[Area] [Nuovarea] AreaDG sulle sfide della nuova crisi globale - V (Modelli di organizzazione nell'era della rete - Il processo penale telematico)

Stefania Castaldi stefania.castaldi a giustizia.it
Lun 27 Apr 2020 11:24:35 CEST


Grazie al coordinamento è di questo che si sta discutendo negli uffici per poter operare. Ma non si può più andare in ordine sparso e senza una progettualità organizzativa che abbia dei precisi riferimenti anche normativi.
Buon lavoro a tutti
Stefania Castaldi

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Subject: [Nuovarea] AreaDG sulle sfide della nuova crisi globale - V (Modelli di organizzazione nell'era della rete - Il processo penale telematico)

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AreaDG sulle sfide della nuova crisi globale

L’emergenza epidemiologica, la crisi globale e le nuove sfide – 5

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Modelli di organizzazione, formazione, informatizzazione e sicurezza della rete alla prova dell’emergenza sanitaria.
Poche settimane di lockdown sono bastate a mettere in chiaro che il settore giustizia era ed è impreparato per il lavoro agile indicato dal D.l. 18/2020 come modalità ordinaria di svolgimento del servizio  da parte del personale giudiziario nel periodo dell’emergenza sanitaria. Altrettanto evidenti sono stati i limiti degli attuali modelli di organizzazione del lavoro  e  della formazione del personale giudiziario,  l’insufficienza dei processi di  informatizzazione, specialmente nel settore penale.
Al di là di alcuni settori nei quali l’attività giudiziaria è sia pur parzialmente  proseguita, occorre riconoscere che questo periodo ha segnato una sostanziale stasi del lavoro giudiziario, non solo d’udienza, ma degli stessi adempimenti legati ai depositi e alle comunicazioni e notificazioni dei rinvii d’ufficio, con la conseguente formazione di una grossa mole di arretrato che rischia di iscrivere  una pesante ipoteca sulla ormai prossima fase 2 e sul futuro del nostro lavoro.
I processi di informatizzazione avviati finora, salvo una parte del lavoro nel settore civile e l’udienza da remoto recentemente  introdotta per alcuni casi con il D.l. 18/2020, presuppongono un accesso da ufficio, mentre consentono di fare poco da remoto.
Tra gli emendamenti alla legge di conversione del D.l. 18/2020  in discussione v’è la previsione dell’udienza “ in remoto ”, ossia la possibilità di svolgere in  tutto o in parte nella fase 2 udienze mediante l’utilizzo dell’applicativo teams. Qualcosa, certo, ma troppo poco.
Di fatto, i  magistrati hanno potuto svolgere in forma agile solo ciò che già prima dell’emergenza potevano  fare da casa, ossia smaltire l’arretrato, mentre per accedere ai registri informatici e per la stessa riorganizzazione del lavoro per la fase 2 e la successiva fase della ripartenza hanno dovuto operare dall’interno degli uffici giudiziari.
L’abbattimento dell’arretrato costituisce in  sè  un fatto positivo, perché esso dovrebbe consentire di lavorare nel prossimo futuro più rapidamente; ma nella situazione data la mole dei depositi rischia di complicare la non facile ripresa, perché se nel tempo ordinario la capacità di lavoro del magistrato deve fare i conti con l’insufficienza delle risorse nei servizi, delle aule e del personale che deve fare l’assistenza e sbrigare gli adempimenti di cancelleria, nella ripartenza si dovranno fronteggiare oltre ai consueti problemi, quelli legati allo smaltimento dei moltissimi adempimenti, (dai depositi, agli avvisi , alle notifiche dei rinvii etc )  non espletati dal personale nel periodo dell’emergenza.
Lo smart working, infatti, se ha funzionato poco per i magistrati, ha funzionato ancor meno per il personale amministrativo, che non ha potuto accedere ai registri informatici connessi alla rete giustizia, non ha potuto accedere all’SNT, per la maggior parte non dispone della  Pec e mancano le credenziali digitali.
Le cause di questa insufficienza sono ascrivibili certo allo scarso sviluppo dei processi informatici, ma ancor prima sono da ricercare nella formazione del personale, nella sua scarsa flessibilità e mobilità.
In occasione del recente tavolo tecnico Ministero – CSM del 7.4.2020, il Capo DOG ha spiegato gli sforzi che sono stati messi in campo nell’emergenza per  l’utilizzo da casa di  tutti gli applicativi per il protocollo e le spese di giustizia ( Scripta, Calliope., Sicoge e Siamm) e come siano state attivate  le piattaforme  e-learning al fine di favorire l’apprendimento sui registri e l’utilizzo dell’applicativo Teams per smart working e udienze.
Tuttavia, pur nella consapevolezza della situazione straordinaria nella quale il Ministero si è trovato ad operare, l’impegno profuso non ha inciso significativamente sulla capacità del personale di svolgere il lavoro agile anche laddove sarebbe stato possibile, perché da un lato l’apprendimento di un servizio giudiziario richiede una formazione anche pratica ed un tutoraggio che in questo periodo non era disponibile, dall’altra il lavoro agile avrebbe richiesto una capacità di rotazione del personale sui servizi che, invece, i modelli di organizzazione del lavoro  finora praticati non hanno favorito; si tratta, infatti, di modelli di organizzazione piuttosto rigidi e poco flessibili, che tendenzialmente impongono al personale di svolgere per lunghi periodi e in modo standardizzato esclusivamente un certo tipo di servizio, senza alcuna rotazione.
