[Area] Ai tempi del Covid 19

Rosa BIA rosa.bia a giustizia.it
Ven 24 Apr 2020 13:21:52 CEST


E’ tutta una questione di onestà intellettuale e di obiettivi e di indipendenza e di autonomia di pensiero.

Io vorrei l’udienza da remoto non per penalizzare gli avvocati (che già fanno un lavoro difficile). Il mio unico obiettivo è quello di facilitare le cose agli utenti che si trovano ad avere a che fare con gli uffici giudiziari, anche se poi complico la mia attività: è più comodo, per il giudice, restare nella propria aula, che tutti devono raggiungere e aspettare in religioso silenzio il proprio turno, piuttosto che aggiungere alle proprie incombenze la fissazione dell'udienza telematica, l'invio dei link, attendere la connessione.

Io vorrei poter tenere l’udienza da remoto anche, per esempio, per consentire a un teste che viene da lontano di essere sentito da un ufficio pubblico della sua città; per consentire all’avvocato che non possa affrontare un viaggio e al pubblico ministero distrettuale che ogni volta deve affrontare 100 chilometri per venire a Matera (che è senza ferrovia da sempre), di restare nel loro ufficio.

Speriamo che il legislatore questo lo capisca e da Maggio (almeno per il periodo del virus) consenta di celebrare i processi in sicurezza.

Io ho fiducia.

Rosa BIA Matera 



From: casadonte a iol.it 
Sent: Friday, April 24, 2020 12:19 PM
To: Claudio Castelli ; area a areaperta.it 
Subject: Re: [Area] Ai tempi del Covid 19


Per quel pò che vale, sono molto d'accordo. Grazie!

Annamaria Casadonte




  Il 24 aprile 2020 alle 12.00 Claudio Castelli <claudio.castelli a giustizia.it> ha scritto: 


  Diversi colleghi hanno posto un problema reale: se  non cogliamo oggi le possibilità che ci sono date per la celebrazione delle udienze da remoto, perdiamo una grande occasione.

  Questa, a mio avviso, è solo una parte di un problema molto più grande e drammatico. Dopo l’emergenza sanitaria avremo un’emergenza economica e sociale, con milioni di disoccupati e inevitabili conflitti. Si pone per tutti, anche per noi, un problema di ricostruzione del paese. Dobbiamo decidere se essere parte della soluzione o essere parte del problema.

  Se cercare di svolgere quel ruolo di (parte della) classe dirigente che fa parte della nostra professione, o avere un atteggiamento difensivo che cerca di evitare responsabilità e illuderci di rimanere estranei ai cambiamenti che subisce il contesto generale.

  O avremo la capacità di ripensare alla giustizia facendo un salto di qualità o saremo travolti. E, piaccia o no, le tecnologie sono uno dei pochi strumenti che possono farci fare questo salto di qualità. Il problema non è di affidarsi alle tecnologie in modo fideistico, ma di cogliere quello che possono darci e di farle rispondere alle nostre esigenze. Dobbiamo decidere se governarle o subirle. E solo governandole (ed allora dovremo sporcarci le mani) avremo risultati ed un prodotto fruibile e disponibile.

  Le discussioni sull’udienza telematica sono in questo quadro davvero poca cosa, anche perché credo che alcuni non colgano che l’udienza da remoto è un’opportunità in più che viene data, non necessariamente sostitutiva, ma aggiuntiva, che addirittura in non pochi casi può consentire di arricchire un contraddittorio altrimenti inesistente o puramente formale (penso all’interrogatorio di garanzia del GIP titolare quando la persona sottoposta a misura cautelare venga arrestato in altro territorio o alla lontananza di imputato e/o difensore, che altrimenti rinuncerebbero a comparire o si farebbero sostituire).

  Ma queste discussioni sono anche sintomo di una forte arretratezza culturale che tutti ci portiamo dietro. È facile oggi accusare il Ministero per indubbi ritardi che ci sono stati e ci sono. Ma non possiamo far finta di ignorare che noi per primi (non tutti, ma la grande maggioranza) non abbiamo mai coltivato l’innovazione ed anzi spesso abbiamo vissuto con fastidio o abbiamo osteggiato nuove idee e nuovi programmi.

  L’arretratezza tecnologica esistente è anche figlia di questa arretratezza culturale e vedo con piacere che quest’emergenza può darci piena consapevolezza di ciò e farci mutare orientamento.

  È il momento di pensare in grande, di rivedere vecchi concetti e gabbie in cui un po’ tutti ci rintaniamo, disegnando la giustizia del futuro. Questa esperienza drammatica può diventare un prezioso volano di innovazione.

  Sfruttiamola appieno e non illudiamoci che la fase 3 sia un semplice ritorno alla vita pre epidemia.

  Sarà radicalmente diversa, e può essere anche migliore.

                                                                                                Claudio Castelli




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