[Area] Il Governo ritiri subito i Decreti che impediscono lo sbarco dei naufraghi nei nostri porti
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Lun 7 Nov 2022 17:00:27 CET
IL GOVERNO RITIRI SUBITO I DECRETI CHE IMPEDISCONO LO SBARCO DEI
NAUFRAGHI NEI NOSTRI PORTI
Il Decreto del 4 novembre 2022 - dei Ministeri dell'interno, dei
trasporti e della mobilità sostenibile e della difesa - vieta alla nave
Humanity1, della ONG SOS Humanity, di "_sostare nelle acque territoriali
italiane …oltre il termine necessario per assicurare le operazioni di
soccorso ed assistenza nei confronti delle persone che versino in
condizioni emergenziali ed il precarie condizioni di salute_"; analogo
decreto è stato adottato la sera del 6 novembre per la nave Geo Barents,
della ONG Medici Senza Frontiere, secondo un metodo che potrebbe
ripetersi anche nell'immediato futuro (altre navi con naufraghi a bordo
sostano infatti al confine con le acque territoriali). I decreti sono
manifestamente illegittimi in quanto violano numerose norme del diritto
internazionale ed interno.
I Decreti devono essere ritirati.
Invocando un generico pericolo per la sicurezza dell'Italia, posto in
relazione allo sbarco di naufraghi, impropriamente richiamando
l'articolo 19, paragrafo 2, lettera g), della Convenzione Onu sul
diritto del mare, il Governo impedisce la conclusione delle operazioni
di salvataggio di naufraghi. L'obbligo di prestare soccorso dettato
dalla Convenzione internazionale SAR di Amburgo, non si esaurisce,
infatti, nell'atto di sottrarre i naufraghi al pericolo di perdersi in
mare, ma comporta l'obbligo accessorio e conseguente di sbarcarli in un
luogo sicuro (c.d. "place of safety") (Corte di Cassazione, terza
sezione penale, sentenza del 20 febbraio 2020, n. 6626).
Il punto 3.1.9 della citata Convenzione SAR dispone: «_Le Parti devono
assicurare il coordinamento e la cooperazione necessari affinché i
capitani delle navi che prestano assistenza imbarcando persone in
pericolo in mare siano dispensati dai loro obblighi e si discostino il
meno possibile dalla rotta prevista, senza che il fatto di dispensarli
da tali obblighi comprometta ulteriormente la salvaguardia della vita
umana in mare. La Parte responsabile della zona di ricerca salvataggio
in cui viene prestata assistenza si assume in primo luogo la
responsabilità di vigilare affinché siano assicurati il coordinamento e
la cooperazione suddetti, affinché i sopravvissuti cui è stato prestato
soccorso vengano sbarcati dalla nave che li ha raccolti e condotti in
luogo sicuro, tenuto conto della situazione particolare e delle
direttive elaborate dall'Organizzazione (Marittima Internazionale). In
questi casi, le Parti interessate devono adottare le disposizioni
necessarie affinché lo sbarco in questione abbia luogo nel più breve
tempo ragionevolmente possibile_».
Le Linee guida sul trattamento delle persone soccorse in mare (Ris.
MSC.167-78 del 2004), allegate alla Convenzione SAR, dispongono che il
Governo responsabile per la regione SAR in cui sia avvenuto il recupero,
sia tenuto a fornire un luogo sicuro o ad assicurare che esso sia
fornito. Obbligo al quale le autorità preposte, italiane e maltesi, si
sono sottratte.
Non può quindi essere qualificato "luogo sicuro", per evidente mancanza
di tale presupposto, una nave in mare che, oltre ad essere in balia
degli eventi metereologici avversi, non consente il rispetto dei diritti
fondamentali delle persone soccorse. Né può considerarsi compiuto il
dovere di soccorso con il salvataggio dei naufraghi sulla nave e con la
loro permanenza su di essa, poichè tali persone hanno, tra i numerosi
altri diritti, quello di presentare domanda di protezione internazionale
secondo la Convenzione di Ginevra del 1951, operazione che non può certo
essere effettuata sulla nave.
