[Area] [Mailinglist-anm] Rispetto per i magistrati di Catanzaro

Maria Beatrice Zanotti mariabeatrice.zanotti a giustizia.it
Gio 2 Gen 2020 16:39:44 CET


Condivido ogni parola del Collega Alfredo Sicuro.Grazie per la tua chiarezza

Maria Beatrice Zanotti

Procura Verona

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Da: Alfredo Sicuro <alfredo.sicuro a giustizia.it>
Inviato: giovedì 2 gennaio 2020 08:57
A: mailinglist-anm a associazionemagistrati.com; 'Area'; 'Nuovarea'; iscritti a magistraturademocratica.it
Oggetto: [Mailinglist-anm] Rispetto per i magistrati di Catanzaro

Da iscritto a Magistratura Democratica da quasi trent’anni, da calabrese residente in Calabria, da magistrato che ha lavorato in Calabria, desidero manifestare pubblicamente il mio dissenso rispetto al comunicato dell’esecutivo di M.D. sulle note vicende dell’indagine “Rinascita-Scott” e a quanto di adesivo è stato successivamente scritto.
Mi sembra assurdo, in primo luogo, che siano state messe sullo stesso piano questioni palesemente incomparabili che avrebbero meritato, da qualunque punto di vista si vogliano considerare, ben diverso apprezzamento.
Da una parte c’è un Procuratore della Repubblica che, piaccia o meno, ha coordinato per anni un’indagine di dimensioni gigantesche e ha ottenuto da un giudice terzo centinaia di provvedimenti cautelari per reati che, salvo mettere in discussione l’esistenza della ‘Ndrangheta e la sua capacità pervasiva e diffusiva anche all’interno delle istituzioni, meritano certamente di essere perseguiti con la massima durezza.
Dall’altra parte c’è un Procuratore generale che “confessa” di non avere mai svolto i propri compiti di coordinamento, sostiene di essersene accorto solo dopo avere letto sui giornali la notizia degli arresti, quindi si vendica rilasciando un’intervista con la quale si esprime sull’inconsistenza di un’indagine della quale egli stesso sostiene di non sapere nulla.
Che in questo contesto, anche ammettendo che Gratteri possa essere incorso in qualche intemperanza verbale, le due posizioni possano essere accomunate in una generale critica delle modalità di comunicazione dei magistrati in terra di mafia, non solo è contrario al buon senso, ma finisce per accreditare l’idea che non conta ciò che fai, basta che tu lo faccia (o non lo faccia) in maniera educata.
Non riesco poi a comprendere (certamente per miei limiti intellettuali e/o culturali) cosa abbia detto di così grave Gratteri per far sì che, invece di essere valutato per il suo lavoro, sia stato violentemente criticato e quasi fatto passare per un esaltato mentecatto autoinvestitosi di un ruolo messianico. A tutto vantaggio, evidentemente, di chi ha interesse a delegittimare l’inchiesta.
Quando mai si è visto un Procuratore della Repubblica che va in una conferenza stampa e dice ai giornalisti che, sì, ha ottenuto l’arresto di 300 persone, ma queste potrebbero essere innocenti e solo fra cinque o sei anni ne sapremo qualcosa di più?
Non è normale che, parlando alla stampa dopo un’operazione di questa portata, chi la ha coordinata esalti il lavoro proprio e quello di tutti coloro (magistrati, forze di polizia, personale amministrativo) che un tale risultato (provvisorio ma sempre risultato) hanno reso possibile, magari con sacrifici e con rischio personale e professionale?
Cosa c’è di sbagliato nel chiamare alle armi la società civile affinché si riappropri degli spazi che la criminalità organizzata ha invaso e si liberi dal giogo che fa sì che la Calabria sia una delle zone più povere d’Europa e agli ultimi posti di tutte le statistiche con la sola eccezione di quelle dei processi di criminalità organizzata?
Estrapolare quattro frasi a effetto da una conferenza stampa non cambia il senso ultimo delle esternazioni di Gratteri: “Io sto facendo il mio, gli altri facciano il resto”.
Agli indagati, a mio parere, è stato mancato di rispetto nel momento in cui sono stati accusati di gravi reati e arrestati. Ma questo è il nostro lavoro ed è quello che succede sempre in operazioni di questo tipo. Per quanta preoccupazione si voglia avere per la reputazione degli arrestati, è fin troppo ovvio che l’informazione circa l’attività dell’antimafia è essenziale e ineliminabile perché il contrasto della criminalità organizzata possa avere una qualche efficacia. Far capire in una terra come la Calabria che lo Stato è presente, quantomeno nella sua funzione repressiva, è importante proprio per stimolare la coscienza civile e per indurre i cittadini a sottrarsi all’assoggettamento omertoso. Ed è quello che Gratteri stava cercando di fare.
Che tutto ciò abbia un ritorno in termini di “pressione” sulla magistratura giudicante è tanto ovvio, tanto, ancora una volta, in linea con quel che è sempre accaduto nei procedimenti di criminalità organizzata e più in generale nei procedimenti di un certo interesse per l’opinione pubblica.
Al netto di tutto quel che si è detto e scritto, senza voler drammatizzare parlando di delegittimazione, di isolamento o di altri simili concetti che evocano pagine oscure della storia di questo paese, mi pongo in ultimo una banale domanda. Ma davvero c’è qualcuno che pensa che attaccare “a caldo” la Procura in questo momento più esposta sul fronte del contrasto alla criminalità organizzata sia stata una buona idea solo perché il suo capo non rispetta quelli che secondo noi sono i corretti canoni comunicativi o perché la sua visione “legge e ordine” sembra non corrispondere al nostro modello di magistrato progressista?
                                                                                  Alfredo Sicuro

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