[Area] Nota informativa sulla recente sentenza della Corte di Cassazione sul caso Sea Watch 3 del giugno 2019 - da Mario Ardig̣

Paolo Scotto Di Luzio paolo.scottodiluzio a giustizia.it
Dom 23 Feb 2020 15:29:25 CET


Un caso singolare.
Inutile insistere

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Subject: [Area] Nota informativa sulla recente sentenza della Corte di Cassazione sul caso Sea Watch 3 del giugno 2019 - da Mario Ardig̣


Nota informativa sulla recente sentenza della Corte di Cassazione sul caso Sea Watch 3 del giugno 2019 - da Mario Ardig̣

1. Il fatto.
   Il 29 giugno 2019, a Lampedusa, tra le una e le due di notte, la nave umanitaria Sea Watch3, che aveva soccorso migranti in mare avendo poi avuto la formale notifica del divieto di attracco in porti italiani, dopo 17 giorni in mare attraccò al molo commerciale di Lampedusa in violazione di quel divieto,  senza autorizzazione preventiva delle autorità marittime e di pubblica sicurezza e nonostante che una pilotina della Guardia di Finanza, in servizio di polizia marittima nel porto comandata da un sottufficiale, avesse tentato di sbarrarle la via frapponendosi al molo. La comandante della nave aveva invocato lo stato di necessità. Dopo un’ora dall’attracco, era stata arrestata in relazione ai delitti di "resistenza o violenza contro nave da guerra", un reato che prevede una pena da tre a dieci anni di reclusione, e di “resistenza a pubblico ufficiale”, con pena massima fino a cinque anni di reclusione.

 L’arresto in flagranza di reato tuttavia non veniva convalidato dal Giudice per le indagini preliminari, al quale la convalida era stata richiesta dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Agrigento, ufficio del Pubblico ministero di primo grado, con due argomenti: per l’ipotesi di delitto di resistenza a pubblico ufficiale vi era stata la scriminante dello stato di necessità, prevista dall’art.51 del codice penale; l’altro delitto non era configurabile in quanto la pilotina della Guardia di Finanza, benché nave militare, non poteva essere considerata nave da guerra, secondo il Codice dell’ordinamento militare, in quanto, al momento del fatto, non era comandata da un ufficiale della Marina dello Stato. Il Pubblico ministero aveva proposto ricorso per cassazione.

  La Procura generale presso la Corte di cassazione aveva chiesto l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata.

  La Corte di cassazione, Terza sezione penale, con sentenza n.6626/20 pronunciata il 16-1-20, le cui motivazioni sono state pubblicate il 20-2-20, ha rigettato il ricorso del Pubblico ministero.

Il testo integrale della sentenza è leggibile e scaricabile in pdf sul sito della Corte di Cassazione, alla pagina

http://www.cortedicassazione.it/cassazione-resources/resources/cms/documents/6626_02_2020_no-index.pdf



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2. La sentenza della Corte di Cassazione

 La sentenza n.6626/20 della 3° Sezione della Corte di Cassazione, deliberata il 16-1-20, con motivazione depositata il 20-2-20, che tratta del caso Sea Watch3 sopra sintetizzato, innanzi tutto richiama la precedente giurisprudenza di legittimità sull'interpretazione dell'art.385 del codice di procedura penale, norma che pone dei limiti al potere di arresto (cattura d’iniziativa, senza un ordine dell’autorità giudiziaria) da parte della polizia giudiziaria (personale di vari corpi di polizia e di altri uffici che hanno funzioni nell’accertamento dei reati) di chi è colto nell’atto di commettere certi delitti. Quella norma stabilisce in particolare un divieto  di arresto  quando appaia  che il fatto che si ipotizza come delitto sia stato compiuto in presenza di una causa di non punibilità. Bisogna però che quest'ultima sia almeno riconoscibile, vale a dire ragionevolmente / verosimilmente esistente sulla scorta delle circostanze di fatto conosciute o conoscibili con l'ordinaria diligenza. Lo era per la polizia giudiziaria che operò l'arresto della Comandante di Sea Watch3 nel porto di Lampedusa? Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Agrigento, la cui ordinanza di non convalida dell'arresto (l’arresto fatto dalla polizia giudiziaria diventa inefficace se non convalidato entro 96 ore dall’esecuzione) era giunta alla cognizione della Corte su ricorso del Pubblico ministero, aveva ritenuto che, per l'ipotesi di reato di resistenza a pubblico ufficiale, sussistesse la scriminante (causa di non punibilità) dell'adempimento di un dovere  imposto da una norma giuridica prevista dall'art.51 del codice penale e che essa fosse anche riconoscibile, nel senso sopra precisato, da parte del personale di polizia giudiziaria operante. La Corte ha accreditato questa interpretazione della fattispecie concreta, ritenendola corretta sulla base della ricostruzione dei fatti operata nell’ordinanza impugnata. In particolare, e questo è l'argomento che mi pare fondare il ragionamento della Corte con specifico riguardo alla non convalida dell'arresto,  in quanto tutte le norme di diritto interno e del diritto internazionale applicabile nell'ordinamento italiano per recepimento legislativo o in forza dell'art.10, 1° comma, della Costituzione devono ritenersi ben conosciute da coloro che operano il salvataggio in mare e da coloro che, per servizio, operano in mare svolgendo attività di polizia marittima (pag.10 in fine e pag.11 della sentenza) e la situazione di fatto che si presentava agli operanti era quella di un soccorso in mare in relazione al quale, secondo il punto 3.1.9 della Convenzione SAR di Amburgo del 1979, resa esecutiva con legge n.147 del 1989, alla quale seguirono disposizioni attuative con decreto del Presidente della Repubblica  n. 662 del 1994, l'Italia, quale parte interessata, aveva l'obbligo di adottare le disposizioni necessarie affinché lo sbarco delle persone soccorse in mare avesse luogo nel più breve tempo ragionevolmente possibile. A pag. 10 della sentenza si elencano le fonti normative applicabili alla fattispecie del caso Sea Watch3 che imponevano di assicurare che la gente soccorsa in mare fosse sbarcata nel più breve tempo possibile nell'unico porto sicuro che si presentava come tale nell'emergenza umanitaria che si era prodotta, vale a dire in Italia. Perché, a pag. 12 della sentenza se ne fa menzione, la Corte ha ritenuto che non possa essere considerata al sicuro la gente che, soccorsa in mare, venga lasciata sulla nave dei soccorritori senza consentirne lo sbarco, oltre che in balia degli eventi meteorologici avversi anche nell'impossibilità di ottenere il rispetto di propri diritti fondamentali e, tra essi, il diritto di presentare domanda di protezione internazionale.

 La Corte infine non ha ritenuto possibile contestare, con riferimento all’attracco della nave Sea Watch3, il delitto di resistenza o violenza contro nave da guerra, in quanto la pilotina della Guardia di finanza coinvolta nel fatto tentando di impedire l’attracco di quella nave al porto di Lampedusa,  per quanto indubbiamente nave militare,  non poteva essere considerata nave da guerra  poiché in quel momento non era comandata da un ufficiale di Marina al servizio dello Stato, secondo quanto prevede l'art.239, 2° comma,  del decreto legislativo n. 66 del 2010, Codice dell'ordinamento militare),

Mario Ardig̣



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