[Area] Carceri. La riforma del Governo gialloverde. Articolo di Riccardo De Vito su Il Manifesto di oggi 4 agosto 2018

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Sab 4 Ago 2018 09:25:53 CEST


 CARCERI. LA RIFORMA DEL GOVERNO GIALLOVERDE 

 Negli Stati Uniti il romanzo di Agata Christie _Dieci piccoli indiani_
circolava con il titolo _E poi, non rimase nessuno_. È sufficiente un
piccolo _restyling_ di quel titolo - _E poi, non rimase niente_ - per
farsi un'idea dell'autentica sostanza dello schema di decreto
legislativo in tema di ordinamento penitenziario approvato dal Consiglio
dei ministri il 2 agosto. Si tratta di un guscio vuoto che non conserva
nulla dell'originario assetto della riforma - colpevolmente abbandonata
dal Partito democratico in ragione di calcoli elettorali e di scarso
coraggio politico - e che, all'esito di un processo di vera e propria
sterilizzazione del lavoro delle Commissioni, lascia sul campo un
inutile sbruffo di cipria sul sistema della pena del nostro Paese. Un
ritocco che neppure può ambire al nome di aggiornamento normativo, ma
che, tuttavia, porta impressa la cifra politica più giustizialista e
inquietante di questa maggioranza politica. 

SCOMPAIONO, rispetto al decreto approvato il 16 marzo 2018 dal governo
Gentiloni, le norme che favorivano l'accesso alle misure alternative di
comunità e che investivano su un'esecuzione penale alternativa al
carcere in grado di prevenire con efficacia -  gli studi più
approfonditi stanno lì a dimostrarlo - il fenomeno della recidiva. Di
pari passo, lo smantellamento della riforma implica anche l'eliminazione
di tutte quelle disposizioni che ridimensionavano gli automatismi
preclusivi e che avrebbero consentito alla magistratura di sorveglianza
di tornare a valutare caso per caso i progressi effettivi di ogni
detenuto. 

LE STESSE FORZE POLITICHE che hanno spesso _usato _l'indipendenza della
magistratura come vessillo della battaglia contro l'illegalità, ora,
investite da responsabilità di governo, preferiscono giudici con le mani
legate e una giurisdizione spogliata del trasparente esercizio della
discrezionalità. Conosciamo già il _refrain_ che saluterà il decreto
legislativo, celebrativo della vittoria della certezza della pena e
della sicurezza dei cittadini. È un ritornello vecchio e fasullo. Oltre
a quanto appena detto a proposito di un'esecuzione penale che continuerà
a rimanere legata ad automatismi e a preclusioni contraddittorie - 
basti dire che il decreto neppure si sforza di adeguare l'ordinamento
alle importanti sentenze della Corte costituzionale del 2018 -, si deve
rilevare che nel nuovo impianto legislativo rimangono, con tutt'altro
valore rispetto al contesto nel quale erano nate, norme procedurali che
gravano le spalle dei magistrati di sorveglianza di incombenze
burocratiche e impediscono di guardare in faccia e conoscere il
condannato al quale dovrà essere applicata o meno la misura. L'esatto
contrario del giudice di prossimità e di una giurisdizione informata,
dunque. E l'esatto contrario di ciò che dovrebbe auspicare chi agita la
bandiera della sicurezza. 

MA C’È QUALCOSA di ancor più sgradevole nel processo di riscrittura
della riforma, che scaturisce in parallelo con il clima di ostilità
costruito attorno ai capri espiatori dei mali di questo Paese: gli
stranieri e i soggetti deboli. Mentre apprendiamo dal recente rapporto
di Antigone che la detenzione degli stranieri in Italia è diminuita di
oltre due volte negli ultimi dieci anni, il Governo fa marcia indietro
anche sulle reali possibilità di integrazione e risocializzazione dei
detenuti stranieri, eliminando ogni riferimento alla possibilità di
quest'ultimi di ottenere il permesso a fini di lavoro nel corso delle
misure alternative. 

UNA LACUNA che non ha giustificazioni, se non di natura discriminatoria.
Del resto, la rimozione di ogni richiamo alle dimore sociali - vale a
dire quei domicili dove i non abbienti, ritenuti meritevoli dalla
magistratura, possono fruire di misure alternative invece di continuare
a languire in carcere - costituisce il segno evidente di una giustizia
che si stringe ancora una volta attorno a chi è ai margini del perimetro
sociale e trascura le criminalità più strutturate, a partire da quella
organizzata. In conclusione, siamo di fronte a un provvedimento inutile
per un verso, dannoso per l'altro. 

Chiaro, almeno, sulla reale natura della maggioranza politica. 

_Riccardo De Vito_ 

_Magistratura democratica_ 

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