[Area] R: R: AreaDG sul Ddl di riforma dell’Ordinamento giudiziario e del processo

Emanuele Crescenti emanuele.crescenti a giustizia.it
Mar 16 Lug 2019 15:12:11 CEST


Leggo molte analisi sulla sciagurata proposta di riforma che riguarda le nomina per i semi – direttivi.

Riprendo, accogliendo integralmente, le lucide considerazioni di Salvatore Laganà (che saluto cordialmente).
In particolare evidenzio il passaggio sul  considerare “valore irrinunciabile quello di potersi avvalere dell’apporto di colleghi provenienti da diverse esperienze, anche lontane da quelle dell’ufficio di destinazione, costituendo una simile scelta un oggettivo arricchimento di conoscenze, di esperienze diversificate”  elemento che, a prescindere dalle facili patologie segnalate, di per sé costituirebbe un passo indietro significativo nella modernizzazione della nostra professione (specie in Procura dove le dinamiche organizzative sono in continuo perfezionamento) concretizzando Il pericolo di una fossilizzazione degli uffici con carriere interne e sempre più burocratizzate.

                                                                                                                                                                     Emanuele Crescenti (Procuratore Barcellona Pozzo di Gotto)



Da: Area [mailto:area-bounces a areaperta.it] Per conto di Salvatore Lagana'
Inviato: domenica 14 luglio 2019 23:37
A: Mariano Sciacca <mariano.sciacca a giustizia.it>; Coordinamento Area <coordinamentoarea a gmail.com>; mailinglist-anm a associazionemagistrati.com; area a areaperta.it; nuovarea a nuovarea.it
Oggetto: [Area] R: AreaDG sul Ddl di riforma dell’Ordinamento giudiziario e del processo

Accolgo volentieri – da attuale direttivo – la richiesta, proveniente da Mariano Sciacca, di pronunciarmi, quale esponente della funzione di presidente di Tribunale, sulla riforma che attribuirebbe ai capi degli uffici il potere di nominare, in luogo degli attuali presidenti di sezione, i coordinatori delle sezioni.
Premetto che, per la mia particolare storia personale (presidente di sezione a Reggio Calabria, presidente del Tribunale di Pisa, presidente di sezione della Corte di Appello di Venezia e presidente del Tribunale di Venezia, a seguito di un lungo contenzioso amministrativo, forse noto a qualcuno ) sono assolutamente contrario a nomine di semidirettivi (o, peggio, di direttivi) nell’esclusivo ambito degli uffici giudiziari di appartenenza. Ritengo, al contrario, che sia un valore irrinunciabile quello di potersi avvalere dell’apporto di colleghi provenienti da diverse esperienze, anche lontane da quelle dell’ufficio di destinazione, costituendo una simile scelta un oggettivo arricchimento di conoscenze, di esperienze diversificate ed evitando – da un lato – la sclerotizzazione di posizioni di potere all’interno di un medesimo ufficio e – dall’altro – il pericolo di adozione di condotte dirette a convogliare il consenso da parte di colleghi appartenenti al medesimo ufficio. Non va, poi, trascurato il fatto che l’incarico direttivo ha in gran parte connotazioni diverse dall’esercizio delle funzioni giurisdizionali e presuppone l’affinamento di competenze, di esperienze e di capacità che devono necessariamente essere valorizzate, al pari di altre carriere di vertice della pubblica amministrazione, posto che (so di sollevare probabilmente un vespaio, ma sono personalmente convinto di quello che dico, e, quindi, lo affermo) l’art. 101 Cost. riguarda le funzioni giurisdizionali (nel senso che nessuno, e tanto meno i capi degli uffici, può imporre ai giudici una determinata decisione) ma non l’attività organizzativa, che è maggiormente parificabile a quella amministrativa ed ai principi che la regolano.
Ciò premesso, sono assolutamente contrario alla previsione della nomina dei coordinatori delle sezioni da parte dei capi degli uffici. Ritengo, infatti, che la nomina da parte del CSM dei semidirettivi rappresenti, in primo luogo – se ben effettuata (ma, in prospettiva, la nomina deve costituire la fisiologia del sistema – cioè la scelta della persona giusta al posto giusto – e non la patologia, di cui abbiamo purtroppo plurimi esempi) – un’oggettiva possibilità da parte del capo dell’ufficio di essere coadiuvato nella gestione dello stesso da persone competenti ed idonee (anche se provenienti da diverse esperienze) e, in secondo luogo, per chi viene nominato, un’ occasione di affinamento e di approfondimento di competenze che potranno essere utilizzate anche in altri incarichi.
Ritengo, soprattutto, che la nomina dei semidirettivi sottratta al capo dell’ufficio, consenta di bilanciare il potere di quest’ultimo, che altrimenti diverrebbe senza limiti e tale da condizionare l’attività dei magistrati da lui scelti (posto che i criteri della scelta potrebbero riguardare la remissività del collega prescelto, la sua capacità di essere condizionato, l’appartenenza ad un modello ritenuto conforme a quello adottato dal capo). In realtà il semidirettivo deve essere anche capace di opporsi alle scelte del capo, deve essere legittimato a far valere interessi specifici, deve essere portatore di esigenze e visioni diverse, pur nella ovvia dialettica che sovraintende la gestione di un ufficio giudiziario: siamo sicuri che un coordinatore nominato e sempre revocabile possa assolvere ad un simile compito? Siamo sicuri che una nomina del genere possa affrancare da condizionamenti e possa consentire di assolvere alle funzioni nel migliore dei modi?
La mia risposta sembra ovvia, anche se ciò presuppone una rigorosa svolta, sia nella scelta che nelle conferme.
In ogni caso non ho mai amato i metodi di elezione degli abati nei conventi e, a tale proposito, il termine affine “conventicole” spiega chiaramente quali compromessi, quali patti segreti, quali do ut des , quali lotte di potere giustifichino simili scelte. Basterebbe rileggere i Vicerè del mio (e di Mariano Sciacca) conterraneo De Roberto, nella parte in cui descrive le lotte intestine per la nomina dell’Abate e dei Priori (che sarebbero una specie di presidenti di sezione) del convento dei Benedettini di Catania, per capire qualcosa di tali perversi meccanismi.
Lasciamo, pertanto, la nomina al CSM, ai migliori – con un sistema diverso - , pretendiamo un sistema rigoroso di conferma, ma, per carità, affranchiamo i capi degli uffici da una scelta che si aggiungerebbe agli innumerevoli incarichi di loro competenza, e che, per quanto sinteticamente detto, apparirebbe sempre condizionata da interessi particolari e tale da aumentare ingiustificatamente il loro potere.
Salvatore Laganà (presidente del tribunale di Venezia)
Da: Mariano Sciacca [mailto:mariano.sciacca a giustizia.it]
Inviato: domenica 14 luglio 2019 19:59
A: Coordinamento Area; mailinglist-anm a associazionemagistrati.com<mailto:mailinglist-anm a associazionemagistrati.com>; area a areaperta.it<mailto:area a areaperta.it>; nuovarea a nuovarea.it<mailto:nuovarea a nuovarea.it>
Cc: Mariano Sciacca
Oggetto: [Mailinglist-anm] Re: [Area] AreaDG sul Ddl di riforma dell’Ordinamento giudiziario e del processo