A ulteriore conferma di tale interpretazione è utile richiamare la
Risoluzione n. 1821 del 21 giugno 2011 del Consiglio d'Europa secondo
cui «_la nozione di "luogo sicuro" non può essere limitata alla sola
protezione fisica delle persone ma comprende necessariamente il rispetto
dei loro diritti fondamentali_» (punto 5.2.).
Al riguardo, risulta arbitraria quanto approssimativa la distinzione
all'interno dei gruppi dei naufraghi che il Governo italiano sta
proponendo, come risulta impossibile escludere la situazione
emergenziale delle decine se non centinaia di persone a bordo la cui
condizione va valutata singolarmente, in ossequio all'art. 19 della
Carta del Diritti Fondamentali dell'Unione Europea che vieta le
espulsioni collettive e all'effettivo rispetto dell'art 3 della CEDU e
dell'art 4 della CDFUE, nonchè al carattere assoluto del divieto di
trattamenti inumani e degradanti (l'art. 15 della Convenzione EDU fa
espresso divieto di deroga, persino in caso di guerra o di pericolo
pubblico che interessi la nazione).
Deve poi essere assicurato alle persone a bordo della nave e in acque
territoriali italiane il diritto a chiedere la protezione internazionale
in attuazione dell'art. 6 della direttiva 2013/32/UE (direttiva
procedure) che obbliga gli Stati membri a garantite un accesso effettivo
alla procedura. Si tratta di diritto fondamentale sancito dall'art. 10
comma 3 della Costituzione, norma declinata anche come diritto di
accedere al territorio dello Stato al fine di essere ammesso alla
procedura anche di riconoscimento della protezione internazionale (Cass.
sent. n. 25028/2005), in quanto, come affermato dalle Sezioni Unite
della Corte di Cassazione (sent. 29460/2019), il diritto alla protezione
internazionale "_è pieno e perfetto_" e "_il procedimento non incide
affatto sull'insorgenza del diritto" che "nelle forme del procedimento è
solo accertato…il diritto sorge quando si verifica la situazione di
vulnerabilità_".
Ai sensi dell'art 10 ter del D.lvo n. 286/98 le persone giunte sul
territorio nazionale a seguito di salvataggio in mare devono essere
condotte presso i punti di crisi o nei centri di prima accoglienza, dove
sono identificati, è assicurata la prima assistenza e deve essere
assicurata l'informazione anche sul diritto a chiedere la protezione
internazionale. L'illegittimo tentativo di fare sbarcare esclusivamente
alcuni dei naufraghi e respingere indistintamente tutti gli altri al di
fuori delle acque territoriali nazionali si configura, oggettivamente,
come una forma di respingimento collettivo, vietato dall'art. 4,
Protocollo n. 4 della CEDU; attività, quest'ultima, per la quale
l'Italia è già stata condannata in passato (sentenza Hirsi Jamaa c.
Italia del 2012).
La condotta governativa si pone, altresì, in contrasto con i principi
sanciti nella Convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951 e, in primo
luogo, del principio di non refoulement (art. 33). In questa condizione
se i comandanti delle navi portassero fuori dai confini italiani i
naufraghi potrebbe configurarsi a loro carico, e a carico degli
armatori, una responsabilità per avere prodotto, in esecuzione di un
ordine manifestamente illegittimo, una grave violazione dei diritti
umani.
È, dunque, necessario che il Governo ritiri immediatamente i suoi
decreti e consenta lo sbarco a tutte le persone naufraghe che da giorni
sono costrette a rimanere sulle navi di soccorso.
_7 novembre 2022_
_A Buon Diritto, ACAT Italia, ACLI, ActionAid, Amnesty International
Italia, ARCI, ASGI, Caritas Italiana, Centro Astalli, CGIL, CIES, CIR,
CNCA, Comunità Papà Giovanni XXIII, Emergency, Europasilo, Focus-Casa
dei Diritti Sociali, Fondazione Migrantes, Intersos, Legambiente,
Magistratura Democratica, Medici per i Diritti Umani, Medici Senza
Frontiere, Movimento Italiani Senza Cittadinanza, Refugees Welcome
Italia, Save the Children Italia, Senza Confine, OXFAM Italia, SIMM,
UNIRE_
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