[Area] Cosimo Ferri

Nello Rossi nellorossi2 a hotmail.com
Mer 7 Set 2022 14:07:35 CEST



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> Terzo Polo: la corsa di Cosimo Maria Ferri, unica toga "attiva" candidata alle elezioni
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> Sotto processo disciplinare al Csm, sarà capolista in Toscana. È un magistrato potenzialmente ancora operativo: se non fosse eletto, non perderebbe il posto grazie alla legge Cartabia
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> di Liana Milella 
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> ROMA - Contraddirsi è bello. E lo slogan calza a pennello per Cosimo Maria Ferri e la sua pluricandidatura alle prossime elezioni per la lista Calenda-Renzi. Eh sì, perché lui è l’unico magistrato, potenzialmente ancora operativo, sopravvissuto alla falcidie delle toghe in politica. Quelle che corrono - Cafiero De Raho, Scarpinato, Matone, Nordio - sono tutte in pensione, e quindi fuori dai giochi. Lui invece, se non fosse eletto, non perderebbe il posto, grazie alla legge Cartabia. 
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> Ma se la faccenda fosse tutta qui non ci sarebbe notizia. E invece ce ne sono ben due da segnalare, frutto delle contraddizioni della politica. 
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> Partiamo da un dato, la carriera di Ferri. Figlio d’arte, il padre era Enrico Ferri, anche lui magistrato e politico, anche lui eletto al Csm, e anche lui segretario di Magistratura indipendente, esponente del Psdi passato alla storia per via del limite dei 110km all’ora. Il giovane Ferri, che oggi ha 51 anni, ha fatto il magistrato solo per 11 anni, perché ne ha passati 4 al Csm, e poi si è tuffato in politica come sottosegretario alla giustizia in ben tre governi (Letta, Renzi, Gentiloni). Nel 2018 eccolo eletto nel Pd come indipendente, proprio lui che vantava un solido rapporto con Nicolò Ghedini, cui dedica commosse parole nel giorno della sua scomparsa, “una persona determinata, gentile e schietta, un professionista serio e preparato, un politico raffinato e coerente, che con grande dignità ed estrema riservatezza ha lottato contro una terribile malattia, e purtroppo non ce l'ha fatta”. Nel mezzo della legislatura, quando Renzi rompe col Pd, lui segue il senatore di Rignano. E diventa il suo uomo di punta sulla giustizia. Seduto perfino al tavolo delle trattative, davanti a Cartabia, sulle riforme. 
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> Ed eccolo qua adesso. Candidato nella coalizione Calenda-Renzi in cui Enrico Costa, ma non solo lui, chiede proprio che tutti i magistrati fuori ruolo in circolazione rientrino subito nei ranghi vista la penuria di toghe che c’è in giro. Ma fosse solo questo avremmo a che fare con una tecnicality. Vogliamo parlare delle correnti della magistratura contro cui la politica spara a zero? Ferri è l’emblema delle correnti. Da sottosegretario alla Giustizia mandava sms per raccomandare quelli del suo gruppo. E l’apoteosi del suo spirito correntista si verifica nella liaison con Luca Palamara, tutti e due impegnati per far vincere il posto di procuratore di Roma a Marcello Viola ai danni degli altri concorrenti. La notte dell’hotel Champagne è impressa ormai nei libri di storia della magistratura, e non solo nei pamphlet di Palamara. 
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> Ma tant’è. Se c’è da confermare una toga in politica ecco che Ferri scende in lizza. Candidato alla Camera nel collegio uninominale di Massa-Viareggio. E pure capolista sempre alla Camera in quello plurinominale in Liguria. E come si vanta nelle interviste sta pure “in una candidatura di vero servizio” in Emilia Romagna nel collegio plurinominale Parma-Piacenza-Reggio Emilia.
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> E certo è una bella contraddizione che - giusto in piena campagna elettorale - il nome di Ferri figuri in un processo disciplinare che si terrà al Csm dopodomani. E l’imputato è proprio lui. Convocato per le 14 e trenta. Gli contestano “un comportamento gravemente scorretto in violazione dei doveri di imparzialità e correttezza”. Le cronache hanno raccontato il perché. Fu lui che, tra il 2013 e il 2014, mentre era pure sottosegretario, accompagnò il giudice della Cassazione Amedeo Franco da Berlusconi. Franco aveva fatto parte del collegio che condannò l’allora senatore per frode fiscale a quattro anni. Ma poi si pentì e disse che quello fu “un plotone di esecuzione” composto da “quattro ultimi arrivati che non capivano niente…”. Nei tre colloqui, violando il segreto della camera di consiglio, ne svelò a Berlusconi i contenuti. E Ferri ebbe un ruolo attivo, perché prima raccolse le confidenze di Franco e poi lo portò da Berlusconi. 
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> E il processo disciplinare parte in piena campagna elettorale. Ma non basta. Perché cinque giorni dopo, il 14 settembre, ecco un altro caso Ferri palesarsi alla Corte costituzionale. Perché è a quei giudici che si è rivolto stavolta lo stesso Csm con un conflitto di attribuzione, visto che Ferri l’ha avuta vinta in Parlamento sul divieto di utilizzare le intercettazioni che lo vedono a colloquio, nel maggio del 2019, con Palamara sempre per via della poltrona di procuratore di Roma. Ma Ferri stavolta si comporta da politico, e non da magistrato, e dice che per quelle intercettazioni la procura di Perugia avrebbe dovuto chiedere un’autorizzazione a procedere. Non l’ha chiesta, e quindi le trascrizioni della microspia Trojan non possono essere utilizzate. La Camera gli dà ragione. Con una maggioranza bella larga, 227 voti a favore e 86 contrari (solo il M5S e Alternativa c’è dicono no). Il Csm bussa alla Consulta. Nel frattempo il secondo processo disciplinare contro Ferri per i fatti dell’hotel Champagne si ferma. E siamo a oggi. 
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> Vale la pena di chiudere ricordando che i due partiti in cui Cosimo Maria Ferri è candidato - Azione e Italia viva - hanno nel loro programma sulla giustizia la lotta alle correnti della magistratura. E ovviamente pure la stretta sui fuori ruolo. Tant’è.
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