[Area] AreaDG sulla riduzione del numero dei parlamentari

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Mar 1 Set 2020 17:44:13 CEST


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*AreaDG sulla riduzione del numero dei parlamentari*

A breve i cittadini italiani saranno chiamati  a pronunciarsi  con
referendum confermativo sulla legge di revisione costituzionale dal titolo
:” Modifiche agli artt. 56,57 e 59 della Costituzione in materia di
riduzione del numero dei parlamentari “. La legge n. 249/2019 prevede un
drastico taglio, pari a 36,5%, dei componenti  di Camera e Senato, che
passano  rispettivamente da 630 a 400,  da 315 a 200, fissa a cinque il
numero dei senatori a vita, riduce da 6 a 4 il numero dei senatori
eleggibili nella circoscrizione Estero, abbassa a 3 il numero di  minimo di
senatori assegnato ad ogni regione, con l’eccezione del Molise e Valle
d’Aosta per le quali il numero minimo di senatori è fissato rispettivamente
a 2 ed 1,  mentre le province autonome di Trento e Bolzano sono equiparate
alle regioni e per esse il numero minimo è fissato a 3 per ciascuna
provincia.  Si tratta di un referendum confermativo per il quale non è
previsto un quorum: a prescindere dalla partecipazione al voto, se
dovessero prevalere i “SI” , con le prossime elezioni, le rappresentanze
parlamentari saranno ridotte di oltre un terzo e ciò  in assenza della
riforma della legge elettorale.

Secondo i sostenitori della legge, questa dovrebbe portare tre risultati :
allineare il numero dei nostri rappresentati in Parlamento alle medie degli
altri Parlamenti,  in particolare di quelli europei, sull’assunto che
quello italiano sia eccessivo; ridurre i costi della politica e assicurare
maggiore efficienza al nostro Parlamento.

Ma molti autorevoli costituzionalisti hanno  assunto posizioni fortemente
critiche, osservando che si  tratta di una riforma che non realizza gli
obiettivi prefissati e che rischia, invece, di produrre effetti distorsivi
sulla qualità della nostra democrazia. La riforma, comportando un taglio
lineare di oltre un terzo dei parlamentari,  non assicura un recupero di
efficienza del Parlamento,  specie in assenza di riforma dei Regolamenti
parlamentari e delle procedure di approvazione delle leggi;  determinerà,
invece, un sensibile rallentamento, se non la paralisi, del lavoro
parlamentare e delle Commissioni, aggravandone  l’inefficienza.

Quanto ai costi, affrontando il tema senza inseguire le spinte populiste
dell’antipolitica, si deve riconoscere che la democrazia ha esborsi che
occorre sostenere per assicurare il funzionamento delle istituzioni
repubblicane, dalle quali dipende la garanzia delle libertà fondamentali,
il cui valore non è comparabile con il declamato risparmio. Sul quale,
peraltro, nessuno è stato in grado, finora, di fornire dati affidabili: i
sostenitori della legge parlano di un risparmio di 500 milioni a
legislatura, i detrattori la stimano in cinquantamilioni o poco più.
Nessuno è in grado di fornire dati certi e verificabili. Quale che  sia
l’entità del risparmio, esso non inciderà realmente sui costi del
Parlamento, e quindi sulle uscite dello Stato. Il taglio ridurrà solo le
indennità di mandato ma non le spese, certo più cospicue, di funzionamento
delle camere; soprattutto non inciderà sui costi realmente inutili della
politica, sugli enti superflui, sulle spese fuori controllo, sugli sprechi
e sui privilegi, sulle pratiche degenerative ed illegali.

Quanto all’allineamento del numero dei nostri parlamentari alle medie di
quelli europei, le comparazioni hanno dimostrato che l’argomento è
suggestivo e demagogico; certo è che, invece, se la riforma  andrà a
regime  l’Italia sarà tra i  paesi europei con il minor numero di
rappresentanti eletti in Parlamento.

Occorre allora, molto seriamente, domandarsi se un risparmio di spesa
incerto, e scarsamente incidente sui  costi della politica, costituisca un
vantaggio tanto significativo da giustificare  gli effetti distorsivi che
la riforma rischia di determinare sulla  democrazia, sulla rappresentanza
politica e sul pluralismo. Effetti che rischiano di aggravarsi in assenza
della riforma della legge elettorale, aumentando la distanza tra la
politica e i cittadini elettori; perché in presenza  della legge elettorale
attuale, nelle quale la composizione delle liste è decisa  delle segreterie
dei partiti, la riduzione del numero degli eleggibili accresce il ruolo di
queste ultime, che finiranno con l’occupare ogni spazio di rappresentanza,
e determina una marcata marginalizzazione delle minoranze, se non la loro
espulsione dal Parlamento.

Né potranno trovare adeguata rappresentanza tutte le differenti realtà
territoriali del nostro Paese, perché la riforma penalizza i territori più
fragili che non potranno più portare in Parlamento le loro istanze e
bisogni, ma anche la ricchezza di idee e visioni che le periferie del
nostro Paese spesso sono capaci di esprimere. Ciò si inserirebbe in un
quadro istituzionale che già registra un progressivo e preoccupante
svilimento del ruolo del Parlamento rispetto al Governo, attuato attraverso
l’irrigidimento della disciplina di partito, fino alla sostanziale
imposizione del vincolo di mandato, il costante ricorso alla decretazione
d’urgenza, alla legge delega ed al voto di fiducia, il sistematico
accantonamento delle proposte di legge di iniziativa parlamentare per dare
corso più rapido a quelle governative.

Il risultato sarà un Parlamento meno rappresentativo, meno efficiente, meno
pluralista, perché privo dei contributi  di tanti territori e delle
minoranze, e omologato alla direttive del Governo. Un *vulnus* per la
democrazia rappresentativa voluta dalla Costituzione che rischia di
aggravare la crisi di credibilità nella quale da tempo versano le
istituzioni del nostro Parlamento, sempre più distanti  dai cittadini.
Il Coordinamento nazionale di AreaDG
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