[Area] Mariarosaria Guglielmi - Quel "rito" al quale non possiamo facilmente rinunciare

Magistratura democratica md a magistraturademocratica.it
Dom 26 Apr 2020 10:59:57 CEST



 

Quel “rito” al quale non possiamo facilmente rinunciare*

 

(di Mariarosaria Guglielmi – Segretaria generale di Magistratura
democratica)

 

Sommario - 1. Una necessaria premessa. 2. Principi irrinunciabili e
compromessi accettabili. 3. La proposta delle udienze penali da remoto.
Rinunciare ai luoghi del processo? 4. Smaterializzare le carte, non le
persone.

 

1. Una necessaria premessa.

La democrazia corre il più grande pericolo a volersi pensare come un sistema
di istituzioni che, in qualche modo, è a nostra disposizione, o nel
rifiutare di prendere in considerazione l’idea che deve farsi carico di un
interminabile “interrogarsi”.

Partendo dalle parole di Claude Lefort, potremmo dire che il più grande
rischio per il processo penale nasce oggi dal pensare che sia un istituto a
nostra disposizione, strumento da modellare in vista del raggiungimento del
risultato finale – a seconda delle contingenze o in ragione delle nuove
opportunità – senza farsi carico degli interminabili interrogativi che
devono accompagnare ogni sua evoluzione, specie quando diventa
inevitabilmente parte di grandi cambiamenti1.

Il processo è un fatto sociale e un evento collettivo

Come tutti i fatti sociali e collettivi non uscirà indenne da questi mesi né
resterà estraneo alle tensioni cui è sottoposta la giurisdizione.

I riflessi di una crisi che in breve tempo ha disegnato un nuovo ordine
mondiale e destrutturato i rapporti sociali ed economici, faranno presto
ingresso – in forma di nuovi conflitti – nelle aule di giustizia.

L’individuale e il collettivo dovranno adattarsi ad una dimensione finora
sconosciuta, con nuove forme di interazione e di limitazione reciproca:
diritti e libertà dei singoli dovranno ancora confrontarsi con forme inedite
di restrizione e sarà necessario farsi carico degli aspetti di maggiore
vulnerabilità della sfera individuale, oggi da tutti percepita meno
“intangibile” in nome del bene primario della salute pubblica.

L’identità stessa della nostra comunità – espropriata di tutti i momenti di
più forte e riconoscibile strutturazione simbolica – dovrà trovare nuove
modalità espressive per ricostruire una coesione intorno ai valori che, in
questa difficile prova per il paese, ne hanno garantito la tenuta.

Il processo, come luogo di composizione di conflitti e di ricomposizione dei
valori di convivenza civile, non resterà fuori dal cambiamento globale, e
nelle aule di Giustizia vedremo materializzarsi tutta la complessità della
nuova era che ci attende.

La giurisdizione dovrà fare la sua parte, ma rischia di arrivare a questo
appuntamento ancora più provata dall’aggravamento del suo cronico stato di
sofferenza prodotto dalla sospensione di questi mesi.

Nessuno può chiamarsi fuori dalla necessità di individuare le soluzioni
necessarie perché la Giustizia riprenda a funzionare e di confrontarsi sulle
imminenti prospettive di una difficile ripresa.

Oggi, al nostro interminabile interrogarci sulle cause dell’inefficienza del
sistema penale e sull’effetto moltiplicatore delle diseguaglianze che la sua
macchina inceppata produce, si aggiungono nuove domande sui rischi e sulle
opportunità che la svolta tecnologica può portare nelle aule di giustizia.

Se le soluzioni sperimentate nell’emergenza hanno consentito di
salvaguardare la giurisdizione, evitando una intollerabile sospensione degli
interventi più urgenti a tutela dei diritti e delle libertà, e se in poco
tempo sono state superate resistenze ataviche anche fra i magistrati
rispetto all’utilizzo di irrinunciabili strumenti di lavoro messi a
disposizione dalla tecnologia, nella fase che ora si apre spetta anzitutto a
noi giuristi ragionare sul senso dei cambiamenti inevitabili, di quelli
necessari e di quelli auspicabili.

Senza cadere nell’errore di pensare che il processo sia solo uno strumento a
nostra disposizione. Presto avvertiremo l’importanza di interrogarci e di
confrontarci sulla complessa funzione che anche il processo – come evento e
luogo che dà rappresentazione alla Giustizia – dovrà svolgere rispetto alla
coesione e alla tenuta della comunità democratica.

