[Area] Notti bianche e non solo....

Rodolfo Maria Sabelli rodolfomaria.sabelli a giustizia.it
Lun 14 Gen 2019 13:49:48 CET


Oggi le lezioni di mio figlio sono consistite nell’incontro con Sami Modiano, un sopravvissuto al campo di sterminio di Auschwitz. La lettura del suo libro è stata proposta ai ragazzi dall’insegnante di storia e filosofia come compito per le vacanze di Natale. L’insegnante di italiano organizza serate al teatro di prosa, d’opera e di balletto. Il professore di greco è l’animatore di un gruppo teatrale e tutti gli anni porta i suoi alunni ad assistere agli spettacoli al teatro greco di Siracusa, per poi farli esibire con un’opera antica nel teatro di Palazzolo Acreide. Potrei continuare.


Può darsi che mio figlio sia stato molto fortunato. La scuola è tutta rose e fiori? Certamente no, ho avuto diversi insegnanti in famiglia, molti dei miei amici insegnano e credo di conoscere la realtà, sia pure per esperienza altrui. Ma sono convinto che la gran parte della scuola - nonostante le difficoltà - è sana e motivata e su questa parte la Anm fa benissimo a puntare e insistere con iniziative condivise.

Rodolfo Sabelli

Il giorno 14 gen 2019, alle ore 13:03, Stefano Celli <stefano.celli a giustizia.it<mailto:stefano.celli a giustizia.it>> ha scritto:


Felice leggi bene. Francesco ha scritto che c'è ANCHE una scuola diversa e migliore, che probabilmente lui ha incontrato.

Non fatico a credergli, perché anche per me è così. Ho incontrato professori, gruppi classe e sezioni ottime, altre mediocri, altri pessimi e comunque, pur non essendo pessimi, con alcune delle caratteristiche che tu attribuisci alla quasi totalità, anzi alla totalità della scuola.

Per me sei stato sfortunato. Poi ovviamente il mio campione statistico non è rappresentativo, ma la tua assolutizzazione, prima che inaccettabile, è proprio sbagliata.

Ciao

Stefano

Il 14/01/2019 08:54, thorgiov ha scritto:

Non sono il Ministro della Istruzione, Università e Ricerca, per cui sicuramente non dipende da me. Tuttavia ho parecchi parenti insegnanti. Anche mia madre era insegnante. Credo che voi immaginiate una scuola che non esiste, che non può esistere. L'ho sempre detto : il vero problema degli italiani, di tutti gli italiani, è che vivono di retorica ed hanno un difficile rapporto con la realtà. Probabilmente i cittadini a loro volta hanno una idea errrata della giustizia, perchè la vivono da soli utenti del servizio ( quando anche la giustizia non è un servizio, ma un ammortizzatore sociale, e questa è la vera radice, ineliminabile, di tutti i suoi guasti ). Ma almeno loro usufruiscono della giustizia, e una idea di massima, anche se errata, se la possono fare. Voi invece giudicate la scuola sulla base di singoli incontri ben organizzati su temi specifici, ma non la vivete tutti i giorni, tranne che in veste di genitori, quando i vostri figli ve ne parlano. Provate a parlare un poco con gli insegnanti, possibilmente scelti a caso, al di fuori di questi incontri,  e scoprirete una realtà diversa, che purtroppo non vi piacerà.

FELICE   PIZZI  ( Giudice del contenzioso del Tribunale di Napoli Nord )

Il 13/01/2019 18:39, Francesco Mazza Galanti ha scritto:
Forse c'è anche una scuola diversa e migliore rispetto a quella che hai in testa tu ...

Lascia che così sia...

Francesco Mazza Galanti  - Tribunale di Genova

Inviato da iPad

Il giorno 13/gen/2019, alle ore 16:50, thorgiov <thorgiov a libero.it<mailto:thorgiov a libero.it>> ha scritto:


Non sono d'accordo. La scuola ormai da decenni viene vissuta essenzialmente con fastidio da parte degli studenti e dei loro genitori, i quali il più delle volte pensano che non vale neppure la pena di imparare qualcosa, perchè poi a decidere sul successo di una carriera professionale saranno più che altro le relazioni personali. Anche i professori lo sanno e sono sempre più demotivati, nel momento in cui si trovano contro i loro studenti appoggiati senza riserve dalle famiglie di provenienza. Del resto la maggior parte degli insegnanti attualmente in servizio non è nemmeno entrata nella scuola per concorso, ma in virtù di immissioni in ruolo dei precari, e mancando una selezione alla base la qualità complessiva del corpo docente nel corso degli anni è scesa sempre di più. I professori hanno sempre guadagnato poco, ma c'era un tempo in cui il rispetto nei loro confronti era incondizionato. Oggi quel rispetto non esiste più, e la scuola è diventata essenzialmente un ammortizzatore sociale, l'ultima spiaggia per chi ha una laurea .

