[Area] Una decisione ragionevole

mario ardigo marioardigo a yahoo.com
Sab 14 Lug 2018 11:02:24 CEST


  Leggo su Ansa.it che i circa cinquecento migranti sul motopesca che stava avvicinandosi alle nostre coste sono stati trasbordati su navi militari italiane. Una decisione ragionevole che fa onore a chi l'ha presa e attuata e a chi l'ha condivisa.  Ora bisogna imparare dall'esperienza.    Non possiamo costruire muri sull'acqua: molta altra gente arriverà. Prendersene cura può sembrare un costo eccessivo, ma l'alternativa è peggiore: lasciarli affogare sperando che gli altri "imparino". Non impareranno mai. Le nostre coste sono troppo vicine all'Africa e in Africa e in Asia ci sono troppi problemi.  La decisione di respingere, interdire, assaltare può costare la vita a chi sta cercando di raggiungerci. E' troppo chiedere che sia presa almeno collegialmente dal Consiglio dei ministri, valutando tutti gli aspetti della vicenda? E' troppo chiedere che i comandi dati alle nostre Marine militari siano univoci, coerenti e attuabili in concreto?  Riportare i migranti in Libia non è la soluzione giusta.   Innanzi tutto perché nella stragrande maggioranza non sono libici. Sono arrivati in Libia del Sahara, dall'Egitto o dalla Tunisia. Ma spesso non sono neanche Egiziani, Tunisini o cittadini di nazioni che hanno il Sahara nel proprio territorio. Vengono da più lontano. Poi perché la Libia è nel bel mezzo di una guerra civile tra il governo occidentale, sponsorizzato da noi e riconosciuto anche da altri stati e dall'ONU, e quello orientale, che pare appoggiato da Egiziani e Francesi. Dotando di mezzi militari il governo di Tripoli, per aiutarci a combattere i migranti, in sostanza perché li trattengano da loro in campi di concentramento o peggio,  ci schieriamo dalla parte degli occidentali contro quegli altri. E se quegli altri decidessero di attaccare la molta gente che abbiamo in Libia? Sono già in fermento, a Bengasi bruciano le nostre bandiere. I contatti diplomatici con i libici dovrebbero essere attentamente studiati, non è il caso di improvvisare. Abbiamo una diplomazia per questo, che fa capo ad un ministro. E' faccenda che dovrebbe competere a questo settore dell'amministrazione.   Si, va beh, ma queste sono, in fondo, le solite chiacchiere da WEB.   Bisognerebbe sentirsi veramente angosciati quando succedono certe cose. Sentirsi in colpa quando si mette nel conto di ammazzare della gente. Sapersi immedesimare, ad esempio, in quelli che affogano. Lo ha consigliato nei giorni scorsi Sandro Veronesi.  Pensarsi sul motopesca che, nel terrore di tutti, a volte di notte, si inclina su un lato, iniziando a imbarcare acqua. Poi si capovolge rimanendo a galla per qualche minuto sottosopra e poi inizia a scendere di poppa, la parte più pesante. E quando riemerge la prua, inizia a perdere l'aria che ha in pancia e a scendere più velocemente, roteando e creando un mulinello che trascina tutti quelli che non sono riusciti a allontanarsi ad almeno  un centinaio di metri. In un motopesca tutto si compie in una decina di minuti. La nave va giù e dietro i corpi delle persone. Se va molto giù, in profondità abissali, non riemerge nessuno: la pressione trattiene tutti. Altrimenti, i corpi si gonfiano come palloni e risalgono, diventando cibo per i grandi pesci carnivori d'alto mare.  Quei pesci sanno "annusare" il cibo da molto lontano. Nel tratto di mare tra Italia e Libia chissà quanti se ne sono radunati. Dicono che nelle ultime settimane sono affogati in seicento.   In inverno, se si cade in mare si muore assiderati in pochi minuti. Ma anche d'estate, entrando in acqua ad una temperatura di  circa venti gradi in superficie, dai quaranta che c'erano in coperta sulla nave, si è paralizzati dal freddo. Nuotare riesce difficile e i più non sanno nemmeno farlo. L'acqua entra in trachea e blocca i polmoni e allora esce anche quella che c'è in pancia, aspirata disperatamente negli ultimi tentativi di resistere. Il corpo inizia ad affondare. Si perdono i sensi. Forse la salma riemergerà, orrendamente sfigurata, dopo qualche ora.   