[Area] Troppi innocenti mandati a giudizio

Domenico Pasquariello domenico.pasquariello a giustizia.it
Lun 28 Gen 2019 17:46:45 CET


Medesimi spunti di riflessione si possono (devono) trarre per i flussi primo-secondo grado.

Anzi, i numeri ci dicono che attualmente le criticità maggiori sono relative al processo d'appello.

Ad esempio la nostra corte d'appello -dove si lavora- registra un dato storico di almeno il 23% (sul totale sentenze) di prescrizioni all'anno (nel 2018 il 27%).

Una sentenza su 3-4 (di quelle di condanna "superstiti" del primo grado) finisce nella spazzatura della prescrizione; più o meno ogni giudice penale (e P.M., cancellerie, polizia giud, etc) lavora più di un giorno alla settimana inutilmente, anzi con effetti dannosi (per i costi inutili).

Bisogna allora cominciare a pensare piani organizzativi coordinati tra i vari uffici non solo in orizzontale (Procura-Tribunale, come fossro una unica monade) ma anche in verticale (Tribunali-Corte d'Appello), secondo le rispettive capacità di smaltimento, con le relative e conseguenti priorità condivise.

La mia Corte, lavorando tanto, a pieno organico riesce a definire circa 5.000 processi all'anno; che senso ha che ce ne arrivino 6.500-7000? dal 5.001 in avanti sono prescrizioni (selezionate secondo priorità, se ci sono buoni dirigenti, o secondo casualità).

E aggiungo, dalla esperienza personale del secondo grado: l'aumento di produttività dei Tribunali oltre un certo limite si traduce in una riduzione della qualità delle motivazioni (non delle decisioni).

E una motivazione dallo standard qualitativo mediocre equivale a scaricare il lavoro a valle: più motivi di appello, più complessità degli appelli, maggior durata degli appelli e della stesura delle motivazioni d'appello.

L'ingorgo in appello aumenta, la durata complessiva del procedimento aumenta, le prescrizioni anche, e la effettività della risposta giurisdizionale diminuisce, di fronte ad  a performances di primo grado volte solo al dato quantitativo: è una soluzione solo apparente al problema, è una risposta solo apparente alla domanda di giustizia.

Altrettanto si può dire per le sentenze d'appello (come quelle che scrivo io, in mumero sempre maggiore e qualità sempre minore) ed il grado di cassazione.

  mimmo pasquariello (CA Bologna)

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Da: Area <area-bounces a areaperta.it> per conto di Claudio Castelli <claudio.castelli a giustizia.it>
Inviato: lunedì 28 gennaio 2019 15:34
A: area a areaperta.it
Oggetto: [Area] Troppi innocenti mandati a giudizio

Dobbiamo riscontrare come in questi anni ci siamo fatti dominare dalla tirannia dei tempi e dei numeri. È emblematico che tra le statistiche che vengono estratte ordinariamente non siano ricompresi gli esiti dei procedimenti: né il tasso di assoluzioni e condanne, né quello delle impugnazioni, né quello degli esiti in sede di appello. Non vi sono statistiche nazionali su questi aspetti e tutte le valutazioni di performance degli uffici non le comprendono. Quella che si è affermata è una cultura falsamente produttivistica che, pur reagendo doverosamente ad un quadro precedente di ignoranza e indifferenza su carichi e numeri, ha valorizzato unicamente il numero di rinvii a giudizio o di citazioni dirette e la riduzione dei procedimenti pendenti. Una cultura che va debellata, ma che è colpa di tutti noi e non solo dei pubblici ministeri o delle procure.
Quando sono arrivato a Brescia ho riscontrato questa situazione, aggravata da notori problemi di insufficienza di organici e di loro scopertura.
Una prima risposta, del tutto insufficiente, è stata provata con la discussione e l'approvazione di Linee guida distrettuali sui criteri di priorità che non solo individuavano i reati da fissare con priorità a livello convenzionale, ma individuavano una capacità indicativa massima di definizione dibattimentale per ogni tribunale.
Non si trattava di un tetto massimo invalicabile, ovviamente, ma della consapevolezza da parte di tutti che un numero superiore di rinvio a giudizio o di citazioni dirette avrebbe comportato notevoli problemi per l'intero sistema.
I risultati sinora non sono stati soddisfacenti. È pur vero che il tasso di assoluzioni è calato (in un tribunale del distretto era giunto all'epoca al 70%) anche se ancora molto diversificato nei vari tribunali ( si va dal 33,42 % - con il 6,91 % di pronunce promiscue - al 44,91 % e 6,8%), ma il numero di procedimenti che arriva alla fase dibattimentale dei tribunali, pur diminuito, è ancora eccessivo e supera in tre dei quattro tribunali del distretto quella capacità indicativa di definizione che era stata individuata.
Tanto che al tribunale di Brescia già oggi ci sono processi fissati nel 2023 e  in quello di Bergamo nel 2021. Lontananza nella fissazione che vuol dire un enorme danno per gli imputati che subiscono per anni un carico pendente  e un effetto negativo sugli stessi esiti processuali, anche perché è evidente che tutti i processi che si fondano su prove dichiarative riportano danni spesso irreparabili a causa del tempo trascorso.
Non abbiamo bacchette magiche, ma due cose si possono fare subito.
Da un lato imporre che questi dati, resi omogenei nelle rilevazioni, vengono abitualmente estratti e resi noti a livello nazionale. In modo tale che si possono conoscere e che su di essi si discuta e si apra un positivo confronto fattivo.
Dall'altro mettersi attorno a un tavolo e ragionare insieme, coinvolgendo anche l'avvocatura, su quali rimedi e quali iniziative si possano prendere per migliorare la qualità del nostro intervento.
È quanto personalmente ho intenzione di fare riaprendo il tavolo sulle Linee distrettuali, sia per verificarne l'attualità, sia per garantire una migliore qualità del nostro intervento.
Credo che a normativa invariata si possa fare molto.

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