[Area] I: Comunicato GES su Riforma Cartabia

Antonello Ardituro antonio.ardituro a giustizia.it
Mar 27 Lug 2021 11:06:02 CEST


 

 

Da: giuntadistrettualenapoli a googlegroups.com <giuntadistrettualenapoli a googlegroups.com> Per conto di Livia De Gennaro
Inviato: martedì 27 luglio 2021 09:50
A: giuntadistrettualenapoli a googlegroups.com
Oggetto: Comunicato GES su Riforma Cartabia

 

 



 

COMUNICATO

La Giunta Distrettuale ANM  presso la Corte di Appello di Napoli, pur apprezzando  l’obiettivo della riforma sulla giustizia presentata dal ministro Cartabia di garantire la funzionale e celere definizione dei procedimenti penali,  condivide le perplessità espresse dalla Anm centrale e da altre Giunte sezionali dell’ A.N.M ed esprime forte preoccupazione in considerazione  dell’impatto della  riforma  sulla  specifica situazione del distretto di Napoli . 

In primo luogo va evidenziato come l’introduzione  della causa di improcedibilità correlata al decorso dei termini di durata del processo ( due anni per il grado di appello,  un anno per il grado di legittimità, con esclusione dalla disciplina dei reati puniti con la pena dell’ergastolo, con previsione per i reati più gravi di una estensione del tempo necessario a dichiarare l’improcedibilità di un anno per l’appello e sei mesi per il giudizio di legittimità) darebbe luogo, nel nostro distretto, alla estinzione anticipata di un  numero di giudizi di impugnazione molto elevato con un effetto  gravemente pregiudizievole  per il sistema giustizia.   

Desta anche perplessità  la previsione indicata dal nuovo art 344 bis c.p.p. di un  medesimo termine perentorio di durata  in relazione a  processi  differenti per tipologia di reato e complessità di istruttoria e di giudizio,   non apparendo tale previsione   congrua alla loro celebrazione. 

Al fine di evidenziare l’impatto devastante che la riforma sulla improcedibilità avrebbe nel nostro distretto, valga considerare che , come emerge dalle analisi statistiche sui dati della Corte di Appello nel periodo 1/7/2018- 30/6/2019 ,  i tempi di definizione di un giudizio di appello penale (senza detenuti)  sono mediamente  pari a tre anni e, dai dati statistici che si allegano risulta che oltre il 45%  dei giudizi hanno una durata media ben superiore ai due anni con la conseguenza che , in attuazione della riforma nei termini previsti,  una  metà  dei processi,  pur avendo ad  oggetto reati che destano allarme sociale , sarebbe destinato ad estinguersi ;   valga poi considerare che , alla luce dei dati statistici , risulta che in   C.A , (che ha sei sezioni ordinarie, oltre cinque di assise, una per le misure di  prevenzione ed una per minorenni promiscua)   ogni anno sopravvengono  circa 12.000 appelli nuovi con definizione al massimo di circa 10.000 (oltre 200 sentenze per consigliere) e, dunque, ogni anno l’arretrato aumenta di circa 2/3000 fascicoli , risultando pendenti al  30.6.2021  oltre 57 mila processi   

Una previsione  di termini di durata  assegnati al giudizio di impugnazione non può, pertanto, essere disgiunta  dalla valutazione e dalla analisi delle specifiche  condizioni organizzative di ciascun ufficio dovendosi tenere necessariamente conto  delle carenze di personale amministrativo, della inadeguatezza delle piante organiche e della necessità di investimenti per la implementazione dell’organico della magistratura, del numero consistente di procedimenti in arretrato,  della carenza di risorse, dei limiti che la digitalizzazione del procedimento sconta in ambito penale quanto ad operatività tecnica. 

La difficile attuazione delle tempistiche stringenti previste condannerà alla estinzione numerosi processi anche per reati di grande disvalore con conseguente  allarme nella pubblica opinione.  

Considerate infatti le condizioni organizzative del distretto ,  appare evidente che con la disciplina della improcedibilità come strutturata,   un considerevole numero  di parti offese vedrebbe sfumare il loro diritto all’accertamento della verità con grave sacrificio del dovuto approfondimento delle questioni poste dalle parti e del rispetto dei diritti umani essenziali con i quali si incrocia il giudizio penale.  

Non appare , poi, remota, la possibilità di un incremento di impugnazioni pretestuose finalizzate al conseguimento della prescrizione processuale , con ulteriore penalizzazione dei tempi di definizione,  addivenendosi in tal modo al paradosso di ottenere un effetto contrario ai dichiarati obiettivi acceleratori della riforma . 

Con riguardo, poi, agli Uffici di Procura desta perplessità la previsione di una obbligatorietà della discovery degli atti di indagine correlata ai termini di fase: i meccanismi che consentirebbero all’indagato e alla persona offesa di venire a conoscenza degli atti di indagine alla scadenza del termine entro il quale il pubblico ministero deve decidere in ordine all’ azione penale non tengono conto della complessità di un gran numero di  indagini con la conseguenza di poterne danneggiare molte atteso che, per come la previsione è strutturata, l’indagato, potrebbe, potenzialmente , avere accesso agli atti di indagine in un momento in cui il giudice per le indagini preliminari sta valutando  una richiesta cautelare del pubblico ministero venendo  in tal modo vanificate le esigenze cautelari con grave pregiudizio nella serena valutazione dei fascicoli caratterizzati da maggiori complessità. 

Ulteriore profilo di criticità attiene alla previsione    della devoluzione al Parlamento del compito di indicare i criteri generali cui gli organi inquirenti per garantire “l’efficacia ed uniforme esercizio dell’azione penale” devono uniformarsi nella individuazione dei criteri di priorità trasparenti e predeterminati. 

I criteri di priorità non rappresentano un male in sé ma nella misura in cui il compito di individuare gli stessi venga attribuito al Parlamento piuttosto che alle procure.   

La Costituzione impone ai pubblici ministeri di perseguire tutti i reati indistintamente ed in uguale misura sicchè la previsione di criteri di priorità nella selezione delle notizie di reato, oltre che ingenerare il rischio di affidare l’individuazione dei diritti da tutelare a valutazioni politiche contingenti, presenta dubbi di legittimità costituzionale relativamente alla obbligatorietà dell’azione penale, quale presidio di democrazia a garanzia del controllo diffuso di legalità,  e per l’indipendenza della Magistratura. 

L’indipendenza di ciascun magistrato è figlia della sua credibilità  ed è minata qualora dalla riforma passi il messaggio che la durata dei processi costituisca una conseguenza della scarsa laboriosità  dei Magistrati dovendosi auspicare invece che una riforma della giustizia sia proiettata , quanto a mezzi e finalità da attuare, all’aumento di organico dei magistrati e del personale amministrativo, alla introduzione di nuovi strumenti deflattivi,  all’allargamento dei presupposti di accesso ai riti speciali , ad investimenti sulle risorse, sul processo penale telematico e sulla  formazione, alla adozione di riforme strutturali in grado di incidere nel lungo periodo sul funzionamento della giustizia.

 

La GES 

     

 

 

     

 

 

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