 

2. Principi irrinunciabili e compromessi accettabili.

Abbiamo per la prima volta sperimentato in questi mesi la celebrazione da
remoto delle udienze per le convalide di arresti e fermi.

Una soluzione che ha garantito presenza ed effettività della giurisdizione
rispetto ad uno snodo fondamentale, momento di massima espressione della sua
funzione di garanzia costituzionale: sia pure in forma mediata e virtuale,
abbiamo celebrato i processi di convalida osservando la ritualità che
prevede la comparizione dinanzi al giudice della persona privata della
libertà personale.

La capacità di accettare “compromessi” e la tolleranza rispetto alle
deroghe, temporanee e condivise, alla pienezza delle sue conquiste, fanno
parte della resilienza della democrazia.

Laddove la democrazia non è invece abbastanza forte da accettare i
“compromessi”, l’emergenza si governa con lo stato d’eccezione e, in nome di
esigenze superiori, la democrazia viene espropriata delle sue prerogative.

È accaduto anche dentro i confini europei, nei paesi come l’Ungheria dove la
pandemia è servita ad accelerare il processo di regressione democratica,
portando di fatto alla sospensione dello stato di diritto.

Una democrazia salda, che accetta i compromessi, riesce a trovare in sé gli
strumenti, anche imperfetti, per riaffermare la forza dei valori e dei
principi che ritiene irrinunciabili.

E non va per questo sottovalutata la valenza di scelte di mediazione
funzionali alla tenuta dello stato di diritto e delle garanzie per la
libertà personale, di cui fa parte la possibilità della persona arrestata di
essere condotta dinanzi a un giudice e di svolgere la sua difesa.

Qui torna l’importanza della premessa da cui siamo partiti: il processo, con
le sue regole, non è uno strumento a disposizione di un risultato e non
possiamo sottrarci alle domande sulle ricadute dei cambiamenti strutturali
delle sue regole rispetto ai valori che deve tutelare.

Le norme processuali che disciplinano lo svolgimento dell’udienza di
convalida non sono neutre e sono esse stesse regole di garanzia.

Nella udienza che vede la presentazione della persona privata della libertà
personale in un’aula di Tribunale, l’incontro e l’instaurarsi di una
relazione diretta con il suo giudice e con il suo difensore, l’interruzione
del legame con chi ha operato l’arresto e l’esposizione nella dialettica
delle parti delle ragioni della difesa, prende forma l’esercizio della
giurisdizione, con la ritualità delle regole processuali di garanzia che
legittima il giudizio finale sull’atto restrittivo della libertà personale.

Le stesse ragioni che hanno reso accettabile il “compromesso” e la
sperimentazione di una udienza virtuale – salvaguardare il principio della
comparizione dinanzi al giudice – impongono dunque il ritorno, ad emergenza
cessata, alla regola della celebrazione dell’udienza reale.

Non occorre ricordare che della storia del nostro paese fanno parte vicende
giudiziarie nelle quali non è bastato all’arrestato comparire in udienza per
ottenere uno sguardo attento agli abusi subiti.

E molti in questi giorni lo hanno ribadito.

È certo vero che l’udienza in sé e la relazione che si instaura fra i
presenti non sono sempre garanzia di maggiore attenzione e di capacità di
“prendere in affidamento” chi si trova, da persona non libera, dinanzi
all’autorità che dovrà giudicarla.

Ma se oggi abbiamo il dovere e la responsabilità di interrogarci e di
chiederci come sia possibile che ciò accada, domani - dietro allo schermo -
insieme alle persone potrebbero scomparire, in dissolvenza, anche le nostre
domande.

 

3. La proposta delle udienze penali da remoto. Rinunciare ai luoghi del
processo?

È ragionevole attendersi che, ampliati i casi di celebrazione delle udienze
penali da remoto e realizzata l’effettiva messa a punto, tecnica e
giuridica, del necessario sistema di supporto, il nuovo modello di processo
rappresenterà di fatto e sarà vissuto come una “svolta epocale”, un punto di
non ritorno.

La proposta contenuta nell’emendamento governativo mette sul tavolo una
prospettiva, per la prima volta in maniera così concreta, di un vero e
proprio mutamento di paradigma del nostro processo penale.