FELICE  PIZZI  ( Giudice del contenzioso del Tribunale di Napoli Nord )

Il 13/01/2019 11:33, Francesco Messina ha scritto:

Nei mesi scorsi ho rappresentato ai colleghi le iniziative marchigiane di AREA per stabilire un dialogo costante, e non occasionale, con le scuole.

La scelta è stata quella di un’azione convergente nei contenuti (almeno per quanto è possibile) da sviluppare o da approfondire all’interno dei programmi di studio dei docenti.

E così venerdì sera, sino a tarda ora, ho partecipato all'iniziativa organizzata dall'Istituto "Nolfi" di Fano per la "notte bianca" dei licei classici.
Sono state ore piene di sentimento e di ragione, grazie a un programma davvero splendido organizzato da professori e studenti.
Ho percepito la loro passione, il loro impegno, il loro credere in ciò che facevano.
Li ringrazio per la vitalità che hanno generato in tutti e in me in particolare.
Ho dato il mio contributo, trattando il tema “Socrate. problema o risorsa civile? Il processo come luogo della riflessione critica” .
Ho ascoltato ottime relazioni tenute dai docenti. Gli studenti hanno offerto spunti di grande interesse.

Insomma, mi sono arricchito non poco.

Da tutto ciò ho tratto qualche considerazione.

Ho tratto spunto anche dallo straordinario riscontro di pubblico avuto da Roberto Scarpinato, il 30 novembre scorso, sempre a Fano, nell’ambito di una iniziativa patrocinata dall’ANM delle Marche.

L’incontro con Roberto Scarpinato non ha dato solo la possibilità (davvero unica) a chi era presente di fissare e mettere in logica, ordinata sequenza alcuni tasselli decisivi per la storia italiana.

E’ stata anche l’occasione per comprendere che ci sono precise esigenze nella comunità, più o meno pensante, di cui siamo parte.
Esiste, ed è forte nella sua cogenza, il desiderio di approfondire temi che riguardano la verità, il diritto, la giustizia.
E non solo con la consapevolezza dei meccanismi giuridici, ma anche della storia processuale italiana, intesa come parte decisiva per una vera memoria collettiva.
Certo, si tratta di essere disponibili e duttili sul piano comunicativo, ma lo spazio d'interlocuzione e di condivisione è ancora ampio, purché lo si voglia vedere e praticare.
Come cittadini e come magistrati non ci possiamo sottrarre, a patto, però, che la tutta nostra storia – compresa quella dei colleghi che, in solitudine, si sono posti come elemento di contraddizione positiva rispetto a persone, prassi, sistemi di potere, e come tali spesso dimenticati o resi “insipidi” nel loro ricordo, vale a dire senza il significato urticante dei loro pensieri e delle loro azioni – sia compresa, sia “saputa” da chi entra – ora - in magistratura.

Nell’ansiogena ricerca di ciò che è “moderno”, di ciò che è “attuale”, si dimentica che esso, per definizione, è transeunte, non è stabile, sarà trascinato via dal passare del tempo.
E allora forse è davvero il caso di recuperare ciò che noi siamo in senso “classico”. Di fare della nostra memoria storico-professionale una categoria non statica, ma dinamica, attiva.

Si è “classici” quando si sopravvive al “moderno”, quando si “resiste” al “qui e ora” nel senso più furbesco e semplificante dell’espressione. Senza capacità critica, senza confronto, senza il giusto distacco rispetto a ciò che rischia di far diventare asserviti al (o servi del) momento.

Se si tratta, allora, di “resistere”, di selezionare il meglio che supera il tempo contingente, il semplicemente “moderno”, la scuola rappresenta l'ultimo territorio non ancora definitivamente espugnato dall'idiozia di massa.
La diseducazione al ragionamento, scopo principale del sistema mediatico e di precisi interessi negli ultimi decenni, ha abbassato il senso critico complessivo.
Ma c'è, ancora, un luogo collettivo e culturale da presidiare.
C'è, ancora, una trincea etica da difendere.
Ed è, appunto, la scuola. Il luogo in cui, anche etimologicamente, s’insegna a non essere “al servizio” di nulla. A essere autenticamente liberi di pensare secondo i principi che aiutano a “stare” nella Storia, elaborando, cioè, un giudizio critico rispetto al momento, e non a soccombere a esso.
Lo si può fare non solo dando il nostro contributo conoscitivo, ma stando anche vicini agli insegnati della scuola secondaria.
Condividendo le difficoltà del loro lavoro, le loro problematiche organizzative, le loro istanze economiche.
Contribuendo a ristabilire l'autorevolezza sociale della loro professione.

Contrastando il disegno impiegatizio che il contesto (in)culturale si vuole attuare – e in parte non minima è stato realizzato - proprio per insegnanti e magistrati.

C’è uno spazio in cui misurare il nostro compito professionale e intellettuale.

Ma ben sapendo che non c'è compito più difficile e appassionante che educare un giovane a essere libero nella mente e nel cuore, in modo autentico e responsabile.

Francesco Messina, Tribunale Pesaro



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