Tale situazione trova la sua causa in scelte passate, che hanno visto il Ministero della Giustizia subire per vent’anni tagli lineari di risorse e di  personale,  con una inversione di tendenza che si è registrata solo in tempi recenti  grazie all’impegno straordinario  del Dog e della sua attuale dirigenza.
La prolungata penuria di personale ha indotto la dirigenza a irrigidire i modelli di organizzazione nel tentativo di un recupero di produttività. Una scelta le cui ragioni sono dunque complesse, ma che nei fatti ha anche prodotto poca formazione sul campo, scarsa flessibilità e poca rotazione nei servizi, ha impoverito la formazione e la motivazione del nostro personale, costituendo perciò un fattore disfunzionale che tale è non solo nella crisi, ma lo sarà nella fase 2 quando il personale sarà gradualmente richiamato al lavoro da ufficio e si troverà non a rotare nei servizi, ma a fare per alcuni giorni della settimana ciò che prima faceva per l’intera settimana lavorativa.
Ma è un fattore disfunzionale che la crisi sanitaria ha messo in evidenza e che, se non emendato, rischia di continuare ad essere un elemento di crisi del sistema anche per il futuro.
L’altro fattore che non ha favorito l’accesso al lavoro agile è quello dell’informatizzazione, rispetto alla quale la crisi ha ancor più evidenziato come siamo di fronte ad una vera e propria incompiuta. Abbiamo, di necessità, affrontato questo tema in relazione ai vari settori esaminati, da ultimo con il documento pubblicato nei giorni scorsi lo abbiamo trattato in relazione al processo e al settore civile.
Nel richiamare, quindi, tutti gli interventi sul punto, ci limiteremo  ad affrontare alcune questioni di carattere generale, per appuntare l’attenzione sul tema della sicurezza della rete e del  penale.
Un tema di carattere generale è certamente quello della dematerializzazione perché riguarda tutti i settori e perché nessun discorso di informatizzazione, specie in ambito giudiziario, può seriamente farsi se non accompagnando ad esso un vasto programma di dematerializzazione degli atti.
Eppure questo processo è in tutti i settori  ancora ben lontano dall’essere sviluppato, esso è affidato a progetti estemporanei, come quello del TIAP, che funzionano su finanziamenti a singhiozzo e con una diffusione  disomogenea sul territorio nazionale.
Nel periodo dell’emergenza per consentire al personale amministrativo di svolgere il lavoro agile sarebbe stato necessario
-       Nel civile consentire l’accesso da remoto a tutti i registri i registri SICID e SIECIC
-       Nel penale l’acceso  alla PEC dell’ufficio e/o a SNT per effettuare per via telematica le notifiche e consentire l’accesso da remoto ai magistrati degli uffici GIP e della Procura al TIAP, così da consentire l’espletamento del lavoro dalle postazioni di casa ed evitare inutili accessi in ufficio.
In occasione del tavolo tecnico più sopra richiamato, il Capo Dog ha spiegato che la scelta di non consentire la lavorazione da remoto sui registri di cancelleria  in rete  è stata una scelta necessitata  dalle politiche della sicurezza del Governo che prevedono in questo periodo un rafforzamento delle reti di protezione e nel caso che ci interessa la RUG, in relazione alla quale consentire “l’uscita” comporterebbe l’esposizione a rischio.
Il problema,  quindi,  non è di carattere tecnico, in quanto è possibile garantire l’accesso ai registri in sicurezza approntando adeguate misure, ma con le difficoltà  anche operative che l’emergenza  sanitaria ha determinato.
Problema  dunque  risolvibile   attraverso l’organizzazione e l’ investimento di risorse.
La crisi sanitaria ha messo in luce problemi, ritardi e carenze, molti dei quali potrebbero essere superate con provvedimenti organizzativi e con atti normativi di razionalizzazione e messa a sistema che non richiederebbero particolari impegni di risorse o l’impegno di ricorse, come per i progetti di Giustizia digitale finanziati con fondi europei, già  disponibili e che si rischia di perdere ove non utilizzate.
Quello che manca, e che occorre che da subito il  Ministero della Giustizia metta in campo e sviluppi nei prossimi mesi almeno cinque azioni:
1)     Metta a sistema un programma di dematerializzazione degli atti con carattere di comprensità, coerenza e continuità
2)     Appronti quelle misure che garantiscano la messa in sicurezza della rete in modo da consentire l’accesso ai registri da remoto
3)     Avvii un processo di revisione dei modelli di organizzazione e della formazione del personale giudiziario
4)     Completi  la “filiera” del pct
5)     Progetti e realizzi il processo penale telematico
E’ quest’ultimo un terzo  fattore  che nella crisi sanitaria  ha sfavorito il lavoro agile e che costituisce un fattore di  disfunzionalità anche nel tempo ordinario: la assenza di un vero processo penale telematico .

