[Area] R: [Nuovarea] R: AreaDG su libro intervista Sallusti - Palamara

Piero Santese piero.santese a giustizia.it
Mer 10 Feb 2021 13:16:43 CET


Analisi lucidissima del disegno in atto, che tutti noi dovremmo veicolare ai colleghi distratti…
Grazie
Piero Santese

Da: Nuovarea <nuovarea-bounces a nuovarea.it> Per conto di Marco Del Gaudio
Inviato: mercoledì 10 febbraio 2021 11:33
A: 'Coordinamento AreaDG' <coordinamentoarea a gmail.com>; mailinglist-anm a associazionemagistrati.com; 'area' <area a areaperta.it>; nuovarea a nuovarea.it
Oggetto: [Nuovarea] R: AreaDG su libro intervista Sallusti - Palamara

      Ringrazio il Coordinamento Nazionale per il documento che è stato appena inoltrato.
Mi permetto di aggiungere una riflessione, forse contenuta in nuce tra le righe del documento, ma che mi piacerebbe fosse più esplicita.
A fare le “spese” dell’operazione politica che si legge, neppure tanto in filigrana, nella “discesa in campo” di Luca PALAMARA non è soltanto la magistratura. Mi pare sia chiaro dalla lettura del libro e dalle successive interviste, o dai commenti orientati, che i giudici siano soltanto l’obiettivo immediato.
E’ a tutti evidente che l’ “operazione PALAMARA” non si esaurisce affatto con la pubblicazione del libro, ma nasconde in realtà l’intenso lavorío sulla modifica dell’assetto costituzionale dei poteri ed è dunque è destinata a produrre effetto sulla dimensione della tutela dei diritti individuali.
Ognuno, in fondo, sa che la magistratura non è un valore finale e che rafforzare o depotenziare la giurisdizione, in sé per sé, non ha significato e non interessa a nessuno. Ma molti, anche confusamente, avvertono che giudici sono uno strumento, servono a garantire diritti, ad accertare torti ed a far rispettare regole e dovrebbero, dunque, aver chiaro che quando si accende il dibattito sulla “normalizzazione” della magistratura, sulle epurazioni, sulla magistratura come una “cupola” mafiosa, in realtà si affronta il nodo delle modalità in cui, in un paese democratico, s’intende tutelare i diritti dei singoli e mantenere il controllo delle regole.
Una magistratura debole significa diritti più deboli e campo libero per i più forti. Una magistratura timorosa significa una giustizia addomesticata. Con l’aggravante che le “maggioranze” o i gruppi di potere sono spesso variabili e che, dunque, “il più forte” spesso cambia rapidamente. Altrimenti detto, l’assetto della giurisdizione ed il suo rapporto con gli altri poteri influenzano in maniera determinante lo stato dei diritti individuali e, di conseguenza, il tasso di democrazia di un paese.
L’operazione PALAMARA è un’occasione straordinaria (per carità in parte offerta su di un piatto di argento dalla stessa magistratura con la deriva vergognosa mostrata dalle indagini di Perugia) per il definitivo affossamento dell’assetto costituzionale della giurisdizione, come l’abbiamo conosciuta a partire dagli anni ’70, quando hanno cominciato a “vivere” le regole costituzionali. La straordinaria fioritura dei diritti individuali ed il rafforzamento delle garanzie sono state rese possibili anche dall’indipendenza dei giudici, dal loro coraggio, dalla loro iniziativa.
Con l’operazione PALAMARA si prepara il terreno per una riforma della posizione costituzionale della magistratura che ne esalti, almeno per il pubblico ministero, la vocazione schiettamente politica, con una consequenziale dipendenza formale dall’esecutivo. Non è difficile comprendere che l’obiettivo principale, la “pietra dello scandalo” sia – soprattutto -  l’esercizio, che PALAMARA definisce “orientato”, dell’azione penale. Non è difficile capire che PALAMARA è la testa d’ariete ideale per modificare profondamente il rapporto tra giurisdizione ed esecutivo.
Ma se siamo ancora convinti che la supremazia dei diritti fondamentali del singolo rappresenti la “dimensione sostanziale della democrazia”, la necessaria “giustiziabilità” di quei diritti, ossia la loro attuazione in modo indipendente, determina di per sé la legittimazione autonoma della giurisdizione. Insomma, è la stessa preesistenza costituzionale di taluni diritti individuali inalienabili a legittimare l’esistenza di una magistratura indipendente. E questa indipendenza va difesa esattamente per quello che è, un valore strumentale. Il pericolo che si corre in questo momento è invece la riduzione della giurisdizione indipendente a “strumento di potere”.
La vicenda PALAMARA si presta magnificamente a questo obiettivo e mi spiace molto che una parte della magistratura, comprensibilmente accecata dalle vicende narrate nel libro ed emerse dall’indagine di Perugia, reclami la rottamazione, non solo del “correntismo”, ma  - nei fatti - della magistratura come strumento indipendente di attuazione dei diritti. Come è possibile pensare che l’imperdibile occasione offerta per la definitiva scomparsa del “contropotere” per eccellenza si arresti graziosamente all’indebolimento del correntismo? Come è possibile che – vista la ricca tavola imbandita da Luca PALAMARA – i convitati si fermino all’antipasto?
Dietro l’angolo c’è quello che è stato brillantemente definito il “sogno della precostituzione dell’esito del processo”. Dietro l’angolo ci sono “i leoni sotto al trono”. L’indebolimento dell’autogoverno e la “sponda interna” alla certificazione della ricostruzione del “Sistema”, così come descritto da PALAMARA, rischiano di affossare definitivamente la posizione costituzionale della giurisdizione. Ma l’operazione travolgerà anche l’esercizio dei diritti, restituendo al Paese una magistratura addomesticata, finalmente solo “ordine professionale”, finalmente innocua e silenziosa.