Per questo, a prescindere dall’esito che avrà l’iter parlamentare, il
dibattito sulla smaterializzazione delle udienze penali, di suoi singoli
frammenti ma anche dei suoi momenti di maggiore solennità (quale può essere
la lettura del dispositivo), di forte simbolismo o sacralità (il giuramento
pubblico di un testimone, la decisione nel segreto nella camera di
consiglio) è l’occasione per riaffermare la centralità dei principi
fondamentali del nostro modello di processo: occorre tracciare una linea di
confine, a salvaguardia dei suoi valori essenziali; al di là e al di fuori
di questo ambito da presidiare, si potrà e si dovrà invece discutere di
possibili riforme per un non ritorno a un passato fatto di prassi, di moduli
e assetti organizzativi che rappresentano una grave ipoteca sull’efficienza
del nostro processo.

Un confronto sul modello di processo penale e di giurisdizione da
salvaguardare appare tanto più necessario ed urgente perché, proprio dalla
crisi dell’emergenza sanitaria, la tendenza globale verso la rivoluzione
digitale in tutti i settori pubblici riceverà una ulteriore accelerazione.

Sarà sempre più forte la spinta verso cambiamenti strutturali, prodotti
dall’innesto di soluzioni tecnologiche, che dobbiamo essere in grado di
governare e di orientare verso un’organizzazione efficiente del processo
penale conforme ai valori della giurisdizione.

Esperienze a noi vicine, come quella della Francia, dimostrano che le
opportunità della rivoluzione digitale possono diventare la base per una
riconfigurazione complessiva di tutto il sistema giudiziario verso un
circuito alternativo a quello giurisdizionale (le proposte del ddl «di
programmazione 2018-2022 e di riforma per la giustizia» per una
trasformazione digitale sono state accompagnate dall’esplicito sostegno del
Ministero della Giustizia allo sviluppo di piattaforme di risoluzione online
delle controversie) e da molte voci critiche del dibattito che si è
sviluppato sull’investimento nel digitale per la giustizia è venuto un forte
richiamo alla necessità di introdurre misure di salvaguardia come “il
diritto a un’udienza fisica” (il cd. “principio di presenza”)2.

E, guardando al contesto nazionale, è bene ricordare che, in nome della
semplificazione e della riduzione dei costi, abbiamo da poco approvato la
riforma per il taglio del numero dei parlamentari, fortemente voluta dalla
forza politica di governo che sostiene la rottamazione della democrazia
rappresentativa, promuove il modello della “democrazia diretta” (via web) e
ha sperimentato un “vincolo di mandato parlamentare” sulla base dell’esito
delle consultazioni della piattaforma Rousseau. Non appare certamente remota
la possibilità che in questo contesto storico maturino le condizioni
politiche per una radicale svolta digitale, anche in ambito giudiziario.

Non occorre spendere molti argomenti per sostenere le ragioni di chi ha già
ricordato in questi giorni che, nel modello accusatorio del nostro processo,
i principi di oralità e di immediatezza governano la formazione della prova
e determinano la sua qualità, e che la remotizzazione dell’istruttoria
dibattimentale altera i meccanismi processuali che devono garantire pienezza
del contraddittorio e della sua portata garantista: non si tratta di
accessori ma dei principi che strutturano le regole per l’acquisizione della
conoscenza processuale e per l’effettivo esercizio del contraddittorio3.

Ma il cambiamento del paradigma processale prodotto dalla smaterializzazione
del dibattimento ha effetti di sistema anche più generali: produce il venir
meno del quadro simbolico dell’udienza, necessario perché la realtà prenda
un nuovo significato, d’ordine collettivo4.

Un quadro simbolico che si compone di quelle che Luigi Ferrajoli ha definito
le garanzie di garanzie, o garanzie di secondo grado5: la pubblicità e
l’oralità del giudizio, la legalità o ritualità delle procedure sulle quali
si fonda la relativa certezza che siano state soddisfatte le garanzie
primarie, più intrinsecamente epistemologiche, del processo accusatorio.