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Il processo penale dopo l’emergenza: realizzare il processo penale telematico.

L’informatizzazione del settore penale sconta un ritardo che, rispetto al civile, si può misurare ormai in termini di lustri, non di anni: oggi il penale è come era il civile nel 2006 quando partiva la sperimentazione del decreto ingiuntivo. Anzi è più indietro: perché almeno a quell’epoca nel civile esisteva già un progetto complessivo.
Spaventa oggi l’assenza di un disegno generale e complessivo: dal 2006 ad oggi vi è stata una semplificazione dei registri (con l’adozione di un unico sistema informativo per il settore della cognizione e di un unico sistema informativo per il settore dell’esecuzione, quest’ultimo realizzato tra il 2001 e il 2004).
A ciò si è accompagnata l’introduzione di SNT per le notifiche agli avvocati degli atti processuali tramite pec: notifiche su cui la recente legislazione emergenziale ha inciso permettendo la notifica all’imputato tramite notifica al difensore di fiducia.
In molti uffici, ma non in tutti e non in modo generalizzato, è stato introdotto Tiap che peraltro si basa sulla scansione manuale degli atti: quindi di fatto trasferisce l’attività di fotocopiatura su un sistema informatico determinando risparmi solo su ampia scala (tipicamente nei grandi uffici e per l’attività connessa al 415 bis cpp. o per la trasmissione atti al Tribunale del Riesame) e richiede un forte investimento in termini di risorse umane.
Infine, in alcuni uffici si sta diffondendo l’uso del portale delle notizie di reato: ma senza un obbligo normativo per le forze di polizia e senza una regolamentazione precisa.
Di fatto sia SNT, che TIAP che il Portale delle Notizie di reato presuppongono la tecnologia della carta e di quella non riescono a fare a meno: intervengono solo per operare una parziale dematerializzazione e trasmissione di atti di cui, da qualche parte, esiste un originale cartaceo che comunque deve essere conservato nel fascicolo cartaceo che resta l’alfa e l’omega dell’intero processo.
Si pensi ad esempio come vengono gestite le notifiche telematiche:
a) l'atto originale da notificare viene emesso in cartaceo con firma autografa (il computer, qui, serve solo come strumento evoluto di videoscrittura) e viene inserito e conservato nel fascicolo;
b) quello che viene inviato è una copia informatica (per immagine/scansione) che viene dichiarata conforme dal cancelliere che ha proceduto alla scansione;
c) l'avvocato riceve una copia informatica dell'originale cartaceo: la pec assicura che proviene dal tribunale, la conformità del cancelliere assicura che quella immagine è identica all'originale che viene conservato nel fascicolo;
d) la prova dell’avvenuta notifica deve essere stampata e inserita nel fascicolo (pinzandola all’originale altrimenti i due documenti non si incontrano più)
Il cancelliere vicino di scrivania, che si occupa del civile, per notificare un atto del giudice prima lo accetta sul sistema (perché l’atto è digitale, firmato con firma digitale e depositato in via telematica dal giudice) e poi dispone da sistema l’invio al destinatario ricevendo pochi secondi dopo la ricevuta di avvenuta consegna che viene automaticamente conservata nel fascicolo digitale (e che il giudice può controllare ogni momento). Insomma: un abisso tra i due mondi per cui diventa sinceramente difficile parlare di “processo penale telematico”.
