[Area] Liliana Ferraro In Memoria

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Ven 25 Feb 2022 09:29:10 CET


 

 

Trascrivo di seguito, copiato dal sito Corriere.it on line  dove  è
consultabile, questo bel ricordo  di Liliana Ferraro scritto da Giovanni
Bianconi. Non vedevo da molti anni Liliana ma  a suo tempo l’avevo
conosciuta e frequentata. Al ricordo di Bianconi aggiungo  quello, di cui
sono stato testimone,  dell’impegno  di Liliana al Ministero  della
giustizia quando la informatizzazione negli uffici giudiziari  muoveva i
primi passi.

Addio Liliana. Quello che hai fatto, nelle tue diverse funzioni e ruoli, per
la giustizia italiana non deve essere dimenticato.

Edmondo Bruti Liberati    

 

 

Corriere.it consultato 25 febbraio 2022 h 9.05

Morta Liliana Ferraro: era tra le più strette collaboratrici di Falcone

di Giovanni Bianconi

Conobbe il giudice antimafia nell’82 ad un convegno e fu lì che nacque
l’amicizia scaturita nella collaborazione tra i due. Una vita dedicata alla
lotta alla criminalità organizzata

 

Ci sono persone importanti e famose per quello che hanno fatto, e ce ne sono
di ugualmente importanti – sebbene meno famose – per quello che hanno fatto
fare agli altri. A questa seconda categoria apparteneva Liliana Ferraro,
magistrato salita alla ribalta delle cronache solo all’indomani della strage
di Capaci, trent’anni fa. Era la principale collaboratrice di Giovanni
Falcone, assassinato quand’era direttore generale dell’Ufficio affari penali
del ministero della Giustizia, e Ferraro la sua vice. Dopo il 23 maggio del
1992 l’allora ministro Claudio Martelli la nominò direttore al posto del
giudice ucciso dalla mafia. Ma di Falcone, Liliana Ferraro era diventata il
braccio destro molti anni prima che lui approdasse a Roma.

Si incontrarono nel 1983, quando lei lavorava già al ministero e c’era il
problema di supportare il pool antimafia messo in piedi dal consigliere
istruttore Rocco Chinnici, fatto saltare in aria con un’autobomba, che
arrancava tra mille rischi, difficoltà e scarsezza di mezzi. Ferraro
cominciò a occuparsi di computer e auto blindate, e di ogni esigenza emersa
dalle indagini sfociate nel maxiprocesso alle cosche. Nell’estate di sangue
del 1985, dopo l’omicidio del vice-capo della Squadra mobile palermitana
Ninni Cassarà, fu lei a organizzare il trasferimento di Falcone e Borsellino
(con rispettive famiglie) nel carcere in disuso sull’isola dell’Asinara,
deciso dalla sera alla mattina quando il prefetto le telefonò dicendole di
non essere in grado di garantire la sicurezza dei due magistrati impegnati
nella stesura dell’ordinanza di rinvio a giudizio di centinaia di mafiosi.

Finito il lavoro dei giudici istruttori, cominciò quello di Liliana Ferraro:
stampare in gran segreto quel monumentale provvedimento (migliaia di pagine
da riprodurre in centinaia di copie) presso il centro meccanografico del
ministero del Tesoro, utilizzato per i cedolini degli stipendi statali. A
Palermo era impossibile perché di punto in bianco non si trovava più la
carta in città; in ogni negozio e centro di distribuzione le scorte di risme
risultavano esaurite. Nel frattempo, sotto la sua regia, fu completata a
tempo di record la costruzione dell’aula-bunker nel carcere palermitano
dell’Ucciardone, la futuristica “astronave” blindata in grado di contenere
in sicurezza migliaia di persone tra imputati, avvocati, giornalisti
arrivati da tutto il mondo, pubblico.

Di fronte alle difficoltà di celebrare in città di un dibattimento di
dimensioni mai viste prima, si era ipotizzato di spostarne la sede a Roma o
altrove, con una deroga alle disposizioni dei codici. Ma Falcone si era
impuntato: lo Stato doveva processare la mafia laddove la mafia aveva
sfidato e attaccato lo Stato, cioè a Palermo. Principio sacrosanto, che si è
riusciti a tradurre in realtà grazie all’impegno quotidiano e pressante di
Liliana Ferraro, che anche per quell’impresa dovette superare mille
difficoltà. La collaborazione con Falcone divenne un’amicizia che l’ha vista
sempre vicino al giudice, un passo indietro o di lato, nelle vittorie e
nelle sconfitte, nei successi e nelle delusioni, fino all’ultimo anno
vissuto a Roma, dove Ferraro lo aiutò in tutto: dalle questioni
tecnico-giuridiche da risolvere all’acquisto di scope e detersivi per tenere
pulito l’appartamento arredato messogli a disposizione dalla polizia,
passando per la presentazione di nuove amicizie romane; piccoli spazi di
normalità e spensieratezza in una vita tesa e complicata. Dopo la bomba di
Capaci, Liliana Ferraro è uscita dall’ombra.

A parte la successione a Falcone al ministero, è diventata segretario della
Conferenza mondiale delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata,
componente del Consiglio di Stato, assessore alle Politiche per la sicurezza
del Comune di Roma chiamata dal sindaco Walter Veltroni. In seguito sono
arrivati altri incarichi pubblici, ma il suo nome è sempre rimasto
inevitabilmente legato al lavoro svolto al fianco di Giovanni Falcone. Nelle
celebrazioni per il trentesimo anniversario della strage che ha ucciso lui,
sua moglie e gli agenti di scorta (e cambiato la storia d’Italia), sarà bene
ricordare anche questa donna magistrato che, dietro le quinte, ha
contribuito a farlo diventare il giudice antimafia più famoso al mondo.

 



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