[Area] FOCUS SU RIFORMA CRISI D'IMPRESA

thorgiov thorgiov a libero.it
Ven 25 Gen 2019 09:59:32 CET


Per questo motivo ho precisato che l'insolvenza è una catena viziosa, in 
cui un anello fa saltare l'altro. Non è un caso se negli anni le crisi 
bancarie sono esplose, nonostante che la Banca d'Italia ci rassicurasse 
continuamente sul fatto che il sistema del credito in Italia è sano. Lo 
Stato interviene per nazionalizzare un istituto di credito, ovviamente 
con i soldi dei contribuenti, per salvarlo, ed ecco che scoppia un'altra 
crisi. La Banca Centrale Europea interviene dettando una disciplina 
molto rigorosa per gli NPL ( No Performing Loans ), vale a dire i 
crediti in sofferenza, imponendo finalmente alle banche di accantonare 
il relativo importo ad una determinata scadenza, e che cosa fa il 
Governo italiano? Subito protesta sostenendo che l'Europa ha preso di 
mira le banche italiane, come se fosse colpa dell'Unione la crescita 
delle insolvenze e dei danni conseguenti, danni a catena, per l'appunto. 
Il paradosso lo si è raggiunto quando si è nominato un imprenditore 
dichiarato fallito quale consulente del Ministero dello Sviluppo 
Economico. Come dire, bisogna avvicinare lo Stato ai cittadini, secondo 
la peggiore retorica italiota. Quante volte, nella veste di G.E., mi 
sono chiesto come avessero fatto le banche a concedere credito a 
soggetti che bastava guardarli in faccia per capire che non avrebbero 
onorato i propri impegni. Ora, se le banche rispettassero i criteri 
europei nella concessione del credito, molte imprese italiane 
indubbiamente non potrebbero ricevere prestiti, perchè sono 
sottocapitalizzate e non rispettano i criteri di Basilea 2. Bene, questo 
servirebbe a responsabilizzare gli imprenditore e a convincerli a 
impiegare beni propri per l'esercizio della loro attività. L'impresa è 
una attività rischiosa, e che la svolge deve abituarsi ad attingere alle 
proprie risorse. Così, per es., l'imprenditore, anzichè chiedere 
continuamente affidi, capirebbe che deve vendere i propri beni, 
ovviamente a prezzo di mercato, per investire il ricavato nella sua 
attività. Se non lo fa, vuol dire che nemmeno lui crede nella propria 
impresa. Ma in questo modo almeno si farebbe una selezione veramente 
efficace: la selezione preventiva. Hai voglia di fare protocolli di 
intesa tra Procure e Sezioni fallimentari fino a quando l'insolvenza è 
la regola e costituisce un fenomeno di proporzioni smisurate! Come si fa 
a svuotare il mare con un bicchiere? E poi, diciamoci la verità, la 
sanzione penale non fa nessuna paura perchè si sa benissimo che il 
processo con il rito accusatorio, anzi il processo giusto, è stato 
creato proprio per non funzionare. No, l'unica soluzione è intervenire 
in anticipo, eliminando dal mercato l'imprenditore disonesto o incapace 
prima che faccia danni. Ma l'Italia è un paese cattolico, che non ama il 
principio di autoresponsabilità, di matrice protestante.

FELICE  PIZZI  ( Giudice del contenzioso del Tribunale di Napoli Nord )

Il 25/01/2019 07:16, Rachele Monfredi ha scritto:
> Non ho ancora letto l’allegato (per la cui trasmissione ringrazio)  . 
> Concordo in pieno sull’importanza  di un approccio unitario e sul 
> fatto che mai come in questo settore diritto penale e civile sono 
> inscindibilmente collegati.
> Per questo sarebbero auspicabili (dal mio punto di vista) anche 
> sinergie tra le sezioni fallimentari dei tribunali e i dipartimenti 
> delle procure che si occupano di criminalità economica.