La ritualità del processo, come l’insieme delle regole e degli elementi che
ne fanno una rappresentazione collettiva, non ha funzione meramente
ordinatoria delle attività che vi si svolgono o del comportamento dei suoi
attori protagonisti: essa conforma l’esercizio della giurisdizione ai suoi
valori e, attraverso la rappresentazione processuale - pubblica e
partecipata - concorre al riconoscimento della sua legittimazione
democratica (Justice must not only be done; it must also be seen to be
done), e del valore di autorità al giudizio che dispone dei diritti e delle
libertà

L’udienza virtuale non solo interrompe l’interazione fra gli attori del
processo, prodotta dalla loro compresenza fisica in una contestualità di
tempo e di luogo, ma tende a relegare in secondo piano, se non a far uscire
del tutto di scena, l’altro protagonista essenziale: il pubblico.

Pur salvaguardando il principio della pubblicità che connota ontologicamente
il dibattimento, destrutturata la ritualità dell’udienza e delle sue
componenti essenziali (unità di luogo, di tempo e di persone), avremo al più
frammenti di una rappresentazione processuale pubblica e la perdita del
valore simbolico di evento collettivo che il processo acquisisce attraverso
la presenza del pubblico in aula.

Non è solo un problema di trasparenza.

Nel venir meno di questa dimensione rituale e fisica del processo,
smaterializzata persino nei suoi momenti di intangibile segretezza, come la
celebrazione della camera di consiglio, si intravede un cambiamento che
toglie al processo la sacralità e lo rende riconoscibile come luogo dove si
celebra un mistero.

Il mistero che, come ha scritto Salvatore Satta, è forse il più grande alla
base della nostra vita sociale: quello per cui una persona, un uomo, può
giudicare di un altro uomo6.

Se perdiamo i luoghi reali del processo, perdiamo i luoghi dove la Giustizia
è riconoscibile per tutti e dove chi la amministra rappresenta
l’istituzione. Perdiamo il ruolo sociale del giudice e muta il suo compito:
non rispondere alle aspettative di Giustizia facendosi carico della
complessità delle vicende umane che fanno ingresso nelle aule di tribunale,
ma chiudere un fascicolo, e farlo nel più breve tempo possibile.

 

4. Smaterializzare le carte, non le persone.

La rivoluzione digitale è un “fatto sociale totale”. Incide su tutti i
settori dell’esistenza collettiva e l’impatto che può avere sulla giustizia
non si ferma al solo aspetto giuridico e istituzionale, offrendo un nuovo
quadro simbolico rispetto a quello del rituale proprio dei luoghi dove la
Giustizia si amministra: è un fatto che nel complesso ne riorganizza i
valori7.

La sfida, per la Giustizia, come per tutte le istituzioni della democrazia,
sarà allora impadronirsi degli strumenti tecnici, governarli anziché esserne
governati; resistere all’effetto conformativo che una rivoluzione digitale
globale può produrre sulla giurisdizione, privandola della sua dimensione
istituzionale e antropologica, dei suoi luoghi, del suo rituale e dei suoi
tempi e riducendola, in ultima analisi, ad un servizio che deve assicurare
risultati.

L’emergenza sanitaria ha soltanto accelerato per noi i tempi di una
riflessione e di scelte che non si possono rinviare.

E il dibattito acceso che si è aperto nella magistratura e nell’avvocatura
sull’udienza da remoto deve diventare l’occasione per rimettere al centro
del confronto le misure necessarie per restituire centralità ed efficienza
al modello di “giusto” processo.

Partendo dalle scelte di organizzazione, innovazione e informatizzazione che
diano impulso alla realizzazione degli strumenti del cd. processo penale
telematico diretti a smaterializzare le carte e non le persone, come è stato
efficacemente detto.

Un percorso che, da questa crisi, deve ripartire in fretta e con obiettivi
chiari: ogni intervento – normativo, di organizzazione e tecnico – in
materia penale deve avere quale inevitabile riferimento primario il modello
del giusto processo richiesto dal sistema costituzionale nel suo complesso e
con specifico riferimento all’art. 111 e 112 della Cost. in termini di
ragionevole durata, trasparenza, possibilità di accesso alla giustizia,
obbligatorietà dell’azione e parità fra accusa e difesa dinanzi al giudice
terzo e imparziale.

L’informatizzazione deve inserirsi in questo percorso, nella consapevolezza
che è la tecnica a dover seguire il modello costituzionale e normativo del
processo in vigore – con i doverosi adattamenti – e non viceversa (CSM
delibera del 14 ottobre 2015, Verifica dello stato di informatizzazione del
processo penale).

