[Area] R: Uno scudo giuridico per i medici

marioardigo marioardigo a yahoo.com
Ven 3 Apr 2020 13:55:51 CEST


 L'idea che i trattamenti sanitari attuati, nell'attuale fase di emergenza sanitaria,  nelle terapie sub-intensive, intensive e di rianimazione per  i pazienti in crisi respiratoria o di altra natura a seguito dell'evoluzione clinica sfavorevole di Covid-19 siano per principio del tutto esenti da errori incidenti significativamente su morbidità e mortalità non è sorretta, per quanto a mia conoscenza, da evidenze cliniche basate sulla passata osservazione sistematica sul livello e cause di errori sanitari in tali reparti. Al contrario, per quanto ne so, lo sfinimento degli operatori, il sovraffollamento, l'insufficiente coordinamento di equipe organizzate estemporaneamente in emergenza, l'insufficiente o inesistente  tirocinio pratico su strumentazione allestita in emergenza, ad esempio sugli apparati di ventilazione, l'insufficienza delle informazioni anamnestiche su pazienti accettati in emergenza, le difficili condizioni di lavoro degli operatori, costretti talvolta in invasivi dispositivi di protezione che ostacolano l'esame obiettivo del paziente, sono tutti fattori noti come cause possibili di errore sanitario, in particolare nell'attività di medicina d'urgenza (reparti di pronto soccorso) e degli anestesisti rianimatori (reparti di terapia intensiva e rianimazione). Quindi, semmai, ci si dovrebbe attendere un incremento dei casi sui quali errori sanitari hanno inciso sfavorevolmente. Ciò posto, una notizia di reato per responsabilità sanitaria in materia di trattamento di pazienti affetti da Covid-19 con sviluppo ingravescente nel corso della degenza ospedaliera non può concludersi in sede penale di per sé solo, quindi per il fatto di riguardare malati gravi di quella patologia,  con una richiesta di archiviazione, senza un coretto inquadramento del caso, che richiede come minimo l'acquisizione di documentazione clinica e un parere tecnico collegiale, come previsto dalla legge di riforma sanitaria del 2017.
 Ribadisco che, mentre per la cura di Covid-19 sotto il profilo infettivologico, non vi sono ancora linee guida e buone pratiche clinico assistenziali, al contrario nella specializzazione di anestesia e rianimazione ve ne sono, e anche di molto esigenti, fino ad arrivare a veri e propri protocolli.
Anche nelle materie in cui non vi sono linee guida o buone pratiche clinico assistenziali consolidate, non per questo la condizione dei sanitari è più leggera, anzi. La legge di riforma del 2017 dà una copertura dell'attività sanitaria nel senso che, salvo alcune sottigliezze giuridiche formulate in sede di giurisprudenza di legittimità, una condotta sanitaria non può essere ritenuta scorretta se ci si è attenuti a linee guida e buone pratiche clinico assistenziali, che la medesima legge fa obbligo di osservare agli operatori. Ma questo non significa che, nei campi non ancora coperti da quelle raccomandazioni basate sull'esperienza clinica (in questo consistono linee guida e buone pratiche clinico assistenziali), l'attività sanitaria non possa essere sindacata in sede tecnica e, conseguentemente, in sede giudiziaria, ad esempio se si pretendesse di utilizzare principi della medicina tradizionale di certe culture. Come si formano linee guida e buone pratiche clinico assistenziali? Ragionando sull'esperienza clinica, e nessun trattamento sanitario può essere considerato lecito se non sia frutto di una tale attività raziocinante,e, aggiungo, raziocinio interdisciplinare condotto secondo una metodologia accreditata. Nelle settimane passate sono passate sui mass media opinioni cliniche di medici che sono poi state valutate come discutibili dalla comunità scientifica. Semmai la mancanza di linee guida e buone pratiche clinico assistenziali aumenta lo spazio della discrezionalità giudiziaria e quindi il rischio giudiziario per l'attività sanitaria e per i singoli operatori.
  Vedo che si sta manifestando una tendenza della politica a introdurre una sorta di esimente emergenziale, insomma "per questa volta soltanto" come in genere accade nei condoni, per impedire il vaglio giudiziario della concitata e disperata attività sanitaria di questi giorni. Si può osservare che questo potrebbe essere spiegato anche con un intento autoassolutorio, perché, per quanto ricordo, fino ai primi giorni di marzo l'orientamento prevalente della politica nazionale, a tutti i livelli e senza distinzione di maggioranze e opposizioni, è stato in genere quello di cercare di ridimensionare la gravità dei problemi e del pericolo incombente. Ricordo, ad esempio, che un importante personaggio politico a fine febbraio partecipò pubblicamente in Lombardia a un aperitivo e a una serata in pizzeria, sul web sono ancora disponibili gli articoli di giornale che ne hanno data notizia, per dimostrare che non era tutto chiuso, che la vita continuava, e poi, dopo qualche giorno, comunicò di essere risultato positivo a Covid-19. Lo stesso è accaduto, più o meno, a Roma. Tuttavia ritengo che,almeno per quanto riguarda la responsabilità specificamente sanitaria, la via giusta, eticamente e intellettualmente sostenibile, non sia quella dell'esimente emergenziale, ma quella di una complessiva revisione della disciplina della responsabilità sanitaria in modo da non aggiungere al rischio dell'errore sanitario quello dell'errore giudiziario per insufficiente affidabilità delle decisioni in ogni fase, a partire dalle indagini preliminari. Come nel caso di pregiudiziali richieste di archiviazione, "de plano" come si dice nel gergo.
Mario Ardigò.