Ma anche l’organizzazione giudiziaria, come la fisica, non tollera il vuoto: per cui pur con strumenti limitati negli uffici giudiziari prolificano le iniziative.
Così mentre nel civile le migliori energie vengono spese a cercare di sfruttare tutte le funzionalità del pct (e a chiedere il completamento delle tante funzioni che ancora mancano e l’estensione ai settori che ne sono privi) nel penale è una rincorsa a sfruttare il poco che c’è anche in modo non ortodosso ma necessario al funzionamento dell’ufficio.
A parte il proliferare di iniziative autonome su base locale si pensi, per tutti, all’uso indiscriminato della Pec: già prima dell’emergenza, ma ancor di più in questo periodo, viene accettato, anzi sollecitato, il deposito da parte degli avvocati di  impugnazioni, istanze, liste testi. Di fatto la pec è diventato uno strumento di comunicazione che introduce atti nel processo penale senza alcuna copertura normativa come avviene nel civile dove, oltre le norme del Cad,, trovano applicazione le specifiche   del DM 44/2011 e le specifiche tecniche emanate da Dgsia in forza di tale DM.
E l’uso della pec riproduce il problema già evidenziato: la mail va stampata e alla fine il contenuto va trasformato in analogico-cartaceo per essere conservato nel fascicolo cartaceo.
Il sistema penale richiede un progetto vero e in tempi rapidi. Occorre digitalizzare l’intera filiera del sistema partendo dall’inizio ossia dalla notizia di reato.
E’ necessario quindi:
a)     Introdurre il documento digitale come regola e non eccezione (maltollerata) del sistema;
b)     Rendere quindi normativamente obbligatoria la trasmissione delle notizie di reato in modalità esclusivamente telematica (sempre con firma digitale) da parte della polizia giudiziaria;
c)     Predisporre un sistema di ricezione delle notizie di reato (tramite servizi/portale o tramite pec) integrato con il sistema dei registri e appoggiato su una piattaforma documentale che provvede all’archiviazione di atti del processo;
d)     Fornire ai Pubblici Ministeri e ai Giudici un sistema di consultazione degli atti digitali e di elaborazione dei provvedimenti introducendo la firma digitale e il deposito dell’atto in formato digitale sempre previa annotazione dell’avvenuto deposito sul registro informatico
e)     Innestare su tale sistema un sistema di comunicazione telematica da e verso il mondo esterno agli uffici giudiziari: avvocati, polizia giudiziaria, pubbliche amministrazioni etc
f)      Prevedere la comunicazione telematica come unica forma di deposito degli atti processuali sia da parte di tutti gli attori del processo
g)     Integrare tutti i sistemi del penale in modo che informazioni e documenti che le contengono siano disponibili, secondo le regole processuali, in ogni fase del processo, compresa la fase del giudizio di legittimità e la fase esecutiva.
Solo così,  potremo  trasformare la crisi  in una opportunità per il futuro.
 (5 - continua …)

N.B.: tutto il materiale si trova sul sito www.areadg.it<http://www.areadg.it> (http://www.areadg.it/speciali/emergenza-e-nuove-prospettive/)
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