[Area] AreaDG - PER UNA RISPOSTA GIUDIZIARIA DI QUALITA’

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Mar 13 Ott 2020 12:41:44 CEST


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*PER UNA RISPOSTA GIUDIZIARIA DI QUALITA’*



Da tempo la nostra società vive una torsione che segna il predominio
dell’efficienza su ogni altro valore e la prevalenza di criteri
economicistici su ogni altro parametro

La Giustizia  non è estranea a questa tendenza, che è anzitutto, culturale.
La vediamo tutti i giorni manifestarsi nel senso comune che misura la
giustizia in relazione al solo parametro dei tempi; nel nostro lavoro, nel
quale badiamo in modo ossessivo alle statistiche; nella visione
aziendalista  degli uffici giudiziari organizzati prevalentemente in
funzione dello smaltimento dell'arretrato; nella dirigenza spesso piegata
al ruolo di capitanato di azienda.

Il nostro lessico rispecchia queste concezioni:  ci siamo abituati a
parlare di “smaltimento” dei fascicoli, come fossero un rifiuto, di
“abbattimento” dell’arretrato, come se dietro ogni numero di procedimento
non ci fossero persone e domande di giustizia.

Da ciò sono derivate conseguenze negative: una forte spinta alla
burocratizzazione dell’attività giudiziaria in cui l’unica cosa che conta è
chiudere in tempi rapidi i procedimenti; un’importanza spropositata delle
statistiche meramente quantitative;  una rilevanza eccessiva attribuita al
ruolo del dirigente, dal quale discende l’arrivismo dei singoli e la
centralità acquisita dalle nomine deliberate dal CSM .



La magistratura, anziché contrastare alla radice questi processi, ha messo
in campo reazioni meramente difensive che hanno finito per assecondare e
consolidare il  nuovo contesto.  I temi centrali sono diventati  i carichi
esigibili, la paura del disciplinare, le valutazioni di professionalità.
Reazioni comprensibili che, tuttavia, non colgono la radice del problema.

Oggi, che abbiamo constatato quali siano gli effetti perversi di questa
deriva, dobbiamo denunciarla apertamente, contrastare  la dittatura di
numeri e rilanciare una giustizia di qualità, non indifferente a tempi e
flussi, ma con la costante tensione di far coincidere diritto e giustizia.

La giustizia è un bene comune e, nel contempo, un valore, un’aspirazione
cui costantemente dobbiamo tendere nel quotidiano esercizio della
giurisdizione. Ricondurla a parametri di mera quantità  e di rapidità
significa privarla di senso  e tradirla.

L'articolo 111 Costituzione, ripreso dall’articolo 6 della Convenzione
Europea dei Diritti dell’Uomo, parla di tempi “ragionevoli” del processo
partendo dal presupposto  che garanzie e contraddittorio implicano
l'impiego di tempi congrui e che le determinazioni del giudice debbano
essere assunte dopo una attenta ponderazione e riflessione. Se l’unico
metro fosse la rapidità, in base alla quale  quanto più un giudizio è
rapido, migliore è la giustizia, non conterebbe il merito della decisione
ne la procedura attraverso la quale questa debba essere assunta  ma solo la
sua immediatezza. Ed il miglior ufficio di Procura sarebbe quello che
istantaneamente chiede l’archiviazione o il giudizio per ogni denuncia ed
il miglior Tribunale o Corte quelli che accolgono immediatamente l’istanza
di una o dell’altra parte dopo sommaria delibazione e senza alcun
contraddittorio.

La celerità dei tempi, quindi, non costituisce un valore assoluto; i tempi
ragionevoli e certi che vengono richiesti alla giustizia devono essere
compatibili con una risposta di qualità;  ovvero con una  decisione
adeguatamente ponderata e motivata, presa all'esito di una procedura che
abbia consentito  a tutte le parti di esplicare fino in fondo le proprie
difese.



All'opposto la rapidità “a prescindere”  si traduce in un produttivismo
cieco che non si fa carico della qualità della risposta giudiziaria. E
rischia di produrre effetti di ingiustizia senza un reale beneficio di
celerità, perché un processo male istruito imporrà maggiore impegno nei
gradi di giudizio successivi e facilmente determinerà annullamenti e
regressioni, con inevitabili ritardi nell'adozione della soluzione
definitiva alla quale aspirano le parti.

L’orizzonte culturale deve allora mutare: occorre affermare
l'imprescindibile necessità di coniugare tempi e qualità, perché la crisi
che ha investito il CSM, e più complessivamente la magistratura, ha radici
nella questione morale, ma questa si alimenta per effetto della perdita del
senso profondo della professione del magistrato, determinata anche dalla
volgarizzazione del ruolo improntato al mero produttivismo.

Si rende necessaria quindi una vera e propria rivoluzione culturale, che
ponga al centro del dibattito il tema delle risorse e dell'organizzazione
degli uffici, ancorando a questi aspetti un livello di produttività
compatibile con la qualità della giurisdizione.



Riteniamo che sia compito del nuovo CDC, investito di un ruolo di
ricostituzione della cultura comune della magistratura, avviare questo
processo, con la finalità dichiarata di abbattere  la logica economicistica
e aziendalistica, che si è dimostrata nei fatti perdente,  e di rilanciare
una giustizia attenta alla qualità delle decisioni,  ai diritti, al ruolo
del giudice e del pubblico ministero; che sia capace di porre nuovamente la
persona al centro della giurisdizione.

Il Coordinamento di AreaDG.
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