[Area] habeas corpus

mario ardigo marioardigo a yahoo.com
Lun 16 Lug 2018 14:52:20 CEST


L' «Habeas corpus»  è un principio escogitato dai pratici del diritto del medioevo inglese. Significa che il potere pubblico che ha in proprie mani un essere umano, limitandolo nella libertà, deve presentarlo in un tempo determinato da davanti a un giudice perché sia deciso se ha il diritto di trattenerlo.  Rientra in quelli fondamentali delle democrazie contemporanee. Lo troviamo riportato nell'art.13 della Costituzione, dove è scritto anche che ogni limitazione della libertà personale deve essere prevista dettagliatamente in  una legge, anche nei modi di attuazione.   In un sistema politico non democratico si può invece essere internati, vale a dire privati della libertà da parte dell'autorità amministrativa, con molte meno garanzie o anche con nessuna. Accadde agli ebrei italiani sotto la repubblica sociale italiana, quando li si volle avviare in centri di internamento gestiti dai nazisti tedeschi, al di fuori dei confini nazionali. Dal novembre '43 vennero privati della cittadinanza italiana: l'internamento in quel modo comporta  una degradazione della personalità sociale dell'internato, come sempre quando si è in mani altrui senza possibilità di difesa o reclamo.   Esaminando la procedura seguita nei giorni scorsi con i 450 stranieri di varia nazionalità imbarcati in acque internazionali su due navi militari, una italiana e l'altra britannica, e lasciate a lungo a bordo senza poter sbarcare, non riesco a trovare una base di legge. Ho chiesto in giro e non ho avuto risposte, anche se mi hanno dato molte giustificazioni politiche del perché  è stato giusto fare così. A me, da magistrato, interessa innanzi tutto se è stato legale farlo.  Certamente gli stranieri  sono stati soggetti a una limitazione della libertà personale a partire dal momento in cui le navi avrebbero potuto sbarcarli in un porto italiano, perché si avviassero le procedure legali previste dal testo unico sull'immigrazione.  Si è trattato, sostanzialmente di un  internamento.  Una base in una legge dovremmo proprio trovarla.  Le navi militari, inquadrate nel dispositivo di guardiacoste europeo Frontex, prendevano ordine dagli italiani. La responsabilità  è nostra.  Si  è detto che si attendeva, per sbarcarli, di acquisire la disponibilità di altri stati dell'Unione Europea a farsi carico di una parte di essi, per le procedure di esame del loro diritto ad asilo, protezione internazionale, ingresso nell'Unione Europea o espulsione. Questa procedura però non  è prevista da una legge italiana, né europea, né dalla Convenzione di Dublino del '90, né dal Regolamento di Dublino del 2003, del Consiglio Europeo. Comporta sicuramente una limitazione della libertà personale. Dicono che gli stranieri fossero consenzienti. Lo erano? Gli è stato chiesto? Quando e come e da chi? Nei giorni scorsi questa misura di limitazione della libertà personale è stata attuata in modi non conformi al senso di umanità, come le cronache dei giornali di oggi ci raccontano. Faceva molto caldo, c'erano tanti bimbi e persone fragili. Tutti gli stranieri avrebbero avuto bisogno di una alimentazione equilibrata, idratazione, e di riposarsi in un luogo fresco. I pattugliatori militari non avevano la possibilità di fornire queste prestazioni. Per  i trattenuti dovrebbe valere ciò che è previsto per i detenuti, i quali, se li si tratta male, hanno anche diritto a uno sconto di pena o a un risarcimento pecuniario.   Si pensava che facendo sbarcare gli stranieri, gli stati dell'Unione Europea ai quali è stata chiesta la collaborazione avrebbero finito con l'ignorare le nostre richieste di aiuto nella gestione di quelle persone, come altre volte è accaduto? E' così? Lo deve dire chi dava gli ordini nel caso di specie e che quindi ha la responsabilità della procedura. Non è molto chiaro chi sia stato. Né se vi siano stati atti formali. Avvenire dell'altro giorno ha scritto, a proposito di quell'idea,  di ostaggi. Che è quando si trattengono persone come forme di pressione. Si è trattato di un'accentuazione giornalistica, spero.    In base alle leggi vigenti, chi subisce una limitazione della libertà personale ha diritto di essere informato al più presto, e in una lingua da lui compresa, del motivo della misura e delle possibilità di ricorso o reclamo contro di essa, e di avere assistenza legale. E' accaduto nel caso di specie?   Si è anche scritto di una specie di quarantena, che è quando viene impedito lo sbarco perché c'è qualche malattia a bordo di una nave. Ma non era questo il caso di quegli stranieri.   La limitazione della libertà proseguirà, mi pare, anche nella fase di trasferimento dei trattenuti negli altri stati che hanno fornito disponibilità a farsene carico, a meno che ci sia un consenso libero e informato degli stranieri. Non è chiaro se essi  potranno interloquire su dove li si manderà. Per loro potrebbe non essere indifferente andare in Germania o in Portogallo,  o a Malta, che, dal punto di vista di un migrante, è una specie di hotspot allargato, perché di lì è molto difficile andare altrove. E se uno straniero non volesse essere trasferito, o non volesse essere trasferito dove vogliono mandarlo, ma preferisse, del resto secondo la normativa europea vigente, svolgere tutte le pratiche in Italia? Potrebbe farlo? E se si volesse trasferirlo nonostante la sua volontà contraria, avrebbe la possibilità di opporsi davanti ad un giudice (habeas corpus!)? Certamente sì, anche se si tratta di sindacare  una procedura non prevista dalla legge, e, anzi, a maggior ragione per tale motivo! Valgono le norme generali per ricorrere davanti al giudice amministrativo.  Ma gli stranieri saranno posti in condizione di impugnare le decisioni che li riguardano?  Insomma, una parte di questa gente, in mani altrui, mi pare che sia avviata ad essere sbrigativamente respinta, in gruppo, verso altre nazioni, in condizioni di sostanzialmente di internamento, dopo essere stata trattenuta in condizioni difficili sui pattugliatori militari. Tutto ciò è giustificato da motivi di sicurezza, per la tutela degli italiani? Nessuna misura di sicurezza può essere attuata se non nei casi previsti dalla legge: è scritto nell'art.25 della Costituzione.  Ecco che ritorna l'esigenza di tornare una giustificazione di legge.  E' questa sbrigatività, e informalità, che non mi convince.   Sembra che si sia trattato di un successo italiano, perché, per la prima volta, altre nazioni dell'Unione hanno accettato di sgravarci di una parte del lavoro amministrativo di gestione delle persone raccolte in alto mare. Perché, chiariamoci: non è che hanno accettato di prendersele per sempre, di prendersene veramente cura. No! Faranno il lavoro che, in base alle norme vigenti, sarebbe spettato a noi: proteggere chi ne ha diritto e tentare di espellere chi non lo ha.   A me però, come italiano, nipote di migrante (mio nonno, come molti dei suoi, andò in Argentina), rimorde la coscienza. Vedo la dignità di persone umane di quella gente che stiamo respingendo offesa. Penso a me stesso se fossi stato al loro posto.  Vorrei parlare con qualcuno di quello che mi è successo, della ragione per cui ho scelto di partire. Ma a nessuno interessa veramente di sentire le storie di quelli là.   Osservo questo, in conclusione: seminiamo odio, che cosa raccoglieremo?Mario Ardigò    
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