A scanso di equivoci chiarisco due cose preliminari.

Intervengo a titolo personale (anche se Upc si è da subito espressa chiaramente sul tema) e sono "direttamente interessato" attualmente ricoprendo la funzione di pst del Tribunale di Catania e quindi in predicato di abrogazione ex lege.

Detto ciò non posso nascondere il grosso disagio nel rilevare due silenzi pesanti sul ddl.

Il primo è quello dei diretti interessati (ovvero gli attuali presidenti di sezione con la loro esperienza maturata) e dei (presunti, spero di no) controinteressati (i direttivi cui il ddl consegna il potere di nomina dei coordinatori).

So che qualcosa si muove sul fronte dei presidenti delle corti più sensibili sul tema, ma nulla mi risulta di contro si muove sul fronte dei presidenti di tribunale.

L'altro silenzio.

Nel comunicato di Area non si fa cenno (salvo ad avere letto frettolosamente) alla eliminazione dei semidirettivi e all'attribuzione della competenza della nomina dei nuovi coordinatori di sezione direttamente ai presidenti dei tribunali e delle corti.

Il tema, insieme alle altre previsioni fortemente punitive e distoniche rispetto agli obiettivi dichiarati e pubblicizzati, è l'attribuzione dei potere di nomina dei presidenti di sezione ai presidenti dei tribunali e della corte.

Sono solo io che ci vede un passo determinante, se non decisivo, per la gerarchizzazione degli uffici giudicanti?

E per le procure, già cosi fortemente verticalizzate, la nomina dei coordinatori di dipartimento quali effetti ulteriori produrrà?

LA sottrazione al CSM di questa competenza (peraltro costituzionalmente prevista: art. 105 Cost.) non sarà foriera di un meccanismo di forte accentramento presso la dirigenza giudiziaria, al pari di quanto è già avvenuto nelle procure?

Ci sentiamo più rasserenati da un fiduciario del presidente del tribunale, piuttosto che da un semidirettivo selezionato dal CSM?

Per chi ha sostenuto la tabellarizzazione delle incarichi semdirettivi è rassicurante questa previsione?

Non c'è in me in questo momento neanche l'ombra di intenti polemici o tanto meno elettoralistici: il momento storico è tale che non mi importa nulla dei voti e delle prossime elezioni.