La sottrazione al pubblico ministero del potere di direzione della polizia giudiziaria nel corso delle indagini, la riproposizione di meccanismi concorsuali di carriera governati fuori dall’autogoverno, o affidati al caso, lo stesso svuotamento del C.S.M., rappresentano soluzioni più volte in passato immaginate - ed oggi concretamente attuabili - per disarmare la giurisdizione, sottraendole il chiavistello che ha condotto al riconoscimento di diritti rimasti a lungo inattuati, eppure riconosciuti dalla Costituzione, ed a svelare fenomeni criminosi evidenti, ma mai accertati in precedenza.
Si tratta di un tentativo non nuovo e da sempre – e ovunque (le vicende della magistratura in Polonia o in Ungheria dovrebbero aiutarci a comprendere) - accompagnato da una riduzione cospicua dei diritti individuali.
Una magistratura imbavagliata, incapace di disattendere i desideri del Governo, sarà  ancora una magistratura capace di tutelare i diritti?
E’ necessario uno sforzo perché sia chiaro a tutti qual è la posta in gioco e far comprendere soprattutto fuori dalla magistratura  – pur se l’autorevolezza è ormai minata – il confine netto tra la, sacrosanta, opera di rinnovamento e la distruzione dell’indipendenza della magistratura.





Da: Nuovarea [mailto:nuovarea-bounces a nuovarea.it] Per conto di Coordinamento AreaDG
Inviato: mercoledì 10 febbraio 2021 09:43
A: <mailinglist-anm a associazionemagistrati.com<mailto:mailinglist-anm a associazionemagistrati.com>>; area; <nuovarea a nuovarea.it<mailto:nuovarea a nuovarea.it>>
Oggetto: [Nuovarea] AreaDG su libro intervista Sallusti - Palamara

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AreaDG su libro intervista Sallusti - Palamara

Da giorni è in atto una campagna di screditamento della magistratura, delle istituzioni giudiziarie e delle più alte cariche istituzionali del Paese, condotta attraverso il libro-intervista di Alessandro Sallusti e Luca Palamara, la cui pubblicazione e i cui contenuti sono stati rilanciati e amplificati attraverso passaggi televisivi e organi di stampa.
Con questa operazione si cerca di accreditare una fantasiosa ricostruzione secondo cui da oltre vent’anni la magistratura progressista, attraverso il controllo delle cariche apicali della magistratura e delle più importanti Procure, e in combutta con l’occulta e sapiente regia della Presidenza della Repubblica e, in particolare, del Presidente Giorgio Napolitano, avrebbe pilotato, condizionato e strumentalizzato a fini politici le iniziative giudiziarie da un lato indirizzandole contro alcuni leader politici, dall’Onorevole Berlusconi, all’Onorevole Renzi e fino, da ultimo, all’Onorevole Salvini, in quanto avversari e invisi al Partito democratico e dall’altro avrebbe agevolato il Governo Prodi, mettendolo al riparo da azioni giudiziarie che ne avrebbero pregiudicato l’immagine.
Un sistema, secondo gli autori, che attraverso il controllo delle nomine avrebbe consentito l’eterodirezione dell’azione giudiziaria e la sua strumentalizzazione a fini politici. L’operazione è condotta attraverso una narrazione capziosa e strumentalmente orientata, intrisa di clamorose falsità – alcune delle quali già documentalmente accertate - mezze verità e reticenze, millanterie, allusioni e accostamenti maliziosi, secondo una tecnica di diffamazione a mezzo stampa ben nota e sanzionata nelle aule giudiziarie, con cui Luca Palamara confessando, con sconcertante disinvoltura, la commissione di gravissime condotte, contrarie a un corretto esercizio delle proprie funzioni, cerca di costruire il teorema che non regge al confronto con la logica e la storia.
Perché nel pretendere di ricostruire secondo una lente deformata la storia giudiziaria italiana degli ultimi vent’anni, il libro intervista prende in considerazione numerose vicende giudiziarie che hanno interessato imputati eccellenti, omettendo di spiegare che quelle inchieste sono state istruite lungo un ampio arco temporale, dalle più diverse procure della Repubblica, nelle quali vi hanno lavorato molti magistrati e sono state decise da altrettante Corti composte da dirigenti e magistrati della più varia ed eterogenea estrazione ed orientamento. Tanto che appare estremamente fantasioso che possano tutti esser stati  condizionati nelle loro determinazioni da un unico manipolatore, fosse anche collocato ai più alti vertici istituzionali.