Inviato da iPad

> Il giorno 03 apr 2020, alle ore 08:59, Pietro Mondaini <pietro.mondaini a giustizia.it> ha scritto:
> 
>  
> Nell’art. 590 bis c.p. si legge, tra l’altro, “Qualora l'evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto”.
> Evidentemente mi sfugge qualcosa, perché non vedo dove stia il problema.
> Per l’infezione da nuovo coronavirus non ci sono ancora farmaci testati di certa efficacia, né linee guida trattamentali condivise, né buone pratiche clinico-assistenziali (se non quelle tradizionali di intubare un paziente in crisi respiratoria acuta, sempreché siano disponibili adeguati supporti) che, quindi, non potranno mai essere “adeguate alle specificità del caso concreto”.
> Una semplice interpretazione letterale sembra quindi, in linea di principio, escludere qualsiasi responsabilità per la inesigibilità di ogni condotta che non rispetti parametri, nella fattispecie inesistenti.
> Non è dato, infatti, né nel coronavirus, né in ogni altro caso di malattie ritenute incurabili dalla comunità scientifica, neppure individuare parametri concreti sulla base dei quali stabilire se una pratica sia stata adottata con imperizia o meno.
> Un’interpretazione diversa si risolverebbe quindi in una mera responsabilità oggettiva, impraticabile nel diritto penale.
> Imperizia si risolverebbe quindi, sostanzialmente, nella fattispecie, in una colpa per assunzione da parte di chi non conosce la materia e, tuttavia, la affronta. Ma qui ancora non la conosce nessuno.
> Quindi dovrebbe restare solo la colpa per negligenza (omissione tout court di ogni trattamento, abbandono del paziente a sé stesso) o imprudenza (adozione di soluzioni che oggettivamente, per altro verso, procurano danni al paziente per nesso causale indipendente da coronaviirus).
> Mi pare che l’esclusione dell’attribuibilità di colpa per imperizia sia funzionale a non reprimere la stessa possibilità della “sperimentazione medica”, cioè una fase imprescindibile dell’esercizio del metodo scientifico, vale a dire la verifica sperimentale, tanto più necessaria in caso di patologia di fatto sconosciuta e non solo di nuovi trattamenti relativi a patologie conosciute.
> Per quanto mi riguarda, potranno denunziare i medici finché vogliono, ma in caso di morte da covid-19 l’archiviazione, a mio avviso, dovrà essere immediata e “de plano”.
> Diversamente opinando, sarebbe come imputare a chi praticava l’arte medica nel medioevo (non solo medici e chirurghi, ma anche barbieri, farmacisti e dame della carità) le morti per le pestilenze solo perché non usavano gli antibiotici che non erano ancora stati scoperti
> Piero
>  
>  
> Da: Area [mailto:area-bounces a areaperta.it] Per conto di ed.brutiliberati a gmail.com
> Inviato: giovedì 2 aprile 2020 12:05
> A: area a areaperta.it
> Oggetto: [Area] Uno scudo giuridico per i medici
>  
>  
> Allego un articolo di Vladimiro Zagrebelksy pubblicato su La stampa di oggi 2 aprile 2020
> Edmondo Bruti Liberati
>  
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