 

  Note

1 Salvatore Satta nel suo Il mistero del processo ricordava come sia
«altamente significativo che le grandi rivoluzioni che si sono condotte in
nome della libertà, nel nome della libertà abbiano subito sentito il bisogno
di provvedere alla riforma del processo. La legge del 3 brumaio anno II vi
provvide, come è noto, eliminando dal processo gli avvocati, il che è come
dire mettendo nel nulla il principio del contraddittorio». V. Il mistero del
processo, Milano, Adelphi edizioni, 1994, p. 77.

2 Emmanuel Jeuland sottolinea l’insufficienza di un approccio amministrativo
e la necessità di una valutazione complessivamente più critica rispetto alla
giustizia digitale, che passa per un “interumanesimo” (interhumanisme) e un
approccio relazionista al diritto, che consideri non solo gli interessi
individuali delle parti ma anche la loro relazione concepita nella sua
complessità razionale ed emotiva. Da qui la necessità di un principio di
presenza che dia diritto a ogni parte di ottenere udienza. V. E.Jeuland,
Justice numérique, justice inique?, in Les Cahiers de la Justice, n. 2 /2029
, pp. 194-195.

Va ricordato che il Consiglio Costituzionale francese, con una decisione del
21.3.2019, ha riconosciuto implicitamente questo principio censurando la
proposta di legge di programmazione 2018- 2022 nella parte in cui imponeva
la videoconferenza in vista della proroga della garde à vue, senza l’accordo
dell’interessato.

3 Per Antoine Garapon e Jean Lassègue «Il processo è il risultato di una
connessione fra spazio e tempo, fra un atto passato e un avvenimento del
presente, fra percezioni soggettive e una realtà oggettiva. […] Dalla
capacità di inserire l’argomento giusto, nel momento e nel luogo giusti,
quando l’effimero gruppo sociale riunito dal processo è pronto ad
ascoltarlo, dipende, ad esempio, il successo di una difesa. I meriti di ciò
sono da attribuirsi sia a una efficacia processuale che a una saggezza
pratica che ha saputo approfittare della finestra di opportunità, del
kairos. Il buon processo è quello che sa creare una sinergia fra questi tre
tipi di efficacia processuale, simbolica e sociale». V.
A.Garapon-J.Lassègue, Justice digitale. Révolution graphique et rupture
anthropologique, Paris, Press Universitaires de France, 2018, pp. 168-169
(traduzione nostra).

4 A.Garapon-J.Lassègue, cit., p. 191.

5 Luigi Ferrajoli, Diritto e ragione. Teoria del garantismo penale,
Roma-Bari, Laterza, 1990, p. 632.

6 S. Satta, cit., p. 65.

7 Su questi aspetti in generale v. sempre A.Garapon-J.Lassègue, cit.

 

*articolo pubblicato il 22 aprile 2020

nella Rivista “Diritto di Difesa”

 <http://www.dirittodidifesa.eu> www.dirittodidifesa.eu

 

--

Magistratura democratica

 <http://www.magistraturademocratica.it/> www.magistraturademocratica.it

 <mailto:md a magistraturademocratica.it> md a magistraturademocratica.it

+39.349.78.05.555

-------------- parte successiva --------------
Un allegato HTML è stato rimosso...
URL: <http://mail.areaperta.it/mailman/private/area_areaperta.it/attachments/20200426/e08d3c7b/attachment.html>
-------------- parte successiva --------------
Un allegato non testuale è stato rimosso....
Nome:        image003.jpg
Tipo:        image/jpeg
Dimensione:  5926 bytes
Descrizione: non disponibile
URL:         <http://mail.areaperta.it/mailman/private/area_areaperta.it/attachments/20200426/e08d3c7b/attachment.jpg>
-------------- parte successiva --------------
Un allegato non testuale è stato rimosso....
Nome:        Guglielmi_Quel_rito_al_quale_non_possiamo_facilmente_rinunciare.pdf
Tipo:        application/pdf
Dimensione:  155850 bytes
Descrizione: non disponibile
URL:         <http://mail.areaperta.it/mailman/private/area_areaperta.it/attachments/20200426/e08d3c7b/attachment.pdf>


Maggiori informazioni sulla lista Area