[Area] Le risposte che servono alla Calabria - di Stefano Musolino

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Mar 31 Dic 2019 13:33:31 CET


LE RISPOSTE CHE SERVONO ALLA CALABRIA. 

_ (il manifesto - 31 dicembre 2019)_ 

Con dolo o con colpa, si alimenta così il messianismo della repressione
penale, torcendola a finalità che le sono estranee e trascurando i
devastanti effetti personali, economici e, quindi, sociali e culturali
che ne discendono. E si perde di vista l'essenza dei problemi economici
e culturali che sono la causa della pervicace resistenza della
'Ndrangheta 

C'è un giudice in Calabria. Molti sembrano averlo dimenticato, ma in
queste ore giovani magistrati addetti al Tribunale del Riesame stanno
valutando gli esiti dell'indagine cosiddetta Rinascita Scott. 

C'è un Giudice in Calabria. Molti sembrano averlo dimenticato, ma in
queste ore giovani magistrati addetti al Tribunale del Riesame stanno
valutando gli esiti dell'indagine cd. Rinascita-Scott. Molti di loro
sono alla prima esperienza professionale, dopo il tirocinio, e dovranno
emettere una decisione con i tempi strettissimi imposti dalla normativa
vigente. Il loro lavoro meriterebbe maggiore rispetto ed attenzione da
parte di chi, dentro e fuori la magistratura, interpreta le più recenti
dinamiche in termini di tifo pro e contro. 

Forse non è un caso se la Corte di Appello di Reggio Calabria continua a
vedere i propri effettivi in organico assottigliarsi, mentre aumentano i
carichi di lavoro. Fare il tifo è più comodo che prendersi le
responsabilità, anche dentro la magistratura. 

Sia chiaro: l'enfasi comunicativa sugli esiti delle indagini ha una
nobile funzione di esortazione della cittadinanza a liberarsi dal giogo
mafioso, mettendo in crisi la mitologica invincibilità della
'Ndrangheta, mentre l'ottimo lavoro svolto dalla Procura di Catanzaro
mette a nudo, ancora una volta, le commistioni di interessi che segnano
la classe dirigente e quella politica calabrese, nell'ambito di ambigue
stanze di compensazione. Si tratta, tuttavia, di accertamenti ancora
precari che necessiteranno delle ulteriori verifiche giurisdizionali. 

Ma, soprattutto, la liberazione della provincia vibonese dalla
'Ndrangheta non dipenderà affatto dagli esiti del procedimento avviato
dalla Procura di Catanzaro. Pur indugiando su discutibili effetti
palingenetici dell'indagine, si tratta di una verità riconosciuta anche
da Nicola Gratteri che, infatti, sollecitava la società civile ad
occupare i nuovi spazi di libertà che le misure cautelari, concesse dal
Gip, garantivano. 

Da anni nei distretti calabresi si susseguono investigazioni sempre più
complesse e approfondite che stanno progressivamente colmando il gap di
conoscenza di un fenomeno criminale che solo per grandi linee può essere
sovrapposto a quello di Cosa Nostra. Vi è, infatti, una specificità
propria della 'Ndrangheta che è dipesa dalla sua scelta storica di non
entrare in contrapposizione con lo Stato e le classi dirigenti sociali,
ma di venire a patti e di essere, così, riconosciuta da costoro
interlocutore facoltoso e potente. La società calabrese, tuttavia, non
sembra avere invertito la rotta, nonostante le misure cautelari emesse,
le condanne e confische inflitte in plurimi procedimenti penali. 

Anzi, le più recenti statistiche dimostrano un'incontenibile diaspora
giovanile, sintomo più evidente di una comunità che ha perso la
prospettiva di un futuro migliore. Una società più vecchia, più povera,
disgregata e frammentata, con i peggiori servizi sociali. 

Diventa, così, comodo confidare nell'azione salvifica di imponenti
azioni giudiziarie, senza mettere mai al centro dell'agenda politica le
problematiche strutturali che relegano la Calabria ai margini economici
e politici del Paese. Ma è comodo anche per i calabresi limitarsi a fare
il tifo per le Procure Dda o per la 'Ndrangheta, senza nemmeno chiedersi
quanto si è disposti a perdere per combattere queste battaglie, senza
rischiare nulla, come se la generosa sovraesposizione di pochi potesse
salvare tutti. 

Con dolo o con colpa, si alimenta così il messianismo della repressione
penale, torcendola a finalità che le sono estranee e trascurando i
devastanti effetti personali, economici e, quindi, sociali e culturali
che ne discendono. E si perde di vista l'essenza dei problemi economici
e culturali che sono la causa della pervicace resistenza della
'Ndrangheta, deresponsabilizzando le istituzioni chiamate a creare le
condizioni per investimenti strutturali che possano risollevare la
Calabria dalla sua atavica povertà economica. In questa, ancora oggi, il
giovane calabrese che guardi al suo futuro si trova ad avere come
interlocutori affidabili la 'Ndrangheta o la peggiore politica della
clientela che va a braccetto con la prima. 

Se non vogliamo vederli partire ancora questi giovani, se non vogliamo
vederli partire tutti, dobbiamo dargli altre opportunità, altre
risposte. E indagini come l'ultima della Procura di Catanzaro sono solo
una parte di queste risposte e - ahimè - neppure la più importante. 

Intanto, a Catanzaro, giovani magistrati del Tribunale del Riesame
provano a dare risposte tempestive ad istanze di revoca delle misure
cautelari di recente imposte, mentre a Reggio Calabria più anziani
colleghi della Corte di Appello, in numero sempre minore, tentano di
garantire la celebrazione di complessi processi a carico di imputati
detenuti. E' questa la magistratura calabrese che andrebbe celebrata,
perché fa dell'ordinaria emergenza un'occasione per dare risposte
quotidiane di credibilità istituzionale, fondata sul silenzioso e
discreto sacrificio personale. Un esempio per tutti! 

                                                                        
            Stefano Musolino 

_                                                                       
      sostituto procuratore della Repubblica DDA di Reggio Calabria_

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