Il problema è veramente e profondamente culturale e coinvolge sia tutti i profili connessi alla conoscenza tabelllare, ordinamentale, organizzativa ecc ecc  sia la stessa possibilità di potere ancora praticare una reale indipendenza interna nei rapporti tra dirigenza e semidirigenza.

Spero di potere discutere, senza urla e in modo pacato.

In questo momento, al di là di slogans e gente dalle certezze incrollabili, ne abbiano tutti bisogno.

Quanto meno per non dire di avere taciuto.

Mariano Sciacca

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Da: Area <area-bounces a areaperta.it<mailto:area-bounces a areaperta.it>> per conto di Coordinamento Area <coordinamentoarea a gmail.com<mailto:coordinamentoarea a gmail.com>>
Inviato: domenica 14 luglio 2019 18:13
A: mailinglist-anm a associazionemagistrati.com<mailto:mailinglist-anm a associazionemagistrati.com>; area a areaperta.it<mailto:area a areaperta.it>; nuovarea a nuovarea.it<mailto:nuovarea a nuovarea.it>
Oggetto: [Area] AreaDG sul Ddl di riforma dell’Ordinamento giudiziario e del processo










AreaDG sul Ddl di riforma dell’Ordinamento giudiziario e del processo





Il Ddl presentato dal Ministro della Giustizia - pur contenendo in alcune sue parti anche apprezzabili previsioni - appare ispirato a un disegno complessivo che, attraverso l’irrealistica e assurda pretesa di governare la magistratura per mezzo di uno strumento disciplinare abnormemente ampliato e l’introduzione di termini capestro, mira a realizzare ancora una volta finalità meramente punitive nei confronti della Magistratura italiana.



Preoccupano, infatti: la previsione di una drastica quanto irrazionale riduzione dei termini di durata delle indagini preliminari e di forme di discovery anticipata; l’introduzione di automatismi e previsioni standardizzate di termini di durata dei procedimenti civili e penali, assolutamente ininfluenti, quando non dannosi, sulla qualità ed efficacia delle indagini e delle decisioni. E ciò senza tener conto, da un lato, della diversa e variabile complessità e difficoltà dei procedimenti; dall’altro, di un carico giudiziario che, tanto nel settore civile, quanto nel settore penale, è in un costante aumento, ormai insostenibile con gli organici e le risorse attuali e non fronteggiabile nonostante la produttività elevata dei magistrati italiani.



Tali previsioni rappresentano l’ennesimo intollerabile tentativo di riversare sui magistrati le conseguenze delle gravi e colpevoli disattenzioni verso il settore giustizia di cui da oltre un ventennio si è resa responsabile la politica con i governi che si sono avvicendati. Ancora una volta, in luogo di prevedere coraggiosi e ormai non più procrastinabili provvedimenti di natura strutturale e di deflazione che assicurino al sistema un effettivo recupero di efficienza, si tenta nei fatti di riformare, punire e normalizzare la Magistratura.



Nella stessa direzione appare andare anche l’introduzione del meccanismo del sorteggio per l’elezione dei componenti togati del CSM che annulla nei fatti il sistema della rappresentanza previsto dall’art. 103 comma 4 della Costituzione, che è il cardine della garanzia dell’autonomia e dell’ indipendenza della magistratura poste a tutela e salvaguardia dei diritti e dell’uguaglianza dei cittadinidavanti alla legge.



Siamo perciò totalmente contrari ad una tale proposta di riforma demagogica la quale - mentre nulla garantisce sul piano del recupero dell’etica della funzione - in contrasto con la Costituzione sostituisce la sorte al meccanismo della rappresentanza, svilisce il senso profondo della partecipazione e del pluralismo e si presta a distorsioni e strumentalizzazioni clientelari anche peggiori di quelle che il disegno di legge afferma di voler contrastare.



I magistrati italiani chiedono riforme che consentano di svolgere la loro funzione con norme processuali e risorse umane e materiali adeguate e consone al delicatissimo compito cui sono chiamati e si attendono che la loro autonomia e l’indipendenza non siano svilite, ma siano rispettate e difese, ad iniziare dagli altri Poteri dello Stato e dalle istituzioni tutte, perché essa è il presupposto per l’esercizio imparziale della funzione e per la tutela dei diritti delle persone e delle loro garanzie.



Chiediamo, perciò, l’apertura di un tavolo di confronto che consenta di pervenire ad un testo di riforma che sia il più largamente condiviso e, soprattutto, realmente utile per il Paese, a cui non serve una magistratura depotenziata e intimidita, ma un sistema giudiziario moderno ed efficiente.



Cristina Ornano, segretario nazionale di AreaDG

Maurizio Carbone, presidente nazionale di AreaDG
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