
>> From: CENTINI MATTEO
>> Sent: Tuesday, June 19, 2018 12:27 PM
>> To: Francesco Maisto Gmail
>> Cc: ISCRITTI ; Area Md- Movimenti ; area a areaperta.it<mailto:area a areaperta.it>
>> Subject: Re: [Area] (senza oggetto)
>> 
>> Devo essere proprio scarso
>> 
>> Inviato da iPhone
>> 
>> > Il giorno 19 giu 2018, alle ore 11:10, Francesco Maisto
>> > <francescomaisto2 a gmail.com<mailto:francescomaisto2 a gmail.com>> ha scritto:
>> >
>> > Intervento del Guardasigilli Alfonso Bonafede in occasione della
>> > presentazione al Parlamento della Relazione del Garante dei detenuti -
>> > 2018
>> > “Voglio chiarire che la certezza della pena non è incompatibile con la
>> > finalità rieducativa della pena stessa. Sono due principi che
>> > necessariamente e fisiologicamente convivono, ma il principio della
>> > certezza della pena, va ribadito e va tenuto presente per dare una
>> > risposta di credibilità ai cittadini e non a una presunta opinione
>> > pubblica, perché i cittadini quella risposta oggi ce la chiedono e da
>> > quella risposta passa la fiducia che i cittadini hanno nei confronti dello
>> > Stato italiano nella sua capacità di dare una risposta di giustizia
>> > effettiva e sostanziale.”
>> > Ogni attento penalista vi rinvenirebbe almeno 4 errori grossolani.
>> > Francesco Maisto
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