In questo contesto deformato, i magistrati tutti - dirigenti, inquirenti, giudici civili e penali - salvo qualche eccezione faziosamente selezionata, farebbero parte di un sistema che li accomuna nella loro permeabilità alle pressioni politiche esercitate dai partiti della sinistra, nell’essere proni ai loro interessi e disponibili a svendere la funzione, la loro autonomia e indipendenza, non si comprende neppure bene per quale tornaconto.
Il libro e il teorema che con esso si pretende di dimostrare, costituiscono, all’evidenza il punto di convergenza di un coacervo di interessi privati non certo commendevoli.
Quello personale di Luca Palamara rivolto da un lato, a lucrare un ricollocamento in politica come da lui stesso appalesato, dall’altra a screditare tanto la Procura generale, quanto il C.S.M. che ne hanno determinato in sede disciplinare l’espulsione dall’ordine giudiziario e la destituzione, nonché nei confronti degli organi inquirenti e giudicanti competenti nell’ambito delle inchieste che lo vedono tuttora al centro di accuse di corruzione e altri reati.
Ma vi è anche l’oggettivo interesse, convergente, di indagati e imputati, alcuni anche condannati in via definitiva, coinvolti in inchieste giudiziarie di grande risalto mediatico, a riscrivere, mistificandola, la storia giudiziaria del nostro Paese, per accreditare l’idea presso l’opinione pubblica di una azione inquirente etero diretta dalla politica e di una giurisdizione di parte.
A fare le spese dell’intera operazione non sono solo i singoli, i gruppi della magistratura associata e coloro che, specificamente coinvolti, hanno già depositato querele o si apprestano a proporle e a intraprendere azioni in sede civile per le accuse gravemente diffamatorie e calunniose contenute nel libro-intervista, ma l’intera magistratura.
Per perseguire gli interessi personali di chi ha ordito questa operazione, infatti, si delegittima e si disonora l’intero corpo giudiziario, spargendo un discredito che attinge tutti, accomunando la parte sana della magistratura a coloro che hanno strumentalizzato la loro funzione. In tal modo si restituisce una immagine complessiva della magistratura del tutto lontana dalla realtà che rischia di determinare una generalizzata perdita di fiducia agli occhi dell’intera comunità.

Certamente esiste ed è sotto gli occhi di tutti una grave caduta etica che ha colpito profondamente l'autogoverno della magistratura piegato, dalle correnti e dai potentati personali che hanno operato in esse, a strumento di clientela e di favoritismo consortile; ma il libro intervista, lasciando sullo sfondo l’inchiesta di Perugia e le vicende connesse e omettendo intenzionalmente la narrazione di fatti che coinvolgevano persone che si è ritenuto conveniente non esporre, non contribuisce minimamente ad individuare le cause, le relative responsabilità ed i necessari indifferibili rimedi.
Questa narrazione interessata non serve ai magistrati italiani; non serve a migliorare l’autogoverno, non serve al processo di rifondazione etica che, a partire dalla giunta uscente, è stata avviata dall’A.n.m. e viene ora portata avanti con convinzione.

L’Associazione nazionale magistrati, i suoi aderenti e i gruppi associativi si sono impegnati in un processo di rinnovamento etico che passa attraverso l’indagine disciplinare ormai avviata, ma impone anche una profonda riflessione sulle cause che quella caduta hanno determinato e sugli strumenti idonei a prevenirla.

Tale processo deve proseguire, lungo la strada che la stessa Associazione ha tracciato, per l’accertamento delle violazioni deontologiche, ma anche per contrastare il carrierismo e recuperare il senso e l’orgoglio di essere quel che la nostra Costituzione ci ha reso: semplici magistrati, che si distinguono tra loro solo per funzione, che svolgono in modo autonomo e indipendente il loro lavoro per la tutela dei diritti e delle garanzie dei cittadini, che non si rendono strumento di manipolazione esterna ne vittime di condizionamenti nell'esercizio delle loro funzioni.
Il Coordinamento nazionale di AreaDG.
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