A chi sta al timone del motopesca è stato spesso  insegnato a dirigersi verso il punto indicato dal radiofaro e a far andare su e giù la leva della velocità del motore. Null'altro. Se il motore si pianta non sa farlo ripartire e quindi non obbedisce quando gli si ordina di fermarlo. Non sa fare virate strette, quelle che possono sbilanciare una nave stracarica. Il motore è surriscaldato per lo sforzo che gli è richiesto. Questo può farlo incendiare. La gente è stipata anche nel basso locale macchine con cinquanta, sessanta gradi di calore, l'aria diventa irrespirabile, anche per le esalazioni del carburante. Quando il motopesca affonda, chi sta sottocoperta rimane intrappolato. L'acqua che entra lo spinge contro le pareti.   Se ci si immedesima, e si riesce a empatizzare, allora ci si mobilita. Scrivere sul WEB non basta.   Gira sul WEB un video di Giovanna Marini che canta "dal Sessantotto al blog". E' un canto scritto molto di recente, narra anche di fatti dell'anno scorso. E' inserita nella riedizione di un album "E' finito il Sessantotto", che ha molte delle canzoni che sentivo da ragazzo, con tanta violenza dentro. Ma ce ne sono di alcune ancora coinvolgenti, in particolare di rivoluzionari stranieri. E un discorso del Che all'ONU del '64. Che dice la Marini? Dov'eravamo quando sgomberavano i migranti con gli idranti l'anno scorso? Noi non c'eravamo! Nooo?! Non  è più come nel Sessantotto, quando invece ci si era. In testa c'ha la nebbia, dice la canzone, ma una cosa capisce: è finita la stagione della mobilitazione, quando eri parte integrante di una società veemente, che decide ed interviene, mentre ora siamo "immersi in questa nebbia detta smog,  da cui è affiorato questo insieme giustamente detto blog". Non basta battere sui tasti come sto facendo.  Io sono di quelli che ogni domenica fa la Comunione in chiesa. Se fossero affogati quei cinquecento che venivano a noi, l'avrei sentita come sacrilega. Confessarsi non basta. Bisogna in qualche modo riparare. Si chiede pietà, ma bisogna anche darla. Che fare, però,  se si è parte di un popolo spietato? «Voi che calpestate il povero e sterminate gli umili […]»,  cosi si è rivolto a noi il Papa, citando il profeta Amos, nell'omelia della messa del 6 luglio scorso, per i migranti morti e salvati. Ma anche questo non basta. Nel secondo dopoguerra la Santa Sede fece molto di più nell'aiutare gente che fuggiva dalla Germania; intendiamoci, non criminali nazisti, ma profughi che chiedevano protezione perché erano dalla parte dei vinti, le potenze vincitrici non l'accordavano e le chiese evangeliche tedesche erano in parte compromesse. Si fecero, letteralmente, carte false.  Troppa prudenza ora! Probabilmente al Papa viene consigliata dalla Curia. E' un grave errore, per come la vedo io.  Del resto la nostra è una Chiesa che dipende pesantemente dal finanziamento pubblico. E' la stessa prudenza che non riusciamo a perdonare, e a perdonarci, in Eugenio Pacelli, che pure ebbe il merito di sganciarsi dal fascismo mussoliniano, seguendo dal '39 la via indicata da Montini.  Parafrasando la canzone della Marini:  "Su muovetevi,che fate?, mica siamo al centro anziani! Qui succede il finimondo!".   Ma un magistrato... Questa è una mailing list di magistrati. Non dovremmo rimanere neutrali tra chi respinge e chi affoga? Davvero? Ma, credo, far affogare la gente è ancora un reato. Se sono in molti a morire, si parla di strage.  Può addirittura diventare un crimine contro l'umanità. E' materia nostra, dunque. Però: prevenire è meglio che punire. Ma questo lo si fa da cittadini, quali anche i magistrati sono. In un grande esempio di magistrato come Giovanni Falcone, troviamo consonanti l'impegno civile del cittadino e quello proprio del magistrato. Sono, in fondo, due tipi di magistero, entrambi importanti nella società. Mario Ardigò     
-------------- parte successiva --------------
Un allegato HTML è stato rimosso...
URL: <http://mail.areaperta.it/mailman/private/area_areaperta.it/attachments/20180714/ab594515/attachment.html>


Maggiori informazioni sulla lista Area