> Credo tuttavia che un altro punto dolente - dal quale non si può 
> prescindere - sia quello del rispetto delle regole nell’erogazione del 
> credito bancario!
> Buona giornata a tutti
> Rachele Monfredi
> (sezione impresa Palermo)
>
> Inviato da iPhone
>
> Il giorno 25 gen 2019, alle ore 01:15, Sergio Rossetti 
> <sergio.rossetti a giustizia.it <mailto:sergio.rossetti a giustizia.it>> 
> ha scritto:
>
>> Felice, per fortuna non è come dici.
>> Una delle disposizioni della legge delega prevedeva espressamente 
>> l’obiettivo della riduzione dei costi delle procedure ccdd minori e 
>> di tanto si trova ampia traccia nel codice della crisi. Poi possiamo 
>> ragionare della sufficienza e adeguatezza di queste norme, ma un 
>> considerevole passo avanti, anche in termini di chiarezza, nel codice 
>> della crisi si trova.
>> Quanto alla maggiore convenienza nel commettere reati fallimentari, 
>> anziché comportarti come un imprenditore onesto “perché ormai chi 
>> fallisce non ha paura nemmeno della sanzione penale”, hai centrato il 
>> punto.
>> Il punto, però, si contrasta avendo bene in mente che il sistema 
>> fallimentare è un sistema complesso in cui il diritto civile non può 
>> fare a meno del diritto penale.
>> Se funzionasse il sistema penale di repressione dei reati di 
>> bancarotta, gli imprenditori non riterrebbero affatto conveniente 
>> porre in essere condotte distrattive o di ritardo nella dichiarazione 
>> di fallimento, con la conseguenza che, intervenuto il fallimento, i 
>> creditori potrebbero trovare ancora attivi da liquidare, attivi che 
>> nella prospettiva della legge fallimentare (e del nuovo codice) sono 
>> imprese funzionanti e non cadaveri.
>> Se il sistema penale non funziona, i fallimenti, invece, venderanno 
>> sempre quattro sedie e due computer, perché, statisticamente sarebbe 
>> sempre più conveniente per l’imprenditore disonesto tentare la strada 
>> della bancarotta, anziché quella dell’emersione tempestiva 
>> dell’insolvenza.
>> Allora si tratta di capire quali prassi adottare perché le sezioni 
>> fallimentari dei Tribunali parlino sempre di più e meglio con le 
>> procure istituite presso quei Tribunali.
>> Senza farci prendere da facili disfattismi o, al contrario, da 
>> ingenui entusiasmi, a Milano ci stiamo provando con un protocollo 
>> sulla relazione 33 (che sarà relazione 130 del nuovo codice) che ha 
>> proprio il fine di consentire una più spedita repressione dei reati 
>> fallimentari per dare il segno che non è affatto conveniente fare 
>> bancarotta.
>> È stato creato  in Procura un dipartimento specificamente dedicato 
>> alla crisi d’impresa con i cui magistrati, nel rispetto assoluto 
>> delle reciproche funzioni, si dialoga costantemente.
>> Ovviamente si tratta solo di una delle tante esperienze che su questa 
>> linea si muovono sul territorio (penso ai protocolli siglati tra 
>> Tribunale e Procura in Tribunali come quello di Bergamo o di Catania, 
>> per citarne due, almeno geograficamente, assai distanti tra loro).
>> Insomma, Felice, in un triste periodo in cui sulla base di luoghi 
>> comuni per bieche ragioni si è disposti a stracciare vite umane, non 
>> mi pare davvero il caso di ridurre le discussioni a cliché senza 
>> tenere conto del fatto che le cose potrebbero cambiare se provassimo 
>> ad esercitare fino in fondo i poteri (e i doveri) che ci sono stati 
>> assegnati.
>> Sergio Rossetti (GD, Milano)
>>
>> Inviato da iPhone
>>
>> Il giorno 24 gen 2019, alle ore 22:43, thorgiov <thorgiov a libero.it 
>> <mailto:thorgiov a libero.it>> ha scritto:
>>
>>> Debbo correggere un refuso. Ovviamente intendevo dire che l'impresa 
>>> che non paga deve semplicemente chiudere subito, per NON creare 
>>> altri danni. La mia esperienza di giudice fallimentare è stata tutto 
>>> sommato breve, però ne ho tratto una convinzione. In realtà le 
>>> procedure concorsuali hanno un senso solo quando ad essere 
>>> insolventi sono grosse imprese. Negli altri casi esistono già le 
>>> procedure esecutive individuali. Sostanzialmente il fallimento, in 
>>> sè per sè, non serve a nulla, perchè nella stragrande maggioranza 
>>> dei casi si chiude senza nemmeno un soldo. Di fatto la procedura 
>>> concorsuale serve solo a far guadagnare qualcosina ai 
>>> professionisti, perchè tanto c'è sempre il patrocinio a spese dello 
>>> Stato. Anzi, la procedura stessa diventa una vera e propria vacca da 
>>> mungere fino allo sfinimento, grazie a incarichi di consulenza ed a 
>>> liti intentate a suo nome. Il legislatore, anzichè contrastare 
>>> questi fenomeni deleteri, li agevola, fino a rasentare il grottesco 
>>> quando considera definita la procedura anche quando sono ancora 
>>> pendenti i giudizi iniziati da o contro il fallimento, perchè 
>>> l'importante è ingannare l'Europa fingendo che l'Italia è in grado 
>>> di garantire la rapida definizione dei processi, quando tutti sanno 
>>> che si tratta di una finzione. Per l'appunto, di una finzione 
>>> grottesca. Vero è che la dichiarazione di fallimento è il 
>>> presupposto per far emergere condotte distrattive che poi 
>>> costituiscono reato, per es. di bancarotta, e quindi in teoria il 
>>> sistema serve a sanzionare i responsabili della insolvenza almeno 
>>> sotto il profilo penale. Ora, il sistema, anche sotto questo 
>>> aspetto, non funziona, perchè ormai chi fallisce non ha paura 
>>> nemmeno della sanzione penale.  In realtà molti imprenditori 
>>> diventano insolventi perchè si sopravvalutano, fanno sempre il passo 
>>> più lungo della gamba, credono che possono indebitarsi a piacimento, 
>>> anche con gli usurai, perchè sono convinti che poi guadagneranno 
>>> talmente tanto che usciranno dalla crisi. Il sistema di allerta 
>>> rischia di agevolare queste prassi, perchè la sua finalità, come 
>>> quella dei tanti istituti che nel corso degli ultimi anni sono 
>>> entrati in vigore, è quella di salvare a tutti i costi un cadavere 
>>> che cammina. Ma un cadavere che cammina non serve a niente, se non a 
>>> fare esplodere una epidemia, perchè l'insolvenza questo è : una 
>>> catena viziosa, in cui un anello fa saltare l'altro.
>>>
>>> FELICE  PIZZI  ( Giudice del contenzioso del Tribunale di Napoli Nord )
>>>
>>> Il 24/01/2019 18:34, Sergio Rossetti ha scritto:
>>>> Veramente, Felice, il sistema prova a distinguere, seriamente, tra 
>>>> crisi e insolvenza e a creare una serie di strumenti perché anche 
>>>> le PMI siano in grado di affrontare la crisi prendendone contezza 
>>>> in tempo e approntando le relative misure per salvare - perché no? 
>>>> - l’impresa e il reddito dei lavoratori.
>>>>  Trovi tutto nei primi 25 articoli del nuovo codice.
>>>> Molti colleghi ripongono notevole fiducia nel nuovo sistema di 
>>>> allerta, pure consapevoli dell’esistenza di alcuni limiti del 
>>>> meccanismo, della possibilità di migliorarlo anche immaginando (ma 
>>>> la questione non riguarda prevalentemente le misure di allerta) 
>>>> delle buone prassi (e sì, Felice, non smetteremo mai di pensare a 
>>>> prassi virtuose ...) da condividere nei diversi uffici.
>>>> Questo atteggiamento disfattista prima ancora che il nuovo sistema 
>>>> entri in vigore, sinceramente, non lo comprendo.
>>>> Mi pare che questo sia il tempo dello studio approfondito e della 
>>>> seria riflessione per sfruttare al meglio le potenzialità del nuovo 
>>>> codice.
>>>> Ringrazio, quindi,  Fabio per la cortese segnalazione, apprezzando 
>>>> nel suo intervento, in particolare, il corretto inquadramento del 
>>>> tema, perché ogni ragionamento sulla crisi d’impresa non può 
>>>> prescindere da una riflessione sui comportamenti criminali 
>>>> nell’economia apparentemente legale.
>>>>
>>>> Sergio Rossetti
>>>> (Giudice Delegato, Milano)
>>>>
>>>> Inviato da iPhone
>>>>
>>>> Il giorno 24 gen 2019, alle ore 17:21, thorgiov <thorgiov a libero.it 
>>>> <mailto:thorgiov a libero.it>> ha scritto:
>>>>
>>>>> C'è un errore di fondo nella impostazione della ennesima riforma : 
>>>>> il sistema di allerta dovrebbe tendere a prevenire l'insolvenza 
>>>>> conclamata. Ma intanto il debitore continuerà a non pagare, ed 
>>>>> avrà anche uno scudo di nove mesi per proteggersi dalle azioni 
>>>>> esecutive individuali. Sappiamo tutti benissimo che il fallimento 
>>>>> è il modo migliore per non pagare i debiti o per pagarli solo in 
>>>>> parte, magari con l'istituto della esdebitazione o con gli accordi 
>>>>> di ristrutturazione. L'idea è che bisogna salvare l'impresa ad 
>>>>> ogni costo. Questo è sbagliato. L'impresa che non paga deve 
>>>>> semplicemente chiudere subito, per creare altri danni.
>>>>>
>>>>> FELICE  PIZZI  ( Giudice del contenzioso del Tribunale di Napoli 
>>>>> Nord )
>>>>>
>>>>> Il 24/01/2019 10:35, Fabio REGOLO ha scritto:
>>>>>> Newsletter del forum Penaleconomia
>>>>>>
>>>>>> Ricordo che qualche giorno fa su queste liste ci siamo 
>>>>>> confrontati sul tema - a mio avviso molto importante e sul quale 
>>>>>> in termini di “politica giudiziaria” si potrebbe/dovrebbe 
>>>>>> investire molto di più di quanto non si faccia - degli effetti 
>>>>>> negativi della criminalità economica e più in generale dei 
>>>>>> cosiddetti reati dei colletti bianchi sulla crescita del nostro 
>>>>>> paese. Abbiamo quindi ricordato come l’illegalità economica e le 
>>>>>> conseguenti esternalità negative di fatto, se ragioniamo con una 
>>>>>> ottica di sistema, impediscono la realizzazione del principio di 
>>>>>> uguaglianza sostanziale.
>>>>>>
>>>>>> Credo utile a tal proposito girare un inserto comparso ieri su 
>>>>>> “Il Sole 24 Ore” dedicato alla importantissima riforma della 
>>>>>> legge fallimentare appena varata. Il contributo, sia pure con una 
>>>>>> illustrazione di alcune parti ovviamente molto sintetica, è a mio 
>>>>>> avviso prezioso per farsi una prima idea in quanto realizzato con 
>>>>>> il contributo di molti colleghi (la maggior parte dei quali 
>>>>>> vicini a “quelli di San Servolo”) che hanno fattivamente 
>>>>>> contribuito alla nascita di una serie di nuovi istituti o che 
>>>>>> comunque hanno animato il percorso di riforma.
>>>>>>
>>>>>> Buona lettura a tutti,
>>>>>>
>>>>>> Fabio Regolo
